Determinata per carattere, e Democratica per passione, Chiara Luisetto, nel suo percorso politico e amministrativo, ha ricoperto il ruolo di Sindaca di Nove (VI) tra il 2014 e il 2019 ed è stata consigliera in Provincia di Vicenza tra il 2014 e il 2017. Tra gli incarichi di partito assunti, quello di Segretaria provinciale di Vicenza e, attualmente, di Presidente dell’assemblea del PD Veneto.
Laureata in Politica internazionale e Diplomazia all’Università di Padova, lavora in una comunità familiare di accoglienza per donne e minori a Vicenza. Il tema del sociale rappresenta “il cavallo di battaglia” del suo programma di aspirante consigliere regionale. Si è concessa, con una intervista a tutto campo, alla redazione di AltoVicentinOnline.
E’ la seconda campagna elettorale che Lei affronta con il Pd, che differenza c’è tra Lei candidata e il contesto politico in cui affronta questa seconda sfida?
Innanzitutto penso che il Veneto sia diventato più fragile in questi anni e abbia perso terreno in termini di competitività. Ci sono molti dati che segnalano questo rallentamento, in particolare deve preoccuparci il confronto con l’Emilia Romagna. Per tanti anni sono stati due modelli di successo che hanno camminato di pari passo, ora gli emiliani corrono più dei veneti. Il Veneto deve crescere dal punto di vista dell’occupazione giovanile, tra gli obiettivi della nostra campagna elettorale c’è quello di costruire opportunità concrete per i giovani, supportandoli nel loro percorso di crescita, formazione e inserimento nel mondo del lavoro. L’impegno deve puntare a valorizzare i talenti dei ragazzi, trasformandoli in professioni che li tengano qui in Veneto, in un contesto che li metta al centro e dia loro occasioni di crescita. Dobbiamo diventare una regione per giovani ma anche un luogo in cui ci si prende cura di chi è più fragile. Ora paghiamo errori di programmazione del passato, in particolare in tema di carenza di medici di famiglia, di indebolimento della rete di cure primarie, di riduzione dei consultori e dei centri di salute mentale. Da qui si deve ripartire per dare risposte di prossimità che in questi anni si sono svuotate.
Per alcuni aspetti, invece, il Veneto, rispetto a cinque anni fa, non è cambiato, in termini di scelte politiche, nulla di coraggioso, attento a chi più ha bisogno, innovativo si è veramente messo a terra. La conseguenza è che l’immobilismo da parte di chi ci ha governato ha peggiorato come stiamo e la qualità dei servizi.
Cosa pensa di Giovanni Manildo, con cui corre e che rapporto personale ha con lui?
E’ sicuramente un bravo candidato, che ha saputo unire tutta la coalizione, una persona competente, seria, empatica che sa comprendere le persone. Sono contenta di correre al suo fianco, perché conosce molto bene la fatica e la bellezza dell’amministrare. Abbiamo lo stesso linguaggio, di chi crede nella costruzione quotidiana del bene comune. Nei ruoli assunti, da Sindaca del Comune di Nove, consigliera provinciale e Segretaria vicentina del Partito, ma anche nel mio lavoro a contatto con chi non ha voce, ho compreso quanto sia necessario esserci per provare a costruire coesione sociale attraverso le scelte che la politica permette di fare e così, sono convinta, sia per Giovanni.
Lei ha preso il posto di Giacomo Possamai alla Regione Veneto come consigliere regionale, com’è stata questa esperienza e cosa Le ha insegnato?
Sono arrivata in corsa e ho dovuto mettermi subito al lavoro con l’obiettivo di evidenziare i problemi da affrontare, ma soprattutto di costruire proposte alternative. Non si può solo dire “così non va”, credo necessario essere propositivi per dare una propria idea di come dovrebbero essere le cose. È stata sicuramente un’esperienza formativa, ho tenuto e partecipato a oltre 700 incontri in due anni e poco più, cercando di ascoltare le esigenze dei cittadini e imparando molto su come stanno cambiando i bisogni. Ho seguito la nuova legge sugli Ambiti Territoriali Sociali, gli Ats, passo passo e ho proposto già un anno fa una legge che mira a riconoscere, formare e dare sostegno concreto a coloro che si prendono cura di una persona cara in ambito domestico, i cosiddetti “caregiver”, eroi invisibili che spesso vengono lasciati soli a svolgere questo ruolo, a fronte di un sistema di welfare lacunoso. Mi dispiace molto che chi ci governa in Regione non abbia trovato le necessarie risorse per una legge, a mio avviso, di civiltà. Si sono però trovati 300mila euro per restaurare le statue dei leoni marciani sparse per il Veneto. Se questa è l’idea di sociale e di priorità che ha chi ci ha governato possiamo capire facilmente come siamo arrivati fino a qui.
Ha prodotto molte interrogazioni regionali specie sui temi Sociali, che qualità di risposte ha avuto dalla maggioranza capitanata da Zaia? Si è mai interfacciata con lui?
Zaia si è presentato in aula pochissime volte in questi due anni e sempre per poco più del tempo di tenere un comizio e andarsene. Stefani, il nuovo candidato, da par suo, ha aperto la campagna elettorale, affermando le stesse cose che noi andiamo denunciando e chiedendo da anni: dalla maggiore attenzione alla sanità pubblica che è stata indebolita, al sociale da riattivare. Dove è la coerenza? Si proclama in continuità con il governo veneto di questi anni, ma è lo stesso che ha portato a questo stato di cose, al peggioramento delle liste d’attesa, alla depauperazione di un patrimonio di eccellenza vera che, un po’ alla volta, si è scelto di svuotare di contenuto, con proposte bocciate o ignorate per anni. Non puoi candidarti per la destra e rappresentare insieme la continuità e la discontinuità allo stesso modo, l’erede e la rottura, come ha più volte affermato Manildo, sottolineando che se questi settori necessitano di attenzione, significa che “sono stati trascurati” dalla stessa maggioranza che Stefani andrà a rappresentare. Il Veneto ha bisogno di una svolta vera, non di un restyling comunicativo. I medici di base, per esempio, sono le prime figure alle quali si rivolgono i malati e, anziché svilirle e sbagliare la programmazione (tutta regionale) si sarebbe dovuto mettere in campo un potenziamento di questo servizio alla persona, in particolare per tutelare le fasce più anziane e fragili della popolazione. Fasce che, sempre più in difficoltà di fronte ad una sanità che la politica al governo del Veneto ha progressivamente centralizzato e privatizzato.
La cifra di un paese civile e democratico risiede anche nella capacità di cura pubblica e professionale di chi sta peggio, di chi in particolare non ha i mezzi, e di certo non può permettersi cliniche private, nè è giusto che lo faccia poichè la sanità è e deve restare accessibile ed equa. Negli anni, questa maggioranza ha pensato a tagliare, convinta che togliendo servizi ai territori avrebbe risparmiato. Non accorgendosi che, ad esempio tagliare le lungo degenze, ha significato rendere le case di riposo dei piccoli ospedali nei quali, tra l’altro, si entra (ad un costo inaccessibile per molti) solo quando si è gravemente non autosufficienti. Prima di parlare di sociale, si dovrebbero fare tutti un grande esame di coscienza.
Spesso Le interrogazioni che riguardavano temi come la disabilità e che servivano a dare voce ai fragili della società erano rivolti a Manuela Lanzarin, che non perde occasione di definire la Sanità del Veneto eccellente? Cosa pensa dell’assessora e trova adeguata questa etichetta (eccellente) alla sanità veneta?
Con Lanzarin ho avuto un confronto franco, ma che non ha portato a risposte adeguate. Credo sia facile fare annunci, senza risolvere nel concreto i problemi, criticare costruttivamente quello che non va non è lesa maestà, ma il modo più onesto per vedere quello che non va e migliorare. Nella vita come in politica. Invece qui la retorica dell’eccellenza ha coperto vuoti e problemi che nel frattempo sono cresciuti: viviamo in un territorio in cui 13500 persone non hanno il medico di base, nel quale all’interno degli ospedali il personale vive la pressione costante di aggressioni crescenti e dove i servizi territoriali, come detto, sono stati progressivamente svuotati e impoveriti. Servono investimenti, ma soprattutto una seria riorganizzazione che metta al centro le competenze e le professionalità di chi ancora crede nel sistema pubblico. E serve un riequilibrio, una rinegoziazione dei rapporti, degli oneri e onori, tra pubblico e privato. La salute non è un bancomat, e le scelte della politica non possono muovere dal profitto.
Lei è stata anche sindaco di Nove, quindi sa cosa significa stare a stretto contatto con i cittadini, che pagano le tasse e vorrebbero servizi efficienti: secondo Lei quali sono i servizi sui quali le istituzioni dovrebbero assicurare la massima efficienza e dei quali non si sentono invece soddisfatti?
Credo in primis, come sopra ho cercato di spiegare, servizi per la salute e la presa in carico delle fragilità. Ma anche politiche attive per il lavoro che costruiscano reti di opportunità e spendano al meglio le risorse europee. Un progetto di sviluppo che attragga in modo mirato e con una visione gli investimenti per rafforzare il tessuto produttivo veneto non solo a bonus o con risorse a pioggia. Una politica di trasporti pubblici, diritto allo studio e alla casa, che abbia in testa i giovani veneti. Queste penso siano cose che si possono migliorare e molto. Scelte che ingessano il bilancio regionale da un lato (Superstrada Pedemontana e Olimpiadi per farae un esempio) e l’immobilismo dall’altro penso siano alla base di un Veneto che non cambia marcia. E poi i temi ambientali, in particolare, ho contestato duramente l’assenza di risposte sul monitoraggio dei Pfas nel tratto della Spv in Altovicentino e il mancato studio epidemiologico per le zone rosse. Giustizia sociale ed ambientale si tengono insieme e bisogna sia la politica a costruire e rendere saldo questo legame.
Cosa pensa dell’Autonomia Differenziata? Pensa che i veneti ci credano ancora? 
Osservo che non se ne parla più, doveva essere al centro dei grandi risultati della Lega di governo a Roma e qui e, invece, hanno solo illuso i veneti. Nel 2017 ci hanno chiesto se volevamo maggiori forme di autonomia, si è raccontato ai veneti che l’autonomia avrebbe permesso di tenere qui le risorse e gestire meglio il Veneto. Si è rivelata solo una grande bolla di sapone. Mi chiedo sempre più spesso come abbiano potuto prendere in giro le persone, invece di creare una autonomia reale. Poi, basterebbe essere in grado di gestire meglio quello che già è un ambito in cui la regione ha molta autonomia…la sanità.
Cosa pensa di Elly Schlein?
Penso che le vada riconosciuto il merito di avere tenuto insieme il partito con spirito unitario.
Cosa pensa di Stefani? Ha letto qualcosa del suo programma? 
Penso che stia costruendo un programma contrario a ciò che il suo partito e la sua coalizione hanno fatto fino ad ora, ma proclamandosi orgoglioso di quanto è stato fatto. Dovrebbe mettersi d’accordo con sè stesso. Se vuole garantire la continuità di Zaia, di sociale non si può parlare come se a governare fino ad oggi e negli ultimi 15 anni ci fosse stato qualcun’altro. Che dica che si prenderà a cuore questi temi è davvero poco rispettoso di chi vive ogni giorno i problemi e non ha avuto né ascolto né risposte dalla stessa compagine che ora promette miracoli.
Che scenario prevede in Veneto dopo l’urna di novembre?
Spero e mi impegno per uno scenario in cui si possa costruire una alternativa di governo, garantendo servizi vicini alle persone. Come Partito Democratico abbiamo liste solide nelle province, radicate nei territori, rappresentative della società veneta e delle sue energie migliori. Guardiamo a queste elezioni, ma anche alla classe dirigente che verrà: la fine dell’era Zaia rende questa campagna un momento fondativo, di grandi novità per tutti. Sappiamo che il centrosinistra è unito, all’interno di una coalizione molto ampia, e ha tutte le carte in regola per giocarsela fino in fondo.
F.C.
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