Una media di 3,15 lavoratori ogni 100 ha denunciato (nel 2023) infortuni subiti nei luoghi di lavoro: una cifra in lieve calo rispetto al 2022, come lo è anche il loro valore assoluto e quello degli infortuni mortali. ‘Ma i numeri continuano a restare allarmanti, ancor più se guardati alla luce di un trend che nell’ultimo decennio rimane purtroppo sempre costante’, avverte la Cisl. Le morti bianche hanno una maggiore incidenza tra gli occupati stranieri rispetto agli italiani; è più colpita la fascia dai 55 ai 64 anni, per lo più degli uomini, e mietono vittime soprattutto i settori costruzioni, trasporto, agricoltura e manifatturiero; tra i territori più critici, il veronese e il veneziano. Inoltre, a fronte di un incidente con esito mortale riconosciuto, quasi altri due infortuni hanno causato medie o gravi menomazioni con impatto irreversibile. Ad analizzare i dati regionali 2023 di Inail, rielaborandoli anche alla luce dei trend dell’ultimo decennio, è la ricerca di Fondazione Corazzin, centro studi di Cisl Veneto, presentata oggi in conferenza stampa a Mestre. C’è dunque ‘un lento e progressivo calo degli infortuni in relazione al numero di occupati, che ‘prova’ come ‘l’impegno messo del sindacato nei posti di lavoro può dare risultati importanti- dice Gianfranco Refosco, segretario Cisl del Veneto- pure l’aumento delle denunce di malattie professionali testimonia, oltre a un aumento dei rischi, una crescita di consapevolezza di chi lavora, maturata anche con l’azione informativa del sindacato. Ma resta in termini assoluti alto il numero di infortuni denunciati, che rischia di cristallizzare la situazione, e non si è ancora riusciti a ridurre in misura significativa gli infortuni gravi e mortali. Ciò significa che quanto fatto finora non è bastato’.

La Cisl chiede dunque un ‘cambio passo in modo deciso’ specie per ‘alcune aree di maggiore criticità e insieme si intravvedono gli spazi possibili di azione: dalla formazione, senz’altro da potenziare rispetto a specifiche fasce di età, precisi settori e ai lavoratori stranieri, dall’importanza della vigilanza e dallo spazio di partecipazione e codecisione dei rappresentanti dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro’, elenca Refosco. I numeri in dettaglio. Nel 2023 sono stati 69.643 gli infortuni denunciati in Veneto, 58.214 accaduti in occasione di lavoro. Il primo dato registra un calo del 17,67% rispetto al 2022 (sebbene la diminuzione sia solo del 3,31% se si escludono gli infortuni Covid), evidenziando come il valore rimanga attestato piuttosto stabilmente intorno ai 70mila casi se si osserva il trend dell’intero ultimo decennio (ad eccezione dell’anomalo calo del periodo pandemico spiegabile con le varie chiusure e restrizioni attività). Anche l’andamento dell’incidenza degli infortuni rispetto agli occupati tende a calare, ma pure in tal caso lo fa di poco, passando da 3,79% nel 2013 al 3,15% del 2023. Gli infortuni con esito mortale, escusi quelli in itinere, sono stati 72 nel 2023, -12,2% rispetto al 2022 (82 casi). Ma allargando lo sguardo all’ultimo decennio, tolti i casi per Covid, la media si aggira sulle 80 vittime annue, pur in un trend con piccole oscillazioni annuali. Quanto agli infortuni gravi, quelli con importanti menomazioni che impattano pesantemente sull’autosufficienza della persona e sulla sua famiglia, oltre a comportare costi sociali e sanitari, nel 2022, i casi riconosciuti con una menomazione superiore al 26% -ovvero “con danno biologico permanente in grado di ridurre in modo definitivo e non recuperabile le funzionalità della persona lesa”- sono quasi il doppio rispetto a quelli con esiti mortali riconosciuti: ben 158 a fronte di 84.

Rispetto ai territori, ancora, è Verona la provincia più colpita da infortuni nel 2023 (14.132), seguita da Vicenza (13.457) e Padova (13.200); mentre riguardo gli infortuni con esito mortale nello specifico, Verona rimane sempre al primo posto (32 casi), poi Venezia (20) e Treviso (17). Il profilo sociodemografico delle vittime (sempre secondo i dati denunce Inail 2023) dice che è più soggetta a infortunio la fascia 45-54 anni che subisce ben il 23,14% del totale infortuni, seguita dagli under 25 (21,73%) e 25-34 anni (18,47%). Per gli infortuni mortali invece è la fascia tra i 55-64 anni a registrare il maggior numero di denunce pesando per il 36,63% sui totali, seguita dai 45-54enni (21,78%) e dai 35-44enni (14,85%). Osservando la distribuzione per genere, risulta come gli infortuni denunciati, anche con esito mortale, accadano per la maggior parte a lavoratori uomini, dato molto probabilmente connesso a una maggior presenza maschile nei settori produttivi più fragili: sono denunciati da loro il 66,71% degli infortuni, mentre se si guarda agli infortuni mortali la percentuale sale addirittura al 94,06%. Infine, rispetto alla nazionalità (distinguendo tra italiani e stranieri), nel 2023 le denunce di infortuni da parte di lavoratori stranieri sono state il 26,19% del totale, a fronte del 22,52% dell’anno prima, mentre gli infortuni mortali denunciati costituiscono ben il 31,68%, attestandosi a 32 vittime nel 2023: numero che registra un rilevante aumento del 6,67% rispetto all’anno precedente, a fronte del calo del 30,3% per i lavoratori italiani. Ma colpisce ancor più l’incidenza delle denunce di infortuni da parte di lavoratori stranieri rispetto al numero degli occupati, guardando al 2022, ultima annualità disponibile: pari al 7,47%, ossia più del doppio di quella calcolata per i lavoratori italiani (3,47%).

Poco più della metà (51,77%) delle malattie professionali denunciate nel 2022 (ultimo dato disponibile) è stata riconosciuta, dato in calo rispetto al precedente anno che registrava una percentuale del 61,87%. Da sottolineare che le denunce di malattie professionali con decesso del lavoratore sono state nel 2022 (ultimo dato disponibile) ben 67, con un incremento del 26,42% rispetto all’anno precedente, un numero allarmante, molto vicino a quello delle vittime di infortuni mortali in occasione di lavoro. Per Francesco Orrù, segretario Filca, sono prioritarie l’introduzione di una certificazione delle imprese che premi le “buone” ed estromette le “cattive”, ossia quelle che non rispettano le regole, l’applicazione esclusiva del contratto collettivo nazionale dell’edilizia per tutti i lavoratori presenti nei cantieri edili, l’estensione delle normative degli appalti pubblici anche ai lavori privati, il rilancio delle figure dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale (rlst), e infine senz’altro più controlli e pene più severe per chi mette a rischio la vita dei lavoratori. Ma, aggiunge, Giovanni Battista Comiati, segretario Fisascat, ‘grande attenzione va riservata anche ai settori non percepiti come pericolosi’, come il “terziario di mercato”. Marj Pallaro, segretaria di Fp evidenzia infine che ‘l’ambito sociosanitario soffre l’età media avanzata dei suoi addetti e la continua fatica fisica richiesta nell’attività di assistenza, aggravata da un appesantimento dei carichi di lavoro dovuto alla nota carenza di personale, da lungo tempo evidenziata. Questo comporta casi frequenti e in aumento di problemi muscolo-scheletrici che si traducono in infortunio’.

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