I leghisti non fiatano se non in camera caritatis dove le loro parole sono al vetriolo e pregne di delusione. Ma basta il sorriso del segretario di turno che loro tornano a crederci.

Di fronte a una coalizione nazionale sempre più sbilanciata verso Fratelli d’Italia, il Carroccio cerca di alzare la voce e difendere la sua ultima roccaforte: il Veneto. Il pressing della Lega si fa ogni giorno più intenso, e sabato 26 luglio,  il leader Matteo Salvini lo ha dichiarato: «Il Veneto è la priorità per la Lega alle Regionali».

Ma Giorgia Meloni parla di  ‘unità’ e ‘scelta del candidato migliore’ con un  Salvini che rimarca la voglia  della continuità del modello veneto, difeso come simbolo di buon governo leghista da oltre un decennio. Parole esplicite che non hanno bisogno d’interpretazione:” Noi il Veneto non ve lo cediamo”

Zaia e lo spettro della corsa solitaria

L’ipotesi di una corsa autonoma della Lega in Veneto resta improbabile, ma non impossibile. Il precedente, che aleggia come monito nelle stanze della politica veneta, risale al 2002. A ricordarlo proprio stamani il Corriere del Veneto Allora Luca Zaia, giovane presidente della Provincia di Treviso, si ricandidò senza l’appoggio degli alleati del centrodestra, imponendosi con forza contro il candidato ufficiale sostenuto da Forza Italia, An e Udc. Una scelta audace, appoggiata da Umberto Bossi, che non portò a fratture insanabili ma rafforzò l’identità e il peso della Lega in Veneto. Oggi, la storia potrebbe ripetersi in scala regionale. Lo scenario è diverso, così come la forza dei protagonisti. Ma il principio è lo stesso: difendere l’eredità politica e amministrativa del “modello Zaia” da compromessi al ribasso con Roma. Zaia, impossibilitato dalla legge a ricandidarsi dopo 15 anni di governo, rimane comunque la figura centrale della partita. Non tanto per ambizioni personali, quanto per il controllo di un capitale politico accumulato in tre mandati, incarnato oggi dalla sua creatura: la “Lista Zaia”, trasversale, radicata e molto più ampia del recinto leghista.

“Con la mia lista abbiamo attratto tanti elettori fuori dai partiti. Il consenso va oltre il centrodestra tradizionale”, ripete  Zaia . Per questo motivo, anche se il candidato ufficiale dovesse essere un leghista , in pole c’è Alberto Stefani, vicesegretario federale, senza l’appoggio della Lista Zaia la Lega rischierebbe di vincere nominalmente, ma perdere politicamente. Un presidente formalmente leghista, ma minoritario in Consiglio e subalterno agli alleati, non potrebbe garantire la continuità dell’attuale modello di governo.

Il tempo stringe e il rischio è altissimo: una spaccatura nel centrodestra proprio nella Regione simbolo della Lega, nel cuore del Nord produttivo. Un segnale che, a pochi mesi dalle prossime Politiche, potrebbe diventare un terremoto.

di Redazione AltovicentinOnline

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