Nel ballottaggio del 2014 raddoppiò i voti presi al primo turno e agguantò una vittoria ‘storica’ contro lo sfidante Dario Tomasi sindaco ‘in pectore’ forte di una percentuale oltre il 45%. Nel 2019 non c’è stata storia e ha conquistato il secondo mandato a botta secca.

E’ il sindaco di Schio Valter Orsi, 56 anni fra pochi giorni, temerario dopo aver staccato la spina coi partiti nel 2010 e aver deciso di correre da battitore libero: di lui si dice che a dispetto delle apparenze sappia ascoltare anche i consigli di chi non gli è propriamente vicino, anche se da buon emiliano nel momento in cui si sente con le spalle al muro o peggio preso in giro non esita a passare all’attacco anche con una certa veemenza.

Al giro di boa del suo impegno amministrativo al timone della città più popolosa dell’alto vicentino, siamo andati a fare il punto della situazione e lo troviamo nel suo ufficio di Palazzo Garbin anche se è sabato.

Questo suo secondo mandato si è caratterizzato soprattutto per la presenza di un’emergenza pandemica senza precedenti. Mi racconta come è stato fare il Sindaco in quella situazione?

“Guardi, mi ricordo ancora quando il sabato della sfilata di carnevale a febbraio 2020 fummo convocati d’urgenza dal Prefetto. Tornai a casa con una brutta sensazione: dovetti subito comunicare l’annullamento della parata di domenica. Non furono giorni facili, tenere i nervi saldi nella confusione anche normativa, spesso contradditoria: pensavo alle attività commerciali, alle famiglie, agli studenti. Dovemmo accantonare tanti progetti e destinare tutto alle necessità di un’emergenza che ci coglieva tutti impreparati: posso solo che ringraziare le tantissime associazioni che sono state il nostro braccio operativo e che ci hanno aiutato a non lasciare soli i nostri cittadini. Ci abbiamo provato anche noi attraverso contributi e buoni alimentari, ma pensi che abbiamo dovuto fare i conti con le entrate che da 6 milioni di euro si sono dimezzate a 3. Oggi mi rendo conto che è stato come lavorare il triplo, non dimentichiamo l’aspetto sociale, l’inasprimento dei rapporti: spesso ho dovuto fare il pacificatore di animi comprensibilmente esasperati, ma ripeto, ho trovato anche tanta collaborazione e solidarietà”.

La pandemia, a proposito, ha forse messo in evidenza ulteriori problematiche nel nostro sistema sanitario, ma lei dai toni anche accesi di qualche anno fa con l’arrivo del nuovo Dg Bramezza è sembrato invece assumere un atteggiamento più  morbido, sbaglio?

“Sono stato duro quando è servito, oggi devo ammettere che un profilo più collaborativo è forse più proficuo. Bramezza ha ereditato tanti problemi, ma è innegabile lo sforzo che ha compiuto e i risultati cominciano a vedersi. Poi voglio essere chiaro: le responsabilità sono di tutti, non solo della politica, tutta la politica, che negli anni passati ha taciuto di fronte a tagli e misure evidentemente sbagliate. E pare che non sia finita qui, dato che l’attuale governo ha in animo altre sforbiciate, ma con poche eccezioni questo esecutivo lo sostengono tutti. Con chi dovrei prendermela? La vedo anch’io la carenza di medici e di infermieri, ma vedo anche che su tante situazioni in molti hanno messo la testa sotto la sabbia. Oggi ci si lamenta, ad esempio, dell’esplosione delle strutture private, ma io non ho mai assistito ad un confronto utile su queste realtà. E potrei continuare…”

Si riferisce al fatto che proprio sui temi sanitari è dove i suoi oppositori l’hanno colpita di più? Mi racconti come sono i rapporti con le sue minoranze.

“Specie in questo secondo mandato ho cercato molto la collaborazione, io non  sono un politico di professione. Eravamo anche partiti bene, ma poi è forse venuta meno la lealtà: se una proposta è buona, è buona chiunque la metto sul tavolo. Ma non sopporto chi strumentalizza e mi ferisce chi mette in dubbio l’onestà intellettuale, penso l’eredità più grande che mi ha lasciato mio padre”.

E’ raro sentirla fare un accenno alla sua sfera privata. Ne approfitto: lo sa che si dice che è probabilmente il primo cittadino più amato dalle donne nel vicentino?

“Perbacco” – arrossisce quasi schernendosi – “mi fa piacere e lo scopro oggi non senza sorpresa, forse perchè da buon emiliano dò importanza alla galanteria e alle buone maniere un po’ cadute in disuso. La verità – torna molto serio – è che ho una figlia meravigliosa e una compagna alla quale sono molto legato da qualche anno. Ho avuto una vita sentimentale turbolenta, ma grazie a lei ho trovato equilibrio e serenità: non parlo mai di questo proprio perchè è una dimensione che preferisco vivere in modo intimo, un po’ la mia isola.

Torniamo alle cose di ‘questo’ mondo allora. Sempre a proposito della minoranza, c’è un PD molto attivo sul discorso viabilistico e soprattutto ferroviario. Lei come si sta muovendo viste anche le risorse del PNRR?

“Ancora con Variati Presidente della Provincia, la tratta Schio – Vicenza fu individuata come asse di alimentazione dell’alta velocità e per poco sfiorammo un grosso contributo di milioni di euro. Riconosco il buon  lavoro fatto dal Pd cittadino, sono stato presente anche ad alcune iniziative, ma ci sono alcuni limiti visibili anche dal loro rendering che non coglie alcune criticità importanti. Personalmente ho raccolto intorno ad un tavolo tutta la politica e le categorie, c’è un buon dialogo con RFI: bisogna però che atterrino le risorse e personalmente, vado controtendenza sul peso che molti danno ai miliardi del PNRR: la programmazione europea ne fa ballare 550 contro i 138 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma serve concertare in primis con la Regione. Sono orgoglioso di quanto fatto, con gli uffici abbiamo anche realizzato tante simulazioni: diciamoci la verità, anche in questo però la politica è contradditoria. Io lavoro magari coi miei limiti ma in modo coerente, il PD nazionale non ha sostenuto la Schio – Vicenza come invece emerge hanno fatto ad esempio Italia Viva e Lega. E sfatiamo una diceria: non ho mai detto che la stazione verrà spostata o chiusa”.

Abbiamo concluso: mi dica però un’ultima cosa senza girarci intorno. Quando termina di fare il Sindaco cosa farà?

“Le faccio io una domanda. Per andare avanti è evidente che dovrei accasarmi, e io le chiedo, con chi? Sono uscito dal sistema dei partiti e senza rinnegare il mio passato sono fiero di averlo fatto. Non mi vedo a fare il ‘vecchio’ sindaco che si candida nella squadra del nuovo magari per fargli ombra: credo proprio che tornerò al mio lavoro. Sono contento così”.

Marco Zorzi

Un piccolo Valter Orsi, a destra, sfollato con la famiglia per l’esondazione del Po

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