Consob e Bankitalia. Oggi i nomi più pronunciati quando si parla del crac delle popolari venete sono questi.

“Azzereremo i vertici”, hanno detto i ministri dell’Interno e del Lavoro Matteo Salvini e Luigi Di Maio sabato scorso a Vicenza. Come se questo bastasse a consolare le famiglie che hanno perso tutto.

2 ore di dibattito, dove nessuno ha pronunciato il nome di quell’unica persona che i risparmiatori vorrebbero vedere in galera: Gianni Zonin.

A che serve urlare contro i controllori, che certo hanno le loro colpe, quando si lasciano liberi i veri colpevoli?

E perché sabato c’erano Salvini e Di Maio e non c’era il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede?

Per lo stesso motivo per cui alla presentazione della Pedemontana mancava l’unico ministro di competenza: Danilo Toninelli. Più facile avere qui Salvini, catalizzatore di applausi e grande comunicare che il ministro competente a dare le risposte.

L’intera vicenda, che non è sfuggita a molti dei risparmiatori truffati, non è sfuggita nemmeno a Cristina Guarda, consigliere regionale di Amp, che in merito alla relazione fatta sulle banche e portata in consiglio ha commentato: “Nessuna analisi politica su ritardi, sulle responsabilità e le azioni per i risparmiatori. La relazione della Commissione banche ricalca il modello di quella sui Pfas: un buon lavoro di raccolta e certificazione dei fatti, che però non va oltre. Che senso ha una relazione che risparmia i delinquenti veneti, scaricando ogni responsabilità sugli organi di vigilanza e omette le enormi mancanze del nuovo decreto per il ristoro dei truffati pensato da Lega e Cinque Stelle, che dal 100% previsto dal governo Gentiloni, passa drammaticamente al 30%, senza fare distinzioni tra risparmiatori e speculatori? Mi oppongo ad una relazione che non analizza i limiti degli interventi politici e quindi non aiuta le istituzioni a imparare dagli errori commessi né fornisce elementi utili a fare giustizia. A partire dai tempi di ristoro per famiglie e imprese – ha concluso Cristina Guarda – che non possono essere ulteriormente dilazionati: nella nostra regione ci sono ancora 27mila posizioni ‘in sofferenza’, ovvero case, aziende e posti di lavoro che sono a forte rischio”.

A.B.

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