Alberto Chester Stella è uno di quegli artisti per i quali la parola “carriera” risulta riduttiva. Nel suo caso, l’arte non è mai stata un mestiere, ma una necessità profonda, una traiettoria esistenziale che da oltre cinquant’anni attraversa linguaggi, materiali e geografie. Non sorprende quindi che il suo nome sia stato annoverato tra i protagonisti del Premio Thiene, che quest’anno gli ha conferito uno dei riconoscimenti più significativi.
Nato a Thiene nel 1950, Stella si è formato fuori dai percorsi accademici tradizionali. Una scelta non ideologica, ma naturale: una formazione “da uomo libero”, come ama definirla, nutrita più dalla fame di conoscenza che dal metodo. Da qui prende avvio un viaggio creativo che lo porta a confrontarsi con la ceramica, il design, la grafica, la scenografia, la regia teatrale e, soprattutto, la pittura.
«Non per curiosità ma per necessità interiore, ogni linguaggio è per me una diversa modulazione dello stesso respiro», afferma l’artista. Una dichiarazione che chiarisce il filo rosso della sua opera: la coerenza profonda che unisce pratiche solo apparentemente distanti. Emblematica, in questo senso, è la sua lunga frequentazione del raku, antica tecnica ceramica giapponese che celebra l’imperfezione e la bellezza nascosta nelle piccole cose. In quella relazione diretta con il fuoco, con l’attesa e con l’imprevedibile, Stella ha trovato una vera e propria patria spirituale, dove la fiamma diventa meditazione e la materia si fa rivelazione.
Lo stesso rigore si ritrova nel suo lavoro grafico, affrontato con studio e dedizione, alla ricerca di una precisione del gesto che non dimentica mai la memoria dei materiali. Ma è nella pittura che la sua voce si concentra e si riconosce con maggiore evidenza: un punto di equilibrio sottile tra disciplina e abbandono, tra controllo e ascolto.
Dai primi anni Settanta, le sue opere ottengono riconoscimenti in Italia e all’estero, come se ogni tela fosse una pagina di un diario intimo, una mappa di geografie interiori. Fondamentale, in questo percorso, è l’esperienza del viaggio. In particolare, i lunghi soggiorni a Bali, in Indonesia, dove tuttora mantiene uno studio, hanno innestato nel suo lavoro una dimensione rituale e contemplativa. La luce, i miti e la natura del luogo non diventano mai semplice esotismo, ma un diverso modo di dire “anima”. Sotto la superficie tropicale, infatti, si avverte sempre un solido rigore mitteleuropeo.
A nutrire il suo gesto pittorico contribuiscono anche lo studio appassionato dell’incisione antica e il dialogo silenzioso con la musica, presente come un basso continuo. Al centro della sua ricerca emerge con forza l’archetipo del labirinto, simbolo della condizione umana e del suo incessante perdersi e ritrovarsi: una metafora che attraversa le sue opere come un tema ricorrente, mai risolto, sempre vitale.
Le creazioni di Alberto Chester Stella sono oggi accolte in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero: da Vicenza a Roma, da Villach a Norimberga, fino a Bali e a Shanghai, dove nel 2018 ha esposto una serie di acquerelli alla Galleria Baishine. Luoghi diversi, un’unica tensione ostinata: trasformare la materia in pensiero, la forma in preghiera.
Il riconoscimento ricevuto al Premio Thiene non è dunque soltanto un omaggio a una carriera lunga e articolata, ma il segno di un legame profondo tra l’artista e la sua città natale. Un ritorno simbolico che celebra un percorso coerente e libero, in cui l’arte continua a essere, prima di tutto, destino.
di Redazione AltovicentinOnline (ph Circolo Fotografico Città di Thiene)
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