Avanti con la legge sul fine vita, dice Luca Zaia. “E’ un fatto di civilità dotare questo paese di una legge e non gestire il fine vita con una sentenza del 2019 della Corte costituzionale fatta bene, ma mai bene come una legge”, specifica parlando con i cronisti. “Dobbiamo solo decidere se il malato terminale che vuole esprimere la sua condizione e la sua scelta è attore protagonista nella redazione della legge o diventa una comparsa. Se è attore protagonista, la politica fa un passo a lato e fa in modo di tutelare il percorso” che sfocia nel suicidio medicalmente assistito; se invece la persona “diventa comparsa, un ‘di cui’ della legge, allora la politica inciderà vietando il fine vita e le attività” ad essa connesse. Detto questo, ammonisce il presidente del Veneto (regione in cui ci sono state 15 richieste di suicidio assistito dal 2019, due gestite e una interrottasi per morte del malato che la chiedeva), non si venga a dire che la ‘risposta’ al fine vita sono le cure palliative. Zaia ricorda infatti che chi chiede di porre fine alla sua esistenza spesso rifiuta le cure palliative, “ne fanno una scelta di dignità che è intima, su cui non ho nulla da dire. Non si creda che le cure palliative risolvono il problema, non è corretto sentir dire che basta investire sulle cure palliative, significa non conoscere il tema”. Che invece è ben inquadrato dalle pronunce e dai solleciti della Corte costituzionale a legiferare. “Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, nessuna novità sul fine vita: ci sono già progetti di legge in Parlamento e immagino che la maggioranza farà una proposta che ancora non si conosce, ma intanto sta diventando realtà una cosa che dicevo: come per l’autonomia, anche il fine vita se non lo fai per scelta, lo fai per necessità. Ora l’imbuto si sta stringendo e si dovrà decidere cosa fare”, è convinto il governatore.

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