E’ drammatico e accorato l’appello lanciato nei giorni scorsi dalla Federazione Italiana Scuole Materne del Veneto, l’Associazione che rappresenta le cosiddette scuole dell’infanzia paritarie. La Regione ha in previsione per il 2016 una drastica riduzione del 60% dei contributi erogati annualmente, taglio che metterebbe in ginocchio tutti gli asili e i nidi paritari. “Allargherebbe lo svantaggio già esistente con le scuole pubbliche – scrive Stefano Cecchin, Presidente FISM Veneto – e non potremmo sopportare un taglio così netto”.

In Italia le cosiddette scuole paritarie (o private) sono asili od asili nido formalmente privati, dato che la direzione è in mano a privati, parrocchie o associazioni, ma di fatto sostanzialmente pubblici, poichè non vi è alcuna preclusione di sorta per accedervi. Esse sono un istituto che si è radicato nel tempo all’interno delle comunità, soprattutto quelle più piccole, tanto da accogliere addirittura 2/3 dei bambini veneti dai 3 ai 6 anni, essendo l’unico tipo di istituti pre-elementari presenti nel 45% dei comuni della regione. Svolgono una essenziale funzione formativa e vivono dei contributi erogati annualmente dallo Stato (MIUR), dalla Regione e dai singoli enti locali.

 “La FISM Veneto è molto preoccupata perché il Governo Regionale non assicura di riproporre nel bilancio 2016 gli stanziamenti consolidati negli ultimi anni – prosegue Cecchin – anzi hanno segnalato la possibilità di tagliare del 60% l’interno ammontare di 42 milioni abbassandolo a 16 complessivi. Un provvedimento del genere mette tutti a rischio: i gestori di queste scuole che si chiedono se valga le pena affaticarsi per supplire a una carenza pubblica, le famiglie che pagano una retta altissima, e il personale docente che ha contratti scaduti da tempo, che dovrebbe essere licenziato ma rimane grazie all’impegno dei singoli amministratori”.

“Come genitori siamo convinti che le paritarie siano un patrimonio civile e morale, ricchezza e particolarità del nostro territorio – conclude – che se venisse meno impoverirebbe la democrazia, la socialità e la cooperazione”.

Federico Pozzer

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