Coltivazioni di rapanelli, insalata e anche pomodori, lo spazio può anche trasformarsi in una serra e dare vita agli alimenti.

La conferma arriva da Cesare Lobascio, ingegnere e capo della sezione Ambiente spaziale e Habitat di Thales Alenia Space a Torino, che durante la serata ‘Aggiungi Spazio a tavola’ organizzata dal Rotary Club Schio Thiene nella splendida cornice di Villa Godi Malinverni, ha spiegato l’importanza del ‘volo umano’ nello spazio e le ripercussioni sulla quotidianità sulla terra e la ricerca.

Da anni, nel ‘centro spaziale’ di Torino, si studia infatti il modo di poter produrre vegetali nello spazio.

“Quando Samantha Cristoforetti era nello spazio le è stato chiesto che cosa desiderasse di più – ha spiegato Lobascio – Lei ha risposto ‘una bella insalatona, con lattuga fresca e pomodori’. Questo per spiegare l’importanza dell’alimentazione che caratterizza la quotidianità sulla terra”.

AstroSamantha sa bene che ci sono persone che saranno presto in grado di realizzare il suo sogno. Ed è proprio da Torino che partono gli studi, che in molti casi si sono già trasformati in realtà.

Il progetto rientra in una fase di sviluppo del volo spaziale umano che va ben oltre la stazione spaziale Iss, che dista ‘solo’ 400 chilometri dalla terra. Progetti di voli che puntano verso Marte e che saranno destinati ad avere la luna come (eventualmente) semplice punto di passaggio.IMG_1572

“Se il viaggio umano è breve gli astronauti si portano i rifornimenti dalla terra – ha sottolineato Lobascio – ma se il viaggio diventa lungo, è necessario studiare sistemi alternativi”.

Come la creazione di alimenti, ad esempio, o la più difficile da concepire ‘rigenerazione dei liquidi’.

Acqua che si trasforma in pipì e pipì purificata che torna ad essere acqua, per dirla in parole povere.

Per coltivare piante nello spazio si usano tecniche idroponiche simili a quelle che si usano sulla terra: forniscono minerali e acqua, ma con la differenza che nello spazio manca la gravità e questo influisce sullo sviluppo delle piante. C’è però una seconda e anche più problematica differenza. “Sulla terra il ciclo del consumo del cibo è lineare – ha raccontato Lobascio – Il cibo si trasforma in rifiuti, che devono essere eliminati. Nello spazio invece il ciclo deve essere chiuso e questo significa che il rifiuto deve rigenerarsi in una nuova risorsa”.

Tecniche che possono aiutare anche gli esseri umani destinati a vivere per sempre sulla terra e soprattutto coloro che vivono in zone svantaggiate o inospitali, che da coltivazioni ‘fantascientifiche’ possono solo trarre vantaggi.

“SI pensi alle zone dove scarseggia l’acqua – ha spiegato Lobascio – O a quelle zone dove c’è un alto tasso di inquinamento e difficoltà a rigenerare l’aria. Le piante, ad esempio, ripuliscono l’acqua e rigenerano l’aria. Con lo studio dell’alimentazione nello spazio, puntiamo ad un sistema biorigenerativo. Il futuro è riuscire a produrre piante e vegetali ingegnerizzati, come un arbusto di pruno super-carico di frutti, o un melo che produca mele in quantità. Un altro scopo fondamentale dello studio alimentare nello spazio che avrà notevoli ripercussioni per la vita sulla terra – ha concluso l’ingegnere – è il riciclo delle risorse e la miniaturizzazione degli alimenti”

Anna Bianchini

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