Chi ha letto il suo programma sull’argomento ha detto: “Finalmente proposte concrete da chi non è nè uno sceriffo nè un buonista”. Il suo approccio parla all’elettorato moderato, ma intercetta anche una sensibilità più ampia: quella di chi crede che la politica non debba solo punire chi sbaglia, ma creare le condizioni perché nessuno sia costretto a farlo.
Le baby gang non sono più un’emergenza lontana, confinata alle periferie delle grandi città. Anche il Veneto, simbolo di stabilità e coesione sociale, sta iniziando a conoscere le crepe di un disagio che si manifesta con risse, vandalismi e aggressioni tra giovanissimi.
Un segnale d’allarme che Fabio Bui, candidato alla Presidenza della Regione Veneto per Popolari per il Veneto, ha deciso di affrontare con chiarezza e visione: “Le baby gang sono la spia di un disagio sociale che non possiamo più ignorare. Servono regole chiare, sicurezza e una comunità che torni a educare”.
Dietro questo richiamo alla responsabilità collettiva, c’è una lettura politica precisa. Bui individua nella disgregazione sociale e familiare una delle radici più profonde del fenomeno, e rifiuta l’idea che la risposta possa essere soltanto repressiva. “Non possiamo limitarci a condannare – afferma – dobbiamo capire e agire. Questi ragazzi non sono mostri, ma spesso giovani lasciati soli, senza ascolto e senza direzione”.
In un tempo in cui la politica tende a polarizzarsi tra chi invoca il pugno di ferro e chi minimizza, Bui sceglie una terza via: la fermezza accompagnata dall’educazione. È una posizione che parla alla tradizione popolare e cattolica del Veneto, quella che crede nella responsabilità individuale, ma anche nel valore della comunità e dell’inclusione.
Non a caso, la sua proposta si traduce in un piano regionale integrato che unisca forze dell’ordine, scuole, famiglie, parrocchie e mondo dello sport, per costruire una rete di prevenzione e supporto ai giovani a rischio.
Tra le misure proposte: progetti educativi territoriali per i ragazzi più esposti alla devianza; potenziamento dei centri giovanili e degli spazi di aggregazione positiva; formazione per le famiglie e percorsi di sostegno alla genitorialità; patti locali per la sicurezza in collaborazione con i Comuni; un tavolo regionale permanente sulla devianza minorile con esperti ed educatori.
Al centro, la creazione di una cabina di regia regionale, per coordinare azioni di prevenzione, educazione e controllo del territorio. Una proposta che mira a superare la frammentazione degli interventi e a restituire al Veneto una visione complessiva della sicurezza, intesa come bene comune e non solo come questione di ordine pubblico. “Quando un ragazzo entra in una baby gang, è perché qualcuno ha smesso di ascoltarlo”, ricorda Bui. È una frase che suona come un manifesto politico e culturale: il Veneto che lui immagina non è una regione che punisce e basta, ma che educa, accompagna, ricostruisce legami.
Dove sono le parrocchie?
La battaglia contro le baby gang, allora, diventa anche una battaglia per la ricostruzione del tessuto sociale, per ridare senso e appartenenza alle nuove generazioni. In tempi di crisi dei valori e di isolamento, Bui rilancia un messaggio di responsabilità condivisa: la sicurezza si costruisce insieme, nelle famiglie, nelle scuole, nelle parrocchie, nei luoghi di sport e di vita quotidiana.
di Redazione AltovicentiNonline
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