“In Veneto non ci sono più terreni biologicamente attivi”.

E’ un allarme forte quello lanciato da Legambiente Schio, che dopo Coldiretti Vicenza dice ‘no’ alla variante SP46, con l’intento di preservare l’area di campagna che percorre i Comuni di Malo, Isola Vicentina, Villaverla e Dueville.

“Il suolo non è un bene sacrificabile in nome di ipotetici futuri benefici economici derivanti da un modello di sviluppo che ha portato alla crisi climatica i cui effetti stanno iniziando a farsi sentire sempre più frequentemente e intensamente – spiegano dal Circolo – Esprimiamo preoccupazione per il progetto di un’opera che violenterebbe ulteriormente il già depredato territorio dell’Alto Vicentino e non solo, per seguire logiche di trasporto su gomma che ormai in tutta Europa si tende a limitare. Siamo la seconda regione per suolo impermeabilizzato dopo la Lombardia. Due regioni che hanno trasformato la pianura padana da estesa zona fertile e in grado di sfamare i suoi abitanti e non solo quelli, ad area che ha perso metà della sua superficie coltivabile e in cui è diventato pericoloso perfino respirare, bere, coltivare. Ricordiamoci inoltre che l’impronta ecologica degli abitanti del Veneto è pari a 6,43 ettari/abitante/anno (dati Ispra 2011 e le cose non sono migliorate negli anni a seguire) ovvero che per sostenere i consumi e per assorbire l’inquinamento prodotto da ogni singolo abitante della nostra regione sarebbero necessari 6,43 ettari di terreni ‘biologicamente attivi’. Ma la bio-capacità del Veneto è pari a 1,62 ettari/abitante/anno: la Regione presenta dunque un deficit ecologico di 4,81 ettari pro capite/anno, un deficit che sino ad oggi è stato compensato con lo sfruttamento di risorse importate da altre regioni e continenti. ‘Molti amministratori, tecnici, ingegneri, progettisti, geologi, conoscono la terra solo nella teoria e la vedono come una superficie bianca su un piano regolatore da riempire’ dicono sconsolati in un loro documento gli agricoltori dell’Alto Vicentino riuniti nell’Associazione Agritour, che continuano ‘a vedere anno dopo anno erodere questa terra da sotto i nostri piedi in maniera irreversibile…’ Non si sono accorti questi amministratori e tecnici che il mondo è drammaticamente cambiato, che le previsioni anche recenti non sono più valide, che siamo in un’epoca di emergenza ambientale e climatica che ci impone non perdere altro suolo? Il suolo è quello che ci dà il cibo e ci protegge dagli impatti più drammatici dei cambiamenti climatici (la produzione di cibo è resa possibile dai suoi primi 30-100cm e per fare uno strato di suolo fertile di 2,5 cm ci vogliono 500 anni; un ettaro di suolo permeabile trattiene e rilascia progressivamente nelle falde quasi 4 milioni di litri d’acqua). Basterebbero queste cifre per capire che ci troviamo di fronte ad una risorsa indispensabile e non rinnovabile Pensiamo inoltre che sia quantomeno da “non coscienziosi” dare il via ad un’opera così impattante per le nostre campagne, senza nemmeno considerare l’esito che potrebbe avere la famigerata Pedemontana Veneta sui flussi di traffico lungo l’attuale SP46 (o forse già si dubita della reale utilità di un’opera che probabilmente peserà per anni sul bilancio della Regione e che ha comportato lo sventramento di ettari di terreno per farle posto?) Chiediamo quindi che si apra un dibattito pubblico che dia voce alle varie sensibilità presenti nel territorio e che si consideri il “suolo, quale bene comune e risorsa non rinnovabile, che rappresenta un patrimonio collettivo da tutelare per le generazioni future e che deve perciò essere utilizzato in modo intelligente e razionale quale fattore di sviluppo sia economico che sociale e culturale, evitando sprechi, sottoutilizzi, o utilizzi impropri”.

Malo, Variante 46. Coldiretti batte i pugni: “Il suolo agricolo deve essere salvato”

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