Chi di Breganze un po’ conosce la storia del suo campanile ma, forse, non alcuni retroscena legati alla sua storia. Con i suoi 90 metri è una delle torri campanarie più alte d’Italia: in classifica nazionale si piazza al 14º posto. In Veneto è il terzo più alto, dopo quello di San Marco a Venezia e del duomo di Lendinara. Chiamato anche ‘torre Diedo’, in nome dell’architetto veneziano Antonio Diedi che lo progettò nell’800, crollò la notte dell’11 maggio 1838, e ci vollero 55 anni per ricostruirlo.

‘Gruppo campanari Breganze’, raccontano di… due monsignori
Nella storia del campanile di Breganze, due figure vengono spesso trascurate: monsignor Antonio Savorin e monsignor Giovanni Fabris. Monsignor Savorin arrivò a Breganze nel 1818 in una situazione difficile. Sacerdote colto e vicino alla gente, si impegnò per la comunità, facendo risistemare la chiesa e avviando nel 1828 il restauro del vecchio campanile. Il suo intervento lo trasformò in una torre merlata, predisponendola per nuove campane. Per il suo operato fu molto stimato, tanto da essere nominato vescovo di Chioggia nel 1830. Tuttavia, il suo nome è legato al campanile per un evento sfortunato: il crollo dell’11 marzo 1838. L’evento fu una conseguenza diretta, ma imprevedibile, del restauro da lui voluto. L’aggiunta di peso gravò su fondamenta troppo vecchie e deboli. Ridurre la sua figura alla responsabilità di questo crollo è ingiusto, dato che fu un pastore di grande valore, che merita di essere ricordato per il bene che compì.

Anche il destino di monsignor Giovanni Fabris non fu meno ingrato. Il suo contributo viene spesso sottovalutato, ma fu sotto la sua guida che il campanile raggiunse in soli quattro anni, tra il 1856 e il 1860, l’altezza dell’orologio, completando praticamente la metà della costruzione. Le difficoltà economiche lo costrinsero a fermarsi, completando temporaneamente l’opera con la ‘cella Marinoni’ per le campane. Questa scelta, criticata in seguito, fu dettata dalla necessità. Fabris morì nel 1881, convivendo per oltre vent’anni con il rammarico di vedere il campanile incompiuto. Ricordarlo solo per la ‘brutta’ cella Marinoni significa travisare la sua figura. Fabris fu un uomo di grande carità, amato dal popolo, come testimoniano i solenni funerali che gli furono tributati. (Gruppo Campanari Breganze).

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