“Noi non siamo macchine, perché quando il corpo muore noi continuiamo ad esistere”. Parole dette dal papà del microchip che un certo effetto lo fanno. Senza di lui, come disse Bill Gates, Silicon Valley sarebbe solo una vallata. Federico Faggin il fisico vicentino con 83 primavere sulle spalle ha svoltato la tecnologia. Da una trentina di anni a questa parte ha rivoluzionato tutto: partendo da stesso per arrivare alla nuova teoria della fisica quantistica. La spiega, ne scrive libri e ne ha parlato a Thiene con gli studenti dell’Itt Chilesotti.

Lo aspettano in via Tigli. Alle 10 varca la soglia del Chilesotti e a far gli onori di casa sono la preside Laura Giuseppa Turco e alcuni docenti. I ragazzi di terza, quarta e quinta dell’indirizzo informatico, ma non solo, si stanno incamminando per andare al patronato San Gaetano dove lo incontreranno. Intanto a scuola, Faggin mostra la sua meraviglia nel vedere un poster che lo ritrae appeso in un laboratorio. Un ragazzo gli passa un pennarello, “è indelebile”. Quella foto con il suo autografo vale molto. Tanto. Specie per i giovani che in quell’aula passano i giorni a studiare, a lavorare, sulla ‘rivoluzione tecnologica’ che lui compì tanti anni fa. Ma Faggin non ha mai smesso di fare da quando con l’Intel 4004, negli anni ’70,  contribuì in modo significativo all’evoluzione dell’informatica e dei chip integrati. Racconta poi di sé, al patronato, guidato dal giornalista Ivano Tolettini. A 19 anni il diploma da perito al Rossi di Vicenza e il primo impiego con Olivetti. La laurea con 110 e lode in fisica a Padova, l’impiego in una azienda lombarda che costruiva i circuiti integrati della Fairchild di Palo Alto. Da qua prenderà un aereo per la California, la Fairchild lo vuole con sé in un programma di 6 mesi. Doveva starci quindi poco tempo in America, ma c’è rimasto una vita. Entrando in Intel dove nel giro di un anno rivoluziona il modo di fare i microprocessori. Dove il suo esser geniale fa storcere il naso agli americani che faranno di tutto per oscurargli la paternità del microchip. Faggin strappa con Intel,  inizia una nuova fase, diventando imprenditore. Sempre in America.

Sua la Zilog dove venne lanciato lo Z80, una delle famiglie di CPU maggiormente impiegate. Sua anche la Synaptics, sala parto del touchpad capacitivo e del touchscreen, oltreché  teatro del suo ‘no’ a Steve Jobs che poi lo copierà. Costruendosi in casa Apple il ‘suo’ touchscreen che rivoluzionerà  la galassia dei cellulari, con iPhone e iPad che sbarcano nelle case e negli uffici di tutto il mondo.

E poi, la svolta nel 1990, che lo ha portato ad essere il Faggin che ha incontrato gli studenti del Chilesotti. Il fisico che sonda la propria coscienza, interrogandosi sulla realtà, arrivando a sviluppare una propria teoria: “siamo realtà quantistiche che esistono in una realtà più vasta dello spazio-tempo, che contiene anche la realtà fisica” ha spiegato dal palco del patronato del San Gaetano “la coscienza è la capacità di sapere. Per conoscere se stesso, devi essere capace di conoscere te stesso. Come fai a conoscere te stesso? Provando quello che sai”. E per arrivarci, serve un’esperienza impattante, “di coscienza straordinaria, come quelle di pre-morte dove queste persone si ritrovano in spazi pieni di luce, conversano con le persone morte e il loro corpo non importa più. Il 90% delle persone che hanno vissuto queste esperienze tornano trasformate: in quelle esperienze, dove il cervello non funzionava, come facevano a vivere quelle emozioni? Perché non siamo delle macchine-continua Federico Faggin- Il computer non fa nulla da solo se noi non gli diamo l’algoritmo o lo aggiustiamo quando si rompe”.

Sposta, poi, anche il concetto sull’intelligenza artificiale “è utile se usata in maniera appropriata, ma questo non significa che il computer è cosciente. Siamo noi umani ad esserlo. Per questo ho formulato la mia nuova teoria, partendo dalla coscienza e dal libero arbitrio, la fisica quantistica ha proprietà straordinarie che i fisici stessi non sono mai riusciti a capire-aggiunge-Lo stato fisico di un campo quantistico non si può riprodurre, ma si può copiare e la massima informazione che si può ottenere è un bit classico per ogni bit quantistico che descrive lo stato”. Tutto, ora e da più di trent’anni, per Faggin ruota sul concetto che un computer non possa chiedersi sul perché esiste, mentre l’uomo sì e sta a quest’ultimo insegnare al pc fare le cose. Oggi si sfocia nell’intelligenza artificiale che si basa comunque su algoritmi creati dall’uomo, dove la realtà è una probabilità e non una certezza. Questo il pericolo che fa da sfondo all’intelligenza artificiale, dove una macchina ha sì una certa libertà, ma non ha coscienza di quello che fa. L’uomo sì.

P.V.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia