Se si prendono sul serio i numeri, le dichiarazioni di Giovanni Cattelan dei giorni scorsi somigliano più a un esercizio di rassicurazione che a un’analisi di governance. Il presidente di AVA ripete che, anche domani, «nessuno potrà decidere per noi» e che l’Alto Vicentino – i 31 Comuni soci di AVA proprietari del termovalorizzatore di Schio – manterrà la maggioranza in ViAmbiente, ma appena si allarga l’orizzonte oltre la prima fusione con Soraris, la matematica comincia a fare resistenza.
Il “comfort” della fase 1
Oggi, nella ViAmbiente “versione 1.0”, il quadro è effettivamente comodo: ex AVA al 92% del capitale, ex Soraris all’8%, per un bacino complessivo di poco più di 310 mila abitanti. In termini demografici, Alto Vicentino intorno al 58–60%, Soraris al 40–42%: nella logica della doppia maggioranza (capitale + abitanti) l’area AVA resta socio dominante, e Cattelan può permettersi di dire che Schio, con il suo 21% di quote e il 12,5% di popolazione servita, è persino “più forte” che nel vecchio voto per teste.
Soraris: conti in crescita ma debito pesante
Uno sguardo ravvicinato ai bilanci 2022–2024 di Soraris, però, racconta una storia meno lineare rispetto al racconto rassicurante. In due anni il giro d’affari è salito da circa 15 a oltre 18 milioni di euro, segno che la macchina fattura di più. Nello stesso tempo però anche i debiti con le banche sono cresciuti, passando da poco più di 8 a oltre 11 milioni: in pratica Soraris oggi ha debiti bancari pari a circa il 60% del suo fatturato annuo e servirebbero diversi anni di utili per azzerarli. Nel mondo industriale, questi rapporti vengono considerati dal sistema bancario come elementi estremamente negativi del merito creditizio. Il piano 2026–2030 su cui si basano le valutazioni la descrive come una società che continuerà a crescere, riuscendo a guadagnare di più su ogni euro incassato e a ridurre in fretta il peso dei finanziamenti. Un traguardo sperato più che un risultato già in tasca, e proprio per questo è un elemento tutt’altro che neutro nel modo in cui è stato pesato il suo ruolo nella fusione.
Peccato che, dal 2026, Soraris non esisterà più come società autonoma: la fusione farà confluire tutti i suoi debiti dentro ViAmbiente, e quello scenario “stand alone” resterà solo sulla carta, utile escusivamente a costruire il valore di concambio. Tradotto: il virtuoso Altovicentino, ancora una volta, dovrà farsi carico dei debiti creati da altri senza un concreto vantaggio. La storia – Viacqua docet – evidentemente non ha insegnato nulla.
ViAmbiente allargata: numeri che cambiano
Ma lo stesso presidente ricorda che questo è solo il primo tempo: entro il 2026 è previsto l’ingresso di Agno Chiampo Ambiente e del Comune di Vicenza (tramite Valore Ambiente), con l’obiettivo dichiarato di arrivare al gestore unico del Vicentino. E qui le percentuali cambiano faccia. AVA serve circa 180 mila abitanti, Soraris circa 130 mila, ACA circa 188 mila, Vicenza circa 110 mila residenti: in un perimetro da poco più di 600 mila abitanti, l’Alto Vicentino scende a circa il 30%, Soraris al 21–22%, ACA si colloca intorno al 30–31%, Vicenza intorno al 18–19%.
D’improvviso, quell’«Alto Vicentino avrà sempre la maggioranza» regge solo se, per “Alto Vicentino”, si intende di volta in volta il blocco AVA+Soraris, e solo finché il confronto resta chiuso dentro le mura di ViAmbiente. Se si prende alla lettera il perimetro del Bacino Vicenza – circa 90 Comuni per 680 mila abitanti – i 180 mila dell’area AVA non arrivano neppure a un terzo, e persino AVA+Soraris si ferma sotto il 50% delle teste.
Doppia maggioranza o doppio veto?
Quando poi si incrociano capitale e popolazione, il quadro si fa ancora più delicato. Applicando i criteri della perizia di concambio e i dati più recenti di fatturato, in una ViAmbiente allargata AVA arriverebbe a controllare circa il 75,8% del capitale complessivo, Soraris intorno al 6,6%, ACA circa il 7,5% e Valore Ambiente intorno al 10,1%. Sul fronte demografico, invece, AVA pesa per circa il 30% degli abitanti serviti, Soraris per poco più del 21%, ACA sfiora il 31% e Vicenza si colloca intorno al 18–19%.
In un sistema di doppia maggioranza capitale/abitanti, significa che AVA porta da sola quasi il 76% del capitale ma solo un terzo scarso delle teste, mentre Soraris, ACA e Vicenza insieme mettono sul piatto poco più del 24% del capitale ma quasi il 70% della popolazione servita. Se si guarda solo al capitale, senza AVA non passa nulla; se si guarda solo agli abitanti, senza gli altri tre non passa nulla. È lo schema perfetto per un conflitto permanente: AVA con un enorme potere di veto economico, gli altri tre con un altrettanto forte potere di veto demografico.
La partita della presidenza
Dentro questo equilibrio già nervoso si inserisce un tassello tutt’altro che simbolico: la nomina del presidente. Oggi la convenzione di controllo analogo stabilisce che il CdA a 5 membri sia composto da 3 amministratori espressi dall’area AVA (incluso il presidente) e 2 dall’area Soraris. In pratica, è il “fronte AVA” a prendersi la testa del tavolo e il 60% dei seggi, mentre all’area Soraris viene riconosciuto un ruolo forte ma comunque minoritario. Domani, con ACA e Vicenza a bordo, sarà difficile spiegare all’Ovest vicentino e al capoluogo che la presidenza resti “naturalmente” prerogativa dell’Alto Vicentino: è quasi scontato che si aprirà un confronto su formule nuove (rotazione, presidente “di garanzia”, alternanza tra aree), che incideranno non solo sulle poltrone, ma sull’indirizzo politico concreto di ViAmbiente.
I comitati di controllo analogo: il vero ring politico
C’è poi un livello di decisione ancora meno visibile, ma decisivo: quello dei comitati di controllo analogo. Tradotto dal burocratese, sono i tavoli in cui i sindaci soci si riuniscono per dare l’indirizzo politico alla società prima che le decisioni arrivino in assemblea o in consiglio di amministrazione. Qui si discutono bilanci, piani industriali, investimenti, tariffe, ruoli nel CdA. Qui si costruiscono le alleanze tra aree (Altovicentino, Ovest vicentino, bacino Soraris, Vicenza) e si decidono, molto spesso, i “pacchetti” da portare poi al voto formale.
Oggi questi comitati sono organizzati per blocchi territoriali (ex AVA, ex Soraris, Comuni più grandi). Domani, con ACA e Vicenza al tavolo, diventeranno il vero termometro dei rapporti di forza dentro ViAmbiente: se i tre soci “minori” si presenteranno coordinati, avranno una fortissima capacità di condizionare l’agenda; se invece prevarranno i veti incrociati, il rischio è che il controllo analogo si trasformi in una lunga sequenza di riunioni in cui tutti possono bloccare qualcosa e pochi riescono davvero a decidere qualcosa.
La clausola di salvaguardia (meno blindata di quanto sembra)
Sullo sfondo c’è poi la famosa “clausola di salvaguardia” per il termovalorizzatore: il Presidente la cita come scudo definitivo, ricordando che sugli interventi rilevanti «vota il gruppo dei soci AVA» e che lui stesso si dice pronto a “potenziarla”. Ma, ad oggi, quella clausola è solo un principio pattizio, non un articolo di statuto scolpito nella pietra: vive e muore nelle stesse assemblee e negli stessi patti che in futuro verranno ridisegnati da maggioranze molto più articolate di quelle odierne.
La vera domanda per l’Alto Vicentino
Non sono numeri scolpiti nel marmo – serviranno perizie, concambi, delibere – ma bastano a dimostrare una cosa semplice: il leggendario 92% di AVA è per definizione transitorio. Ogni nuovo ingresso lo erode, fino a trasformare la “maggioranza blindata” in una maggioranza da costruire ogni volta, pezzo per pezzo, in assemblea.
Tornando ai fatti, resta il cuore politico delle dichiarazioni del Presidente: per difendere il termovalorizzatore da una presunta “progressiva chiusura” in caso di scorporo tra l’attività di termovalorizzazione e l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti – che alla luce della normativa attuale non trova alcun riscontro essendo un servizio pubblico tutelato – Cattelan chiede all’Alto Vicentino di fidarsi di una promessa di controllo che, aritmeticamente, diventa sempre più debole man mano che il disegno del gestore unico provinciale va avanti.
Si può credere, per fede, che «nessuno deciderà per noi». Oppure si possono guardare i numeri – di capitale e di abitanti – e accettare che il futuro di Ca’ Capretta e del ciclo rifiuti dell’Alto Vicentino verrà scritto in un’arena in cui l’area AVA non sarà più il socio “padrone di casa” in grado di far valere gli aspetti preponderanti per la salute pubblica, ma uno dei quattro inquilini pesanti chiamati ogni volta a cercare alleati. Con buona pace di chi, ancora oggi, si ostina a raccontare ViAmbiente come un modo per “rafforzare il controllo” del territorio, più che per redistribuirlo su un territorio molto più vasto e per questo caratterizzato da sensibilità diverse ad esempio sulle opzioni strategiche future. Ci chiediamo: è prioritario ottimizzare le modalità di raccolta differenziata per ottenere il target del piano Regionale Veneto 2020/2030 di 80 kg/ab/annuo o sviluppare il termovalorizzatore aumentandone la potenza oltre le necessità di smaltimento del bacino rifiuti della Provincia?
Al momento solo le Province di Treviso e Belluno rispettano questo target chiesto dalla Regione, mentre il Consiglio di Bacino di Vicenza tace.
mds
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