di Alberto Leoni
Nascerà la città dell’Alto Vicentino, 200 mila anime, oltre 16 mila imprese, in gran parte manifatturiere, con oltre 120 mila occupati, un sistema di aziende partecipate tra i più efficienti del Veneto, con Avs e Ava in evidenza?
Il forte incentivo del POR previsto dal Fesr 2014-2020, asse 6, in sei azioni specifiche (egovernment, trasporto rotabile, edilizia residenziale pubblica, cohousing per persone in povertà estrema) e dedicato nella fase iniziale all’egovernment tra i 38 comuni dell’area, può favorire la costruzione di questa unica città dell’Alto Vicentino, destinata a diventare la quarta del Veneto.
Grazie alla coesione istituzionale, dimostrata dai Sindaci degli ultimi 20 anni, l’Alto Vicentino gestisce in forma associata servizi di grande rilievo, con buoni risultati tecnici ed economici (dall’acqua e dalla depurazione, al ciclo dei rifiuti, alla polizia locale, al socio sanitario, alle connessioni informatiche).
Anche nella gestione del territorio si sono creati i Pati per armonizzare gli strumenti pianificatori (Piani degli Interventi) dei singoli comuni e garantire la conservazione del territorio, dei beni storici, dell’acqua e dell’aria, l’oculata gestione di nuove unità residenziali, il recupero delle zone industriali.
Ora si apre una triplice sfida culturale economica e amministrativa.
La sfida culturale tocca l’identità collettiva: in un mondo globale serve pensare globale ma agire localmente. Serve non rimuovere le proprie radici, non dimenticare mai chi eravamo noi cittadini dell’alto vicentino…..
La cultura del nostro territorio è una cultura che, pur inevitabilmente inserita nella cultura “globale”, con i pregi ed i limiti dell’evoluzione economica, vive alcune specificità del passato, legate al mondo rurale, quasi come un riflesso condizionato. È vero che il cattolicesimo “scorreva nelle vene e si imprimeva nella memoria” dei nostri cittadini: e da esso si alimentava il culto della famiglia, il culto della laboriosità, la generosità e la voglia di essere utile.
“Era fondata su valori solidi sentitamente vissuti, solidali anche perché bisognosa del reciproco aiuto; conservatrice di beni naturali e di conquiste materiali. Fatta di uomini che lavoravano caparbiamente affrontando tutte le difficoltà, ma che sapevano accettare le sconfitte ed erano consapevoli che la morte fa parte, per legge, della vita”. Era una cultura viva, non supinamente prona a subire tante proposte che vengono dal di fuori le quali disturbano, sviano, appiattiscono tutti. È la cultura che ha guidato il passaggio dall’economia agricola, all’economia mista prima, a quella industriale e artigianale poi, che ha legato le persone ai propri campanili; che ha prodotto “una fabbrica per campanile” e nel sistema dei servizi “un ospedale o una Casa di Riposo per campanile!” Di quella cultura restano, nell’Alto Vicentino, tre elementi importanti: il culto della laboriosità e del fare la voglia di essere utile, l’attaccamento alle proprie radici.
La sfida economica alimenta la creatività, la visione tecnica di alto profilo di una parte del sistema manifatturiero. Quest’ultimo ha investito anche in anni di crisi, ha grande capacità nell’affrontare i mercati (l’export ha un trend in aumento negli ultimi 5 anni) alla quale ,talora, corrisponde un affievolimento delle istituzioni nell’accompagnare e sostenere questo sviluppo.
Il nostro è un territorio che ha vissuto uno sviluppo economico tumultuoso.
Uno sviluppo che sembrava essersi inceppato con la grande crisi del 2008 e con la recessione del 2011. Ma che conta ancora su 16.000 unità produttive nei 38 Comuni , gran parte delle quali imprese individuali; operanti soprattutto nel manifatturiero, nelle costruzioni e nei servizi, con un’occupazione complessiva pari al 60% della popolazione attiva e con un tasso di disoccupazione dimezzato rispetto alla media nazionale.
E’ un territorio dove oltre l’80% dei cittadini ha un’abitazione in proprietà, dove ogni 1.000 abitanti c’è uno sportello bancario, oggi un po’ più malandato di ieri.
E’ un territorio che ha visto concentrarsi quasi l’8% dell’industria Veneta, fino alla fine degli anni ’90, e che oggi ha davanti a sé la sfida di valorizzare l’ambiente e di garantire la riqualificazione dei propri beni. Queste due sfide infatti, per un’area come l’Alto Vicentino, sono un vantaggio competitivo per attrarre e mantenere sul posto cittadini (per la prima volta in diminuzione tra il 2010 ed il 2015) professionalità, iniziative economiche.
Nel XVIII e XIX secolo i primi insediamenti proto-industriali si distribuirono lungo la Pedemontana proprio per la qualità dell’ambiente naturale (le risorse idriche in particolare) e questo portò un vantaggio competitivo importante. Poi lo è stata la minor congestione urbana rispetto ad altre aree.
Nel prossimo futuro potrebbe esserlo un nuovo ciclo produttivo legato a tecnologie avanzate e pulite, allo sviluppo tempestivo del progetto Azienda digitale 4.0, o ad un’agricoltura di qualità, alla ricomposizione urbanistica collegata alle tutele idrogeologiche delle parti più fragili, ad un turismo di nicchia alimentato dall’enogastronomia e dall’agricoltura di qualità, dal patrimonio artistico esistente ,messo in rete con i circuiti più importanti, alimentato dalla cultura con i parchi letterari e musicali da lanciare nei circuiti nazionali.
E potrebbe esserlo con un sistema commerciale che recupera sulla grande distribuzione attraverso la qualità dell’offerta e con l’indotto turistico organizzato; con una formazione scolastica e professionale già oggi di buon livello che dovrà meglio integrarsi con il sistema produttivo e terziario per mantenere in loco i nostri giovani. Alternanza scuola lavoro, Erasmus anche alle Superiori, bottega scuola artigianale, contenuti didattici moderni, sono possibili strumenti utili.
La sfida amministrativa, che parte da una posizione di vantaggio, deve andare oltre l’esistente.
Costruire una città unica, mantenendo i municipi (alcuni gradualmente si fonderanno nei prossimi tre anni) significa intanto avere un organismo di governo nella Conferenza dei Sindaci in grado di impostare e condividere tutte le principali questioni sovracomunali; far interagire i sistemi informatici dei singoli municipi; utilizzare le professionalità dei comuni in ambito intercomunale favorendo forme di rotazione del personale tra comune e comune; gestire in modo unitario gli affidi dei servizi.
Significa usare il Pati in modo sempre più “spinto” perché questo è lo strumento essenziale della gestione territoriale necessario a rimarginare le ferite laceranti del territorio, a riqualificarne gli angoli compromessi dallo sviluppo; garantire una risposta coordinata alla mobilità che sarà la vera grande priorità non appena la Autostrada Pedemontana funzionerà, assieme alla stabilizzazione del governo del sistema sanitario oggi fonte di preoccupazione, e alla gestione unitaria e completa di tutti i servizi sociali affidata all’Azienda Ulss 7.
Una Conferenza dei Sindaci “forte” di questo ruolo di cabina di regia e di organizzazione di risposte sovracomunali, diventa pertanto la scelta istituzionale principale,coadiuvata dalle rappresentanze economiche e del volontariato più rappresentativo, nei vari settori. Il nuovo “Consiglio Comunale” della città unica.
Una città che dovrà affrontare anche la sfida di avere una propria “cassaforte” finanziaria. Il rilancio della già esistente Fondazione di Comunità (sede a Montecchio Precalcino e sin qui orientata prevalentemente sul sociale) anche in ambiti economici, formativi, turistici, sul modello delle Fondazioni lombarde, sarà alimentato da un utilizzo diffuso della responsabilità sociale d’impresa, da risorse dedicate da specifiche progettualità europee e nazionali, da un uso selettivo e coordinato del 5 per mille.
Alberto Leoni