Le aziende vicentine sono prontissime a ripartire, i motori sono spenti ma caldi e, nonostante la consapevolezza che ormai una parte del mercato è andata perduta, l’intenzione è quella di mettercela tutta per non mandare a gambe all’aria posti di lavoro e una grossa fetta del sostentamento del paese.

“Le aziende del territorio sono serie, i controlli ci sono sempre, c’è rigore nel seguire le regole – ha spiegato Laura Dalla Vecchia, vice presidente di Confindustria Vicenza – Fin da subito sono state adottate tutte le misure di sicurezza, prima nei limiti della compatibilità con le forniture dei dispositivi di protezione individuale. Lavorando con tedeschi e cinesi abbiamo addirittura implementato il protocollo di sicurezza con cose che in Italia non sono neanche obbligatorie. Abbiamo necessità di ripartire velocemente, perché questa chiusura prolungata ha già spinto numerosi clienti a cercare altri fornitori. In ogni caso, ha fatto loro capire che per il futuro non possono contare solo sulle aziende italiane. Ogni giorno di chiusura in più spinge i clienti alla ricerca di alternative. I tedeschi, che non si sono mai fermati, hanno senz’altro capito che per il futuro sarà meglio avere più fornitori, abbiamo spianato la strada alla concorrenza”.

A risentire della chiusura delle aziende e del blocco del lavoro, anche la capacità di spesa individuale. “Questa chiusura ha già comportato un calo nella capacità di spesa, ci sono categorie che non hanno nemmeno la prospettiva di riaprire – ha continuato Laura Dalla Vecchia – Ci sono perdite che rimarranno tali, molti perderanno il lavoro. Pensiamo ai tassisti, ai tassisti negli aeroporti, sono tutti privati. Alcune persone faticano negli acquisiti di prima necessità, figuriamoci se possono avere capacità di spesa. E poi c’è un grande problema che si porrà dal maggio in poi: dove andranno i ragazzi quando si andrà a lavorare? I nonni non possono essere considerati, le baby sitter idem. Che cosa faranno i ragazzi? E i loro genitori come faranno ad andare a lavorare?”

Tornare al lavoro, ma con una sensazione di pericolo percepita anche da chi lavora, che provoca una tensione interna che si accumula e appesantisce sempre di più. “Siamo pronti a ripartire, lo abbiamo detto fin da subito – ha sottolineato Pietro Sottoriva, presidente degli industriali dell’Alto Vicentino – In Confindustria Vicenza non si sono mai fermati per darci istruzioni sia per risolvere sia per anticipare ogni tipo di problema sulla sicurezza, in collegamento anche con Roma, perché abbiamo bisogno di indicazioni e informazioni. Siamo pronti e siamo sempre stati allineati, siamo pieni di istruzioni operative”. Per il futuro però l’incognita è dietro l’angolo. “Non siamo tranquilli nel tornare a lavorare. Sicuri sì, ma tranquilli no. Ora non si vive più come una volta, con lunghe scadenze, oggi si vive con scadenze brevi e siamo rimasti fermi improvvisamente. Dal punto di vista commerciale non sappiamo quando si ricomincerà a viaggiare, le fiere sono annullate, siamo spaventati. Non siamo più sicuri nemmeno dei nostri clienti, perché anche loro sono in situazioni precarie. Il supporto non basta, abbiamo le scadenze dei mesi precedenti oltre ai collaboratori. Molti ne approfittano per spostare i pagamenti, addirittura senza indicare una scadenza”.

Gli annunci in pompa magna e la “grande potenza di fuoco” annunciata dal premiere Giuseppe Conte non è servita a tranquillizzare. “La paura è che non ci sono ammortizzatori per le aziende, i 400 miliardi sono una bufala, perché stiamo parlando di prestiti come prima. Le banche erano garantite col medio credito fino all’80%, ora lo stato garantisce al 90%, ma non cambia nulla perché in ogni caso servono le nostre garanzie. Molte aziende, soprattutto quelle che sono un po’ tirate, non potranno accedere al credito e questo segnale sarà molto negativo. La garanzia dello Stato vale poco, le banche otterranno moduli e istruzioni, ma l’istruttoria va fatta lo stesso e va garantito a chi si dà il credito. Ovviamente a questo punto, per le aziende in bilico il problema ricade sui lavoratori. Ci vorrebbe almeno uno sgravio sui contributi, in modo che noi paghiamo e teniamo tutti anche se ci sarà meno lavoro, ma così lo Stato ci verrebbe incontro. Anche perché per lo Stato, non ricevere una parte dei contributi o pagare la cassa integrazione, è una partita di giro. Questo potrebbe essere un periodo ideale per ricerca e sviluppo”.

Ripartire subito e rendersi conto che per le aziende i dipendenti sono il primo valore aziendale. E’ quello che auspica Luigi Schiavo, delegato di Confindustria Veneto alle Infrastrutture: “Le aziende, quelle strutturate ed industrializzate, sono abituate ad avere protocolli, a rispettare la sicurezza, è normale per loro aumentare i costi e le spese per adattarsi alle nuove procedure, lo fanno perché è la loro prassi. Ora non ci sono neanche più problemi per trovare mascherine, guanti e gel, bisogna ripartire, anche perché i soldi dello Stato arrivano dalle aziende, se le aziende non ripartono saranno a rischio i sussidi per chi non lavora”.

Convivere con il virus e ripartire, con le dovute attenzioni e la consapevolezza che altrimenti a rischiare grosso è la tenuta stessa della nazione. “Ben vengano i controlli che garantiscono una patente di legittimità, non c’è nessun timore in questo – ha continuato Schiavo – Non è possibile vivere di sussidi, anche perché i sussidi bisogna finanziarli. La cassa integrazione la stanno comunque pagando le imprese, la stanno anticipando, ma le aziende non posso farlo in eterno, senza fatturare. La tutela della salute non è in discussione, per le aziende i dipendenti sono il primo valore aziendale. La diffidenza a questo riguardo è solo un retaggio politicizzato, che non corrisponde alla realtà del mondo del lavoro. I sindacati oggi chiedono che le aziende sopperiscano alla differenza tra cassa integrazione e il salario pieno con risorse proprie, ma sono richieste che non hanno senso. I sindacati devono assumersi la loro responsabilità di controllo, ma devono capire che i soldi si fanno con il lavoro, perché le risorse si esauriscono, i soldi non arrivano dal cielo – ha concluso Schiavo – Se produci lavoro produci reddito, i sussidi si pagano con questo. Se non si riparte al più presto, devono cominciare a preoccuparsi seriamente anche le persone che vivono di sussidi”.

Anna Bianchini

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