Terzo mandato sì, terzo mandato no: ne dibatte la maggioranza, ma anche l’opposizione “anzi dovrebbero farlo di più: probabilmente tengono le porte chiuse in maniera migliore rispetto a noi…”. Sta di fatto, dice Luca Zaia, presidente del Veneto, che una soluzione la si deve trovare uscendo da una “Babele”. Il Veneto è, a dir poco, spettatore interessato: Zaia ripete di essere uno che non sa e aspetta, “assistitiamo fuori dalla stanza dei bottoni e cerchiamo di capire”. Al momento si capisce poco: non è chiaro “fino a che livello” si applichi la partita della revisione dei mandati per gli amministratori, e fino a che carica, “dato che si parla anche dei sindaci”. A carte date, in Veneto, “se non c’è uno slittamento”, si va a votare per la Regione in autunno “anche se i mandati sono sbloccati”; sennò, con slittamento, a primavera “con o senza sblocco dei mandati”, riassume Zaia. Che trova di “buonsenso” intervenire sul tema: sui limiti di mandati ora l’Italia è “a macchia di Leopardo”, rimarca anche in relazione alle dichiarazioni del meloniano Giovanni Donzelli: le Province autonome possono allungare i mandati, ma il Governo ha impugnato la mossa trentina e, se si andrà in Corte costituzionale, per Zaia è quasi certo che la Consulta confermerà che dove vige lo statuto speciale si possono allungare i mandati confermando invece, leggasi sentenza sulla Campania, che non si può nelle Regioni a statuto ordinario. E quindi? E quindi è una “Babele” a cui si dovrebbe rispondere con il “buonsenso”, dice passando la palla alla maggioranza cui spetta una “decisione politica” e di “trovare la quadra”. Qui però c’è Forza Italia che non ne vuol sentir parlare, che teme la deriva autoritaria… “Immagino che non sia così, ma ognuno la pensa come vuole” e per Zaia l’elettore assegna una delega a governare e se è scontento la toglie.
Tuttavia, prosegue il presidente del Veneto parlando oggi con i cronisti sempre in riferimento alle resistente forziste, “siamo in un paese democratico, il pensiero è libero ed è bene che sia così”: il dibattito tra partiti “è il sale della democrazia. Troveranno una soluzione se decidono di trovarla, altrimenti non verranno sbloccati i mandati e ognuno prenderà le sue decisioni”. Al momento, mentre in Regione “siamo impegnati con grosse attività, lavoriamo pancia a terra come se non ci fosse un domani”, c’è un “dibattito all’interno del governo e vedremo quale sarà il risultato, non ho la più pallida idea del punto a cui sia arrivato il dibattito. Siamo in attesa di capire le risultanze”, puntalizza Zaia dicendo che sulle affermazioni del leader azzurro Antonio Tajani (che ha ricordato come anche Hitler e Mussolini furono eletti dal popolo) “non ho commenti da fare”.
PD:”SUPERATI I LIMITI DELLA DECENZA”
“Ciò che sta accadendo in queste ore è gravissimo. A pochi mesi dalle elezioni regionali del Veneto, il centrodestra torna a riaprire per l’ennesima volta la discussione sul terzo mandato di Zaia. Una discussione che non solo è assurda, ma rappresenta uno sfregio alle regole della democrazia e alla dignità delle istituzioni”. Lo dichiara il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Partito Democratico del Veneto. “La sentenza della Corte Costituzionale ha già sancito la piena legittimità del limite dei due mandati. La partita è chiusa. E lo stesso Consiglio di Stato ha chiarito, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la legge nazionale prevale su quella regionale: le legislature durano cinque anni, punto. In assenza di emergenze reali – come fu nel 2020 per la pandemia – non ci sono motivi validi per rinviare il voto. Le elezioni devono tenersi in autunno, come prevede la legge. Continuare a mettere tutto in discussione significa insultare la democrazia e piegare l’ordinamento ai capricci di un solo uomo e di una coalizione in affanno”, prosegue Martella. “Zaia ha già governato per 15 anni. I suoi tre mandati – uno più di quanto consentito – sono terminati. In qualsiasi paese serio, il principio della rotazione, del limite e del rispetto delle regole vale per tutti, anche per il presidente uscente. Non siamo in una signoria. Non si riscrivono le regole ogni volta che il centrodestra va in crisi”. “Quel che è peggio – conclude il segretario Veneto del PD – è che tutto questo caos nasce dalle guerre interne al centrodestra. I partiti della destra, incapaci di decidere chi candidare in Veneto, vorrebbero adesso allungare la legislatura per guadagnare tempo, in attesa che Roma decida per loro, o addirittura cambiando le regole in corsa. È un sequestro della democrazia, non ammissibile. Le elezioni devono tenersi nei tempi previsti dalla legge, non quando fa comodo a Meloni, Salvini o Tajani”.
Di.Re.
