“La più profonda libertà del camminare a piedi nudi la si può sperimentare proprio quando si impara a farlo sui sentieri più diversi, e anzi si scopre che non c’è quasi terreno che non si possa percorrere ,  con la dovuta attenzione e con la necessaria preparazione tecnica, fisica e mentale, con il solo mezzo naturale di cui la natura ci ha dotati”.
Il mitico Abebe Bikila nella leggendaria maratona delle Olimpiadi di Roma 1960 corse a piedi scalzi sul selciato romano dimostrando al mondo che si può correre, e anche molto forte, fino al vincere addirittura una medaglia d’oro olimpica.
 Diversamente, Antonio Peretti, alias Tom Perry, vicentino, classe 1960, che vive in Villa Cordellina a Montecchio Maggiore, è diventato un personaggio popolare per aver compiuto salite e discese senza scarponi, guadagnandosi il soprannome di “alpinista scalzo”. Come spesso accade, quel «perché no» si è trasformato in un gigantesco «sì» e, da allora, camminare a piedi scalzi è diventato per Tom Perry un vero e proprio modus vivendi. Tra le sue imprese epiche ci sono le performance sul Kilimangiaro nel 2004, sul monte Bianco nel 2006 e quella sul vulcano Etna dopo un’eruzione.
Come è nata questa sua “strana e folle passione” di camminare a piedi scalzi?
A quarant’anni. Avevo sempre praticato atletica leggera. Sono stato un mezzofondista di livello nazionale, ma senza diventare un grande campione. Motivo per cui ho cercato di intraprendere una strada diversa, scoprendola quasi per caso nel 2002, rientrando da un’escursione sul monte Carega, vicino a casa mia. Gli scarponi mi stringevano, avevo molto male ad un piede, quasi non riuscivo a camminare. Mi sono fermato e mi sono tolto le scarpe e ho provato a scendere a piedi nudi; faceva male, ma provavo una sensazione di libertà. Ho iniziato allenandomi poco per volta, muovendo i primi passi come fanno i più piccoli e re-imparando quello che un tempo per l’essere umano era naturale. Mi sono informato con il consulto di fisioterapisti e ricerche medico-scientifiche sul corretto approccio a questa attività, e sono diventato un fautore del cosiddetto “barefoot trekking”, ovvero l’escursionismo scalzo in natura. Volevo costruire qualcosa di originale attorno a me, il cosiddetto “personaggio”, fuori dai canoni regolari. Avevo solo me stesso da seguire, con sfide sempre più fuori dagli schemi. Ho iniziato a percorrere i primi 100, 200, e 300 metri a piedi nudi. Sognavo di volare, di librarmi, e scaricare tutto il mio peso verso l’alto, cercando di trasformare qualcosa di impossibile, in realtà. Nel 2002 ho scalato per la prima volta a piedi nudi il Monte Sinai in Egitto, il simbolo eterno di spiritualità e identità religiosa citato in numerosi passaggi della Bibbia
Nel 2004 è arrivata la sua prima performance sul Kilimangiaro, e poi molte altre.
Esattamente. Nel 2004 ho compiuto la mia prima grande impresa. Sono stato il primo uomo al mondo a scalare a piedi nudi i 6.895 metri del Kilimangiaroil monte più alto del continente africano. Ad aiutarmi nell’impresa sono stati Luciano Covolo, fotografo di Breganze, il giornalista Claudio Tessarolo che mi ha sempre seguito con i suoi reportages, e Massimo Bellusso operatore Mediaset. Oltre al Kilimangiaro, ho scalato altre vette importanti come l’Aconcagua, il Monte Bianco, l’Etna e l’Himalaya, tutte le Dolomiti, il Pelmo, il Civetta, il Cristallo, il Grappa, il Monte Rosa. Spesso le mie imprese hanno uno scopo di solidarietà o sensibilizzazione ambientale. In Africa ho portato, ad esempio,  cento paia di scarpe, generatori di corrente in Eritrea grazie ad un’azienda di Trento. L’esperienza più umana è stata proprio in Eritrea, dove ho visto bimbi morire di fame e madri disperate: mi sono ritrovato a dire “sono un uomo come voi”.
Qual è stata la sfida più difficile?
Salire e scendere dall’Etna dopo un’eruzione a piedi nudi. Rischiai seriamente di morire, era il marzo 2007. Per circa sei mesi ho convissuto con ustioni in tutto il corpo. Avevo costantemente la pressione da 180 ai 240. Un’esperienza estremamente difficile e impensabile da affrontare. Ma da lassù sicuramente qualcuno mi ha sostenuto. Sono riuscito a mettere i piedi sulla cresta del vulcano, tutto con una forza incommensurabile, nonostante il calore della lava avesse invaso tutti i miei organi.
 Mi dica la verità, ma qualcuno non l’ha preso per pazzo?
Sono 23 anni che compio queste imprese. Quando ho scalato l’Etna la temperatura era arrivata a 100 gradi per ogni centimetro. Talvolta ho avuto anche la paura di morire, riuscendo però a gestire molto bene tutte le situazioni, anche quelle più pericolose, come in Nepal, ad esempio, dove alcuni maoisti ci sequestrarono e ci misero i mitra in testa per 1 ora, rilasciandoci solo attraverso un riscatto di denaro.
Cosa prova dopo che ha compiuto un’impresa che supera ogni limite fisiologico umano?
Dal punto di vista psicologico, il benessere è ancora maggiore: il ritorno alla spontaneità e al gioco, il silenzio dei passi che riporta al silenzio interiore e l’uscita da quella comfort-zone che spesso è costrizione e costruzione sociale. Togliersi le scarpe è togliersi anche un’infinità di strutture mentali. Storicamente abbiamo sempre camminato scalzi: a piedi nudi si arriva ovunque. Il vero viaggio, insomma, non è l’atto dello stare in un luogo, ma quello di raggiungere il luogo stesso. Anche se i mezzi super-veloci sembrano avercelo fatto dimenticare, è lo spostamento la parte importante. E senza scarpe la cosa si fa ancora più interessante.
Come si sopportano dolori così forti?
Con la forza di volontà e tanta determinazione. Io sono stato un ufficiale nella squadra sportiva dei paracadutisti, e da quella “scuola di vita militare” sono riuscito ad associare il mio cervello ad una tecnica tibetana, a tal punto che prima ci impiegavo
quattordici minuti a “chiudere” il dolore, adesso ci metto due secondi. Poi, quando l’organismo si sveglia, mi fa pagare il conto e lì son dolori veri.
 Per il suo impegno nel sociale, nel 2011, Lei ha ricevuto il premio “montagna Italia” per l’originalità ed il grande impegno umanitario rivolto verso le popolazioni povere del mondo”.
E’ stato sicuramente un bel riconoscimento, anche ho ricevuto diversi premi. Ho avuto l’onore di incontrare Dalai Lama e Papa Francesco, con il quale mi sono intrattenuto a parlare una trentina di minuti. Ho parlato con numerosi Capi di Stato, sono diventato ambasciatore di pace e del pianeta, vincendo appunto il premio “montagna Italia”, grazie ai miei piedi scalzi
Quando andrà in pensione cosa farà?
Sono un meccanico provetto, ho restaurato macchine e  trattori d’epoca, e sicuramente non mi annoierò.
F.C.
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