Grandioso e massiccio il Pasubio domina le vallate, mettendo quasi sul chi va la chi sale dalla pianura.  Si staglia con le sue pareti rocciose, che fanno alzare il viso volente o nolente in cerca della cima, attirando durante tutto l’anno migliaia di escursionisti. Sia chi la montagna la vive con passione, sia famigliole per una gita domenicale. Ma molti sono i visitatori che vengono anche dall’estero, attratti sì da un monumento naturale della storia, ma anche da un massiccio suggestivo, incrocio e perno di vallate vicentine e trentine.

Si presenta tanto ruvido e difficile sul lato vicentino, quanto più dolce ed invitante sul lato trentino. Attorno a sé, e parte di sé, un territorio che offre uno spettacolo naturale, capace di cambiare faccia di metro in metro, passando dalla roccia al pascolo verdeggiante in stagione estiva. Nel mezzo una storia, importante, quella della Grande Guerra che si racconta su di una strada militare, fatta costruire in appena nove mesi durante il conflitto.

Nei fianchi e nella pancia  di questo monte sacro cent’anni fa venne ‘scolpita’ la Strada delle 52 Gallerie, opera di ingegneria militare, che consentiva l’approvvigionamento delle truppe italiane. Percorrerla non deve comunque evocare a sé solamente il conflitto. Il Pasubio non richiede eletti, ma rispetto. Per la sua natura, per il suo paesaggio, per la sua storia.

Si parte per le 52 Gallerie
Si parcheggia la macchina a Bocchetta Campiglia, prima di scendere i gradoni che portano al varco delle 52 gallerie.  Ma si può partire anche da passo Xomo, un po’ più in giù, dove i comuni di Posina e Valli del Pasubio s’incontrano e cominciano a giocarsi il territorio.
Serve poco per affrontare l’escursione: pila e scarponi. Consigliato un caschetto per i meno accorti che rischierebbero di cozzare contro il soffitto roccioso delle gallerie, talune volte basso. Si parte affrontando il primo tratto in salita, che conduce al primo imbocco, intitolato al cap Zappa, cominciando così il viaggio che porterà su in quota. In tutto 718 metri di dislivello.

Una camminata di tre ore per affrontare i 6,5 km che portano al rifugio Papa. Capita che a percorrerli la parete rocciosa venga sfiorata con le dita perché, seppure la luce artificiale della torcia faccia da guida, nulla sembra più sicuro del padrone di casa, il Pasubio. Ogni volta che si torna all’esterno nei tratti aperti, il panorama si rincorrere tra paesaggi rocciosi, a volte brulli e a volte col verde della vegetazione, che rapisce la vista.

dal Rifugio Papa verso ‘Sette Croci’
Ancora prima di affrontare la galleria a spirale, quasi a metà percorso, il silenzio diventa padrone. Gli escursionisti procedono in un silenzio, che si lacera di meraviglia e soddisfazione giunti alle Porte del Pasubio. Lì ad accogliere, di persona in persona, il verso di sette corvi imperiali che volano al fianco del rifugio Papa, tappa quasi obbligata per chi cerca ristoro. Ma l’ingrediente più bello, nella pausa dell’escursione, resta quella stella alpina, seppure un po’ sfiorita, sul costone che porta al secondo sentiero da affrontare, che porta a Cima Palon.

 

Un tratto non così frequentato come le 52, ma che vale l’ulteriore mezzora di scarpinata, e altri 166 metri di dislivello, per arrivare alla chiesetta di Santa Maria del Pasubio, in località Selletta ‘Sette Croci’. Un passo in più sulla cima del monte, in territorio scledense per un atto di donazione della giunta provinciale trentina nel 1969. Al suo interno le statue del Cristo e della Madonna delle nevi di Guido Cremasco,oltre alla campana decorata con una Madonna sempre del Cremasco.
Dal piazzale della chiesetta, costruita nel 1961 dai soldati del 9no Artiglieria di Trento e da alcuni operai di Velo d’Astico, si possono vedere i Denti del Pasubio, il fronte dove italiani ed austriaci si affrontarono durante la Grande Guerra.

Tornando sui propri passi, verso rifugio Papa, si fa tappa all’Arco Romano, costruito nel 1935. Un tributo ai caduti in guerra, voluto dal Comune di Schio, costruito all’interno del cimitero militare “Di qui non si passa”, realizzato dai fanti della Brigata Liguria nel corso del conflitto. Non può non attirare l’attenzione la cassa di legno, dipinta di verde, posta all’ingresso, con la scritta “In pietà qui si raccolgono i resti di soldati e reperti bellici”.

Per tornare a Bocchetta Campiglia si percorre Strada Scarubbi, a picco sulla vallata verde, dove ancora oggi si possono notare i resti di malga Pasubiello. Qualche blocco di pietra a disegnarne la piantina, testimone di un passato dove si ‘caricavano’ 50mila ovini durante l’alpeggio.
Percorre Strada Scarubbi è notevolmente meno impegnativo delle gallerie, ma coi suoi quasi 11 km che danno sul versante nord orientale, si può ammirare in lontananza il verde dell’altipiano di Asiago, con l’ossario che fa da guida.

Partendo dalla cima la strada sterrata si snoda in un serpentone, incastonandosi tra le fette di rocca degli Scarubbi, prendendone appunto il nome. Giunti al ‘Fraton‘ la discesa verso Bocchetta Campiglia volge quasi al termine. Lungo il percorso sono ancora visibili delle aperture, che costituivano l’ingresso delle polveriere.

 

Ultimo ristoro in malga
Arrivati alla sbarra, prima dell’inizio del tratto pianeggiante della strada Scarubbi, si trova il bivio che porta a Malga Campiglia dove, da nove anni, l’unica malga nel territorio di Posina e sul confine del Pasubio è tornata a vivere grazie alla passione di Francesco. Toffano.
Ogni anno, durante l’alpeggio, ‘lascia’ la sua San Giustina in Colle nel padovano e apre la malga. Vengono ‘caricati’ mucche ed ovini, offrendo formaggi misti, ricotte fresche ed affumicate, oltre ai salumi, che attirano gli escursionisti.  Un luogo che un po’ alla volta ha subito preziosi interventi di recupero, come l’ex porcilaia che è diventata un punto di osservazione floro-faunistico.

Un giro, nel vero senso della parola, attorno al Pasubio e tra le bellezze del suo paesaggio. A volte ostico, ma disponibile a chiunque voglia mettersi in dialogo con la natura.
Scendendo da Bocchetta Campiglia, e lasciando passo Xomo, vale la pena prendere la direzione verso Posina, con le sue 600 anime divise in 99 contrade, per visitare la chiesetta di Contrà Cervi dove in tempo di guerra i soldati sostavano in preghiera, prima di recarsi sulla linea calda del fronte.

Paola Viero

 

 

 

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