In Alto Vicentino non c’è nessun contagio da corona virus, ma quel che certo è che la nuova epidemia ha fatto uscire allo scoperto una immensa platea di mitomani, che a stare fermi davanti alle tastiere dei loro smartphone proprio non ce la fanno.

Dimostrano palesemente di non leggere nemmeno i giornali quando, sui vari gruppi ‘sei di Portofino se…’ o ‘il rutto del contadino’, chiedono alla massa dei social quello che il giorno prima è stato regolarmente riportato da chi fa il mestiere di informatore.

Eppure oggi, per sapere tutto di tutti, anche quanto avviene al di là del mondo, non costa niente. Infatti, se fino a qualche decennio fa per acquistare un giornale dovevi uscire di casa e sborsare il costo di un caffè, oggi, con l’avvento di internet, basta un clic gratuito sul proprio cellulare e che tu sia seduto sul gabinetto, o comodo sul sofà, riesci a sapere in un attimo quanti morti ha fatto l’ultima bomba esplosa nei luoghi di guerra.

Ai mitomani questo non basta. Loro stanno lì, tremanti, nel digitare sulle tastierine quel pensiero che si sono formati leggendo qua e là i post dei laureati all’università della strada.

Scatta la nevrosi e dopo una manciata di minuti, in tutta Italia, facendo un baffo all’autorevolezza di prefetti, virologi e medici che salvano vite, loro ti dichiarano con saccenza cosa è opportuno fare per limitare il coronavirus.

Il fenomeno non ha risparmiato il nostro Alto Vicentino, dove i sindaci non hanno fatto in tempo ad uscire dall’estenuante riunione a tu per tu con il Prefetto, che già sui social si stabiliva l’annullamento del Carnevale, si intimava ai sindaci di chiudere i centri commerciali in nome della sicurezza e si esprimeva indignazione perché in quella o quell’altra discoteca si era ballato come nulla fosse.

Il paradosso è stato raggiunto nella giornata di domenica, quando è iniziata a circolare la voce di un ricoverato per coronavirus all’ospedale di Santorso. Nemmeno la prudenza di fare un giro per le migliaia di testate online disponibili in tempo reale assieme a siti istituzionali di Comuni, Regioni e Ministeri e specializzati in medicina, che lo ‘sprovveduto’ di turno pone la domanda che in un battibaleno si trasforma in certezza: “All’ospedale di Santorso c’è un caso di coronavirus”.

Il tutto con l’esasperazione di amministratori regionali e comunali, che si ritrovano a fronteggiare qualcosa che lo stesso Zaia ha

definito “più complicato delle altre emergenze che si sono registrate in Veneto”.

A perdere la brocca, dopo la stanchezza di giornate snervanti in cui i sindaci si sono trovati a dover prendere decisioni importanti per un’intera comunità e a dare risposte a cittadini spaventati, è stato il sindaco di Asiago Roberto Rigoni Stern, che è stato contattato telefonicamente da chi aveva ‘saputo’ che all’ospedale di Asiago era approdato il coronavirus.

“Confermo a tutti coloro che mi stanno chiamando per avere informazioni, che NESSUN caso di contaminazione è stato riscontrato al Pronto Soccorso di Asiago. Domani sporgerò querela per “procurato allarme” affinché certi ignoranti che speculano sulla salute della gente creando inutile allarmismo e panico, vengano perseguiti penalmente”.

A dura prova anche gli amministratori dei vari gruppi social che fanno riferimento a singoli comuni (‘ad esempio ‘sei di thiene se…’ o ‘sei di schio se…’), che hanno dovuto filtrare messaggio per messaggio veri e propri deliri di chi non si rende conto che in un momento delicato è sempre opportuno stare fermi e informarsi seriamente, senza manie di protagonismo.

Lo stanno facendo persino gli stessi medici generici, chiamati in prima persona dal sistema sanitario nazionale, per fronteggiare paure e sospetti che sono fisiologici quando scatta anche la più piccola emergenza.

Ai mitomani del web occorre spiegare che il mondo non è fatto solo di ciò che appare virtualmente. Dietro il caso coronavirus ci sono task force con competenze di calibro internazionale, che stanno cercando di decifrare e fronteggiare la portata di quanto sta accadendo. Medici, ricercatori, immunologi, virologi, veterinari e tante altre categorie di professionisti titolati che prima di esprimersi hanno studiato per anni e anni. Persone che hanno la competenza e la responsabilità di occuparsi di certi temi e il cui operato non può essere messo in discussione, nè commentato, da chi non ha le medesime specializzazioni.

Lo stesso discorso vale per i nostri amministratori, che seguono precise direttive all’interno di un contesto molto difficile e che muta velocemente. Sindaci che non possono perdere tempo a discutere del nulla solo perché qualche deficiente ha messo imprudentemente in circolo voci infondate che hanno scatenato il panico.

Ed infine c’è il lavoro di chi informa, di chi ha studiato per poterlo fare e che svolge una professione che non è fatta di improvvisazione, ma di regole ben precise. Informazione che si fonda su un rapporto ed un confronto costante con fonti qualificate ma non sempre disponibili perché affaccendate ad arginare il lato pratico dell’emergenza.

Se i mitomani hanno voglia di fare informazione, lascino perdere i social, che non rappresentano organi di informazione reale e si mettano a studiare per iscriversi all’albo dei giornalisti anziché diffondere stupidaggini che ostacolano il lavoro delle persone serie.

Anna Bianchini

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