Non gli piace chi si autoincensa e si autocelebra, convinto che il giudizio lo debbano dare i cittadini.
Il candidato alla presidenza del Veneto per il centrosinistra, Giovanni Manildo, 56 anni, avvocato trevigiano, sarà il principale antagonista di Alberto Stefani per contendersi la poltrona di Governatore del Veneto. Dopo anni impegnativi con il Pd al governo nazionale e Renzi segretario, e due mandati come sindaco di Treviso, Manildo oggi è pronto a misurarsi con una competizione più impegnativa come quella del Consiglio regionale, e si racconta con una ampia intervista a tutto campo alla redazione di Alto Vicentino online.
Avvocato Manildo, Lei è il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione. Che cosa vuole dire creare futuro per il Veneto?
Creare futuro significa ricostruire fiducia e visione. Il Veneto non cresce più — lo dicono i numeri su PIL, export, produttività e redditi reali — ma la politica continua a gloriarsi di un passato che non c’è più. “Creare futuro” vuol dire riaccendere lo sviluppo puntando sulla qualità della vita, sulla sanità pubblica, su un lavoro giusto, sulla sostenibilità e sulla giustizia sociale. Il mio piano parte da qui: sanità, lavoro e imprese, casa, giovani, trasporti e mobilità sostenibile, ambiente ed energia, terza età e sociale.
Io non vengo dalla politica di professione, ma da quella dell’impegno civile: da sindaco ho imparato che per cambiare serve ascolto, concretezza e metodo, non propaganda.
Lei da sempre ha sostenuto le politiche industriali venete, dando opportunità di lavoro per i giovani. Quali possono essere, dal suo punto di vista, gli ingredienti giusti affinchè i nostri giovani, terminati gli studi universitari, possano trovare la giusta collocazione lavorativa nel nostro Paese, senza uscire dai confini nazionali?
Il primo ingrediente è il lavoro ben retribuito e stabile. Per questo stiamo elaborando il contratto d’ingresso, una misura regionale che integra gli stipendi dei giovani nei primi anni di lavoro, così da rendere competitivo restare in Veneto rispetto ai salari europei. Poi servono formazione e connessioni: un patto tra Regione, imprese, università e sindacati per allineare competenze e innovazione, con più sostegno agli ITS, all’orientamento e all’apprendistato di qualità. Infine politiche per vivere bene qui: piano casa per giovani e lavoratori, trasporti efficienti, sanità accessibile e cultura diffusa. I giovani non cercano solo un impiego, ma un territorio che li accolga e li faccia crescere. Questo è il Veneto che voglio.
Nel suo programma elettorale, quali sono le sue priorità?
Due priorità assolute: sanità pubblica e lavoro. La sanità sarà il cuore del mio governo, con un piano straordinario per nuove assunzioni, riduzione delle liste d’attesa, rafforzamento delle case di comunità. Il lavoro è l’altra grande priorità: più tutele, più salari, più formazione. Con incentivi all’innovazione sostenibile, sostegno a PMI e distretti, energie rinnovabili per abbattere i costi, e una rete infrastrutturale moderna basata sul SFMR, il sistema ferroviario metropolitano regionale che vogliamo rilanciare.
Attorno a questi due pilastri ci sono casa, ambiente, trasporti, sicurezza, partecipazione e politiche per la terza età. È una visione unitaria per un Veneto più giusto, competitivo e umano.
Cosa pensa della disaffezione al voto?
È il segno di una distanza che la politica ha creato con anni di promesse mancate e di autoreferenzialità. Io credo che la fiducia si ricostruisca solo con trasparenza e concretezza. Nei miei oltre 200 incontri in questi mesi, ho parlato con migliaia di persone, ascoltando i problemi reali: sanità, lavoro, casa, trasporti. Propongo un metodo diverso: governare insieme, con strumenti di consultazione permanente, come un Consiglio regionale dell’economia e del lavoro, dove istituzioni, sindacati e imprese possano costruire politiche condivise. La partecipazione non è una parola, è un metodo di governo.
Lei sta puntando molto sulla Sanità e sul Sociale caduto in disgrazia negli ultimi anni, proponendo un assessorato al sociale staccato dalla sanità. Dove si possono reperire le risorse?
Le risorse ci sono se si sceglie di fare scelte politiche chiare. Per me la sanità viene prima, il resto dopo. Riorienteremo il bilancio per finanziare assunzioni di medici e infermieri, ridurre le liste d’attesa, potenziare i servizi territoriali e riportare dignità al personale. Poi serve un piano straordinario per la medicina di prossimità, che rimetta al centro i medici di base, oggi lasciati soli. Sul fronte sociale, ci assicureremo che salute e welfare camminino insieme ma con strumenti dedicati. Per certo prevederemo più fondi per disabilità, non autosufficienza, salute mentale, cohousing e servizi di quartiere. Non servono miracoli, serve la volontà politica di rimettere le persone prima delle cose.
Nel suo piano della sanità, dovrebbero trovare spazio anche figure come lo psicologo di base, necessario per tutte le fasce d’età, e la riforma delle Ipab. Il Veneto è l’unica regione a non averla ancora fatta ed è indispensabile il ruolo delle residenze per anziani, potenziare il cohousing per gli autosufficienti e abbassare le rette. Ci spiega in sintesi?
Sì. Io propongo un vero e proprio piano regionale per il benessere psicologico, con sportelli gratuiti di ascolto nelle scuole, nei quartieri e nei centri civici, e lo psicologo di base come figura stabile del sistema sanitario territoriale. La salute mentale non è un lusso: è una priorità.
Quanto alle Ipab, il Veneto è rimasto indietro di vent’anni. Serve una riforma immediata, che renda gli enti moderni, trasparenti e sostenibili, con rette calmierate, più servizi domiciliari e cohousing per gli autosufficienti. È un dovere verso gli anziani e verso le famiglie, e un investimento sul nostro futuro di comunità.
Sul Veneto permane il debito pubblico della Pedemontana. Come avrebbe gestito Lei la questione con i privati?
Con chiarezza e trasparenza, due parole che su questo dossier non sempre abbiamo visto come avremmo voluto. Credo che quando si affrontano opere di questa portata, siano imprescindibili – fin da subito – la pubblicazione integrale dei contratti e dei flussi finanziari, una verifica indipendente dei costi e dei rischi, l’attenzione assoluta all’equilibrio tra interessi pubblici e privati. Non sono contro le grandi opere, ma devono servire alle persone, non ai bilanci di pochi. A volte in Veneto ho visto all’opera una logica diversa: si spende molto, si pianifica poco, si ascolta nulla.
Dal suo punto di vista personale, il Governatore Luca Zaia cosa ha fatto di buono e di negativo durante i suoi due mandati?
Zaia ha avuto momenti di buona comunicazione e capacità di ascolto collettivo, specie nell’emergenza Covid, ma il bilancio finale del suo quindicennio è diverso dalla autocelebrazione trionfalistica che fa ogni giorno: la crescita è ferma, la sanità è in sofferenza, le aree interne si spopolano, e la Regione ha smesso di progettare il futuro. Si è preferito raccontare un Veneto ideale invece di affrontare il Veneto reale: quello dove i giovani se ne vanno, gli anziani pagano rette insostenibili, le imprese chiedono energia a costi accessibili e i cittadini aspettano mesi per una visita medica.
Il Veneto merita di più: serve una nuova visione, che rimetta al centro le persone, non il consenso.
Sul suo principale antagonista, Alberto Stefani: non le appare troppo giovane per governare il Veneto?
L’età non è un problema. Il punto è la coerenza. Stefani si presenta come se fosse appena arrivato nel quartiere: sorridente, pieno di buone intenzioni. Ma non è un nuovo vicino di casa:
è stato tra gli amministratori del condominio Veneto, segretario regionale della Lega, vicesegretario federale, parlamentare.
Ora promette le stesse cose che noi diciamo da anni — sanità, giovani, ambiente, casa, sociale — ma la sua Lega le ha bocciate tutte per quindici anni. Non basta cambiare tono per cancellare le responsabilità di chi ha governato fino a ieri. Il Veneto ha bisogno di un cambiamento vero, non di un restyling comunicativo.
Se vincerà quale sarà la sua prima mossa?
La mia prima mossa sarà tradurre subito in atti concreti ciò che ho promesso in questi mesi di campagna. Sul fronte della sanità, che è la priorità assoluta, voglio intervenire immediatamente per rafforzare il sistema pubblico: ridurre le liste d’attesa, assumere nuovo personale e riportare fiducia tra cittadini e operatori. Già prima del voto indicherò la persona che, se vinceremo, sarà il mio assessore alla Salute: una figura tecnica, non politica, di alta competenza e moralità.
Parallelamente lavoreremo per dare ai giovani e ai lavoratori un segnale forte, con l’avvio del contratto d’ingresso, che integrerà gli stipendi dei primi anni e renderà più conveniente restare a lavorare in Veneto. E poi, sin dai primi giorni, metteremo mano alla mobilità pubblica, rilanciando il progetto SFMR come asse strategico per collegare città, aree interne e poli produttivi. È da qui che si riparte: da sanità, lavoro e mobilità — le tre fondamenta del Veneto che vogliamo costruire.
di Redazione AltovicentinOnline
