La questione dei codici bianchi e degli incassi da ticket in Veneto accende un acceso dibattito tra Regione e sindacati. Se n’è occupato il Corriere del Veneto, quotidiano da sempre attento a certe tematiche che in Veneto si fa fatica ad affrontare per non “urtare” i piani alti. Le divergenze emergono su più fronti: la classificazione dei codici in pronto soccorso, la carenza di medici di base e il funzionamento della medicina territoriale. Un tema complesso, che secondo i sindacati richiede verifiche approfondite. La Regione, dal canto suo, difende il proprio sistema come rigoroso e trasparente, ma riconosce la necessità di leggere i dati con attenzione e nel giusto contesto.

Partiamo dal fatto che il Veneto si conferma in cima alla classifica nazionale per numero di accessi in pronto soccorso classificati come codici bianchi , cioè i casi meno gravi, che prevedono il pagamento di un ticket,  secondo i dati raccolti da Agenas nel 2022 e pubblicati nel 2023. In regione, quasi il 55% degli accessi è riconducibile a questa categoria. A livello nazionale, il 40% degli incassi da ticket per codici bianchi arriva proprio dal Veneto: si tratta di oltre 14,3 milioni di euro. Al contrario, la regione si posiziona all’ultimo posto per codici verdi, pari al 19,81% del totale accessi. Uno scenario opposto rispetto a molte regioni del Sud Italia, dove i codici verdi — che non prevedono ticket — risultano prevalenti.

 “Serve fare chiarezza”

Sulla questione è intervenuta Sandra Boscolo del Tribunale del Malato, che in un’intervista al Corriere del Veneto ha segnalato i frequenti dubbi espressi dai cittadini: «I cittadini si rivolgono a noi per chiedere chiarimenti o la revisione degli importi. Sospettano che il meccanismo dei codici bianchi sia utilizzato per fare cassa».

Una posizione più cauta, ma comunque critica, arriva da Tiziana Basso, segretaria generale della Cgil Veneto: «Il problema esiste. Ci si rivolge al pronto soccorso perché non si trovano risposte dal proprio medico di base? Dobbiamo partire da un dato di fatto: in Veneto c’è una grave carenza di medici di medicina generale. Inoltre, il progetto della medicina di prossimità è ancora lontano dall’essere completato. Le case di comunità, per ora, sono vuote o quasi». Basso ha poi annunciato che la Cgil intende indagare a fondo sul tema: «Sì, è necessaria una verifica su come la Regione classifica gli accessi al pronto soccorso».

Più sfumata la posizione della Cisl. Marj Pallaro, intervistata dal Corriere del Veneto, ha illustrato i risultati di una ricerca condotta dal sindacato: «Ad aprile 2025, in Veneto, c’era una media di 1.558 pazienti per ogni medico di base. Analizzando i dati dal 2004 al 2024 (escludendo il biennio pandemico), emerge una correlazione inversa moderata: quando diminuisce il numero dei medici di base, aumentano gli accessi ai pronto soccorso. Per esempio, nel 2019 si sono registrati 1.945.459 accessi, mentre nel 2024 sono saliti a 1.955.172». Secondo Pallaro, è necessario un approfondimento: «La Regione dovrebbe verificare se gli 850 mila veneti dimessi in codice bianco abbiano realmente accesso al proprio medico di famiglia, o se risiedano in aree carenti. La classificazione dei codici, prevista dalla delibera regionale del 2014, segue le linee guida nazionali, ma il vero tema è potenziare la medicina territoriale».

La replica della Regione: “Dati non confrontabili”

Il direttore generale della Sanità regionale, Massimo Annicchiarico, ha risposto attraverso le pagine del Corriere del Veneto mettendo in discussione la validità del confronto tra regioni: «I dati Agenas 2023 si riferiscono al 2022 e confrontano regioni con sistemi diversi di classificazione: alcune usano quattro colori, altre cinque. Non sono pienamente comparabili».

Annicchiarico ha poi aggiunto: «Attribuire un codice bianco o verde non è un processo oggettivo come lo è per i codici più gravi. Personalmente, non credo che il Veneto sia davvero ultimo per verdi e primo per bianchi. Inoltre, se si guarda agli esiti degli accessi, il Veneto dimette molto meno rispetto a regioni come Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. Questo riflette la maggiore accuratezza diagnostica nei nostri reparti».

Quanto agli incassi da ticket, Annicchiarico ha fornito alcune spiegazioni: «In Veneto il ticket è più alto rispetto ad altre regioni, e il percorso diagnostico è molto approfondito. Inoltre, in altre realtà si stanno facendo grandi operazioni di recupero crediti per i ticket non pagati. Da noi, invece, i cittadini pagano regolarmente».

Codici e software: “Nessuna discrezionalità”

Sul tema della classificazione dei codici in pronto soccorso è intervenuto anche il dottor Paolo Rosi, responsabile regionale dell’Emergenza-Urgenza, che ha spiegato al Corriere del Veneto: «Abbiamo stabilito regole chiare per l’attribuzione dei codici e utilizziamo un software che li assegna. In Veneto l’applicazione è rigorosa, non ci sono variabili discrezionali come in altre regioni. La logica è semplice: il codice bianco identifica una prestazione assimilabile a quella ambulatoriale. Il ticket serve a evitare che chi bypassa il medico di base riceva un trattamento privilegiato rispetto a chi segue il percorso corretto».

di Redazione AltovicentinOnline

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