“Non c’è nessuna volontà di dividere l’Italia né, tantomeno, di favorire le Regioni più ricche.
L’autonomia differenziata, già introdotta in Costituzione con la riforma, nel 2001, del Titolo V rappresenta un’opportunità per garantire in egual misura i diritti civili e sociali in tutto il territorio nazionale”. Questo il messaggio ai sardi del ministro degli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, durante l’incontro nella sala del transatlantico del Consiglio regionale, presenti i rappresentanti di tutte le forze politiche di maggioranza e gli assessori alla Sanità (Carlo Doria), al Lavoro (Ada Lai) e all’Industria (Anita Pili). L’incontro è stato invece disertato dalle forze di opposizione come annunciato ieri in una conferenza stampa. Assenza stigmatizzata dal presidente del Consiglio Michele Pais: “Gli assenti hanno sempre torto- le parole del presidente- questa era l’occasione per confrontarsi direttamente con il ministro ed eventualmente avanzare richieste o proporre suggerimenti per migliorare il disegno di legge sull’autonomia differenziata”.
Calderoli ha illustrato nei dettagli i contenuti del provvedimento partendo dalla considerazione che non di riforma costituzionale si tratta ma della creazione di un percorso che permetta alle Regioni di ottenere più spazi di autonomia in applicazione dell’art 116 della Costituzione. “Piaccia o non piaccia- ha detto Calderoli- la riforma del 2001 è consolidata e da lì bisogna ripartire. Ci sono tre regioni- Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna- che hanno già firmato intese con lo Stato, altre 11 regioni a statuto ordinario chiedono maggiori spazi di autonomia. Per questa ragione è stato deciso di elaborare un testo di riforma”.
Per il ministro degli Affari Regionali, con l’autonomia differenziata non si corre il rischio di creare regioni di serie A e regioni di serie B: “Le differenza tra nord e sud e tra aree centrali e aree marginali del paese è la conseguenza di una dimensione centralista. Ciò che vogliamo fare è garantire a tutti i cittadini l’esercizio dei diritti sociali e civili attraverso livelli eguali di prestazioni. Per far questo occorrere capire, prima di tutto, quali sono i diritti da tutelare in ciascuna delle 23 materie che le cui funzioni possono essere trasferite dallo Stato alla Regioni”.
Rassicurazioni, da parte del ministro, anche sugli aspetti finanziari della riforma: “Ogni territorio dovrà ricevere le risorse in base al proprio fabbisogno standard- ha proseguito Calderoli-. Non c’è il rischio di sottrarre risorse a chi ne ha bisogno. La spesa pubblica sarà sempre la stessa, indipendentemente da chi eroga le risorse (Stato, Regione, provincia, Comune o città Metropolitana)”. Ogni intesa, ha specificato, “verrà negoziata tra Stato e Regione e sottoposta al vaglio della Conferenza unificata e del Parlamento. Ci sarà inoltre la possibilità di revocare gli accordi sottoscritti se questi non funzionano”. Per il ministro, la via per riallineare le aree ricche a quelle più deboli del Paese è quella dell’infrastrutturazione dei territori che abbatte i costi della spesa pubblica e garantisce migliori servizi. “Nel mezzogiorno la percentuale del prodotto pro capite è del 56,2% rispetto al centro nord. Bisogna invertire la rotta. Come? Attraverso l’applicazione del principio di perequazione con l’utilizzo dei residui fiscali e il ricorso ad altri strumenti finanziari”.

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