32 anni, 6 stazioni e oltre 94 uomini al suo comando. Sono questi i numeri del Capitano dei Carabinieri Jacopo Mattone, dal 2018 al timone della Compagnia di Schio dopo un triennio al comando del Nucleo Operativo e Radiomobile di Cerignola (Foggia), una terra ad alto tasso di criminalità, quasi una palestra di roccia per il percorso del giovane Capitano.

Uno sguardo attento, di quelli abituati a non perdere di vista nemmeno il più piccolo dei dettagli: un portamento autorevole e sicuro che quasi minimizza il fattore anagrafico. Conosce già bene il territorio che sovrintende il Capitano nato a Roma nel 1989, dati alla mano pronti ad essere citati al bisogno a testimonianza di uno studio continuo che va ben oltre l’ufficio assegnato.

“Mi confronto quotidianamente coi miei uomini, i loro suggerimenti sono per me fonte di arricchimento” – rivela però quasi inaspettatamente, tradendo quell’umanità che invece è molto più presente di quanto le prime impressioni potrebbero dire. “Li ringrazio per quanto fanno, in loro c’è esperienza e conoscenze che vanno oltre i gradi” – dichiara con orgoglio e riconoscenza – “solo un lavoro corale può portare a risultati e di questo ne sono consapevole”.

Stiamo uscendo da un anno pesante e impegnativo: voi rappresentate agli occhi dei cittadini gli ‘esecutori’ di normative e restrizioni non facili da far rispettare. Ci racconta brevemente come avete assolto il vostro dovere e che risposta ha trovato nel territorio?

“Durante il periodo in questione il Comando Provinciale CC di Vicenza ha massimizzato la presenza di pattuglie sul territorio per garantire il maggior numero di controlli per il rispetto delle normative anticovid, affrontando la tematica sia con decisione che con umanità e comprensione nei confronti dei cittadini con cui entravamo in contatto. Ritengo che la sfida maggiore sia stata quella di contemperare questo tipo di attività ispettiva con l’esigenza di garantire comunque un servizio costante di ricezione denunce e conseguente svolgimento delle indagini collegate. Personalmente, valutato il numero di sanzioni elevate giornalmente rispetto al numero di controlli effettuati, ritengo che nel territorio dell’Alto Vicentino che ricade sotto la Compagnia di Schio la risposta della cittadinanza al rispetto delle normative imposte sia stato molto buono”.

Droga, furti, estorsioni: l’alto vicentino è un posto apparentemente tranquillo, ma basta non soffermarsi ad un’analisi superficiale per vedere che sussistono delle problematiche e delle situazioni che destano qualche preoccupazione anche a livello sociale. Cosa la preoccupa maggiormente e come vi state muovendo?

“L’Alto Vicentino, nel complesso, si può sicuramente ritenere un luogo decisamente soddisfacente, dal punto di vista dell’ordine e sicurezza pubblica, soprattutto se si confrontano i dati rispetto alla media nazionale, ma ovviamente non è immune da alcune tipologie di reati, in particolare contro la persona e/o il patrimonio.

Le tipologie di eventi che maggiormente ci impegnano riguardano le attivazioni dei protocolli di ‘Codice Rosso’, il contrasto ai reati predatori, in particolare furti in abitazione e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Tra l’altro, queste tipologie di reato possono, a volte, essere collegate tra loro, poiché un abuso di sostanze stupefacenti può portare, nei casi più gravi, ad un’escalation di comportamenti violenti con le persone conviventi e alla commissione di atti predatori al fine di procurarsi oggetti di valore necessari all’acquisto della droga. Da questo punto di vista il monitoraggio è costante specie verso il mondo dei giovani, un impegno continuo a non mollare il territorio dove un pericoloso mercato di sostanze a basso costo potrebbe innescare una maggiore appetibilità da parte anche di adolescenti che una volta divenuti assuntori si potrebbe offrire nel ruolo di galoppino”.

A proposito di questioni sociali, il vostro lavoro è fatto anche di tanta opera preventiva. Scuole e incontri soprattutto con i giovani: quali sono le reazioni, le curiosità e come le pare reagiscano i ragazzi?

“Da sempre l’Arma dei Carabinieri riconosce fondamentale importanza alla cultura della legalità, realizzando incontri in materia negli Istituti scolastici. Anche in questo periodo l’impegno non è venuto meno, organizzandosi per poter effettuare tali incontri in DAD con il supporto dei docenti incaricati.

Tali sessioni vengono seguite attentamente dai ragazzi poiché si affrontano tematiche di attualità come il contrasto al bullismo e cyberbullismo, alla diffusione di sostanze stupefacenti e ai comportamenti pericolosi perseguiti dal Codice della Strada. L’importante è riuscire ad immedesimarsi negli adolescenti a cui ci si rivolge per cercare di proporre un dialogo accattivante dal loro punto di vista, toccando gli argomenti che più interessano loro e chiarendo molteplici aspetti, sfatando inesattezze e luoghi comuni ad essi collegati”.

Parlando di ragazzi, lei stesso nonostante un curriculum ragguardevole e un incarico di rilievo è ancora molto giovane. Mi racconta come nasce il suo avvicinamento all’Arma e perché a suo avviso nel 2021 un ragazzo o una ragazza dovrebbe intraprendere un percorso nei Carabinieri?

“La passione per il mondo militare è nata già da adolescente, tanto da indurmi a frequentare il liceo scientifico presso la Scuola militare ‘Teulié’ di Milano. Con l’esperienza maturata durante quegli anni ho capito che quella vita era ciò che faceva per me, ma allo stesso tempo volevo essere impegnato in qualcosa che mi consentisse di mantenere un contatto con il mondo civile e che mi desse un riscontro immediato e costante dell’utilità del mio operato verso la cittadinanza; in tal senso, la professione del Carabiniere è ciò che rispecchia perfettamente questo ideale progetto di vita”.

Del vostro operato spesso si percepisce solo la parte più ‘eclatante’: raid, pattugliamenti, arresti, sanzioni…ma in realtà il ‘dietro le scene’ è fatto anche di tanto lavoro di psicologia, in taluni casi anche di assistenza ‘sociale’. Ci racconta un po’ il lato meno noto della sua professione?

“Ritengo che la parte più importante di questo lavoro sia proprio l’ascolto: non di rado capita che in caserma si presenti qualcuno (soprattutto anziani) che abbisogna di aiuto per problemi che non afferiscono minimamente alla nostra sfera di competenza. Ciononostante ci prodighiamo per fare quanto possibile per venire incontro alle esigenze prospettate perché ci rendiamo conto che a volte –  e mi riferisco soprattutto ai piccoli abitati – siamo l’unico punto di riferimento “istituzionale” sul territorio. Al riguardo, mi vengono in mente le iniziative adottate dall’Arma rivolte alle persone anziane, quali il servizio di ritiro della pensione presso gli Uffici Postale o “un click di solidarietà”, per fornire assistenza nelle operazioni di prenotazione del vaccino anti-covid.

Per ciò che riguarda, invece, la parte più ‘tecnica’ del nostro lavoro (con riferimento ad indagini, denunce ed arresti), va evidenziato che ciò che viene reso di pubblico dominio costituisce solo una percentuale minima del lavoro nel suo complesso.

La gran parte dell’attività connessa ai casi che trattiamo, infatti, fa riferimento ad elementi investigativi e/o soggetti coinvolti a vario titolo che chiaramente non possono essere resi pubblici a causa della necessaria segretezza da mantenere sulle indagini. Ciò che normalmente viene condiviso con le testate giornalistiche sottende una mole di lavoro assai più consistente”.

Marco Zorzi

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia