La lettera, firmata, arriva da Torrebelvicino. Un nostro lettore che racconta una storia emblematica non di malasanità, ma di sanità “ritardata”, “rallentata”, tutt’altro che immediata nel rispondere alle esigenze del paziente. Un solo caso nell’oceano di prestazioni erogate, certo. Eppure c’è. Ed è una storia che stride ancor di più

se messa accanto alla parole del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che appena la scorsa settimana commentava con toni entusiastici la notizia dell’abbattimento delle liste d’attesa nella Ulss 4 Alto Vicentino, con un’eccellenza salita fino al 94,7%. “Quello delle attese per una prestazione è uno dei punti più sensibili del rapporto tra persone e organizzazione sanitaria, ed è quindi una priorità per tutti fare in modo che esse siano ragionevoli e che i parametri vengano rispettati” – concludeva Zaia.

Il nostro lettore, C.D.M., non rientra evidentemente in quel 94,7%. E scrive: “Vorrei raccontare la mia esperienza con il servizio sanitario in questi mesi. E tengo fortemente a precisare che tutto il personale ospedaliero con cui ho avuto a che fare in questi mesi si è dimostrato molto professionale e gentile. Riassumo in breve: a settembre del 2013 mi sottopongo a varie visite per problemi intestinali. A gennaio 2014 devo fissare appuntamento per una colonscopia, visto che non mi è stato trovato niente e i disturbi persistono. Mi reco presso il polo ospedaliero Alto Vicentino di Santorso con la ricetta del medico con dicitura ‘urgente’. Mi viene dato appuntamento per la metà di giugno: più di 5 mesi di attesa. Faccio notare la dicitura ‘urgente’ sulla ricetta, ma l’operatrice dello sportello gentilmente mi spiega che ‘non serve più che il medico di base scriva urgente, perché è il primario che definisce e decide gli appuntamenti’. Poco male, aspetterò”.

“Dopo un mese circa l’ospedale mi telefona per anticipare la data dell’esame al 14 maggio data in cui mi sono effettivamente recato a fare la colonscopia. Purtroppo, per mia colpa, non mi ero preparato bene e così l’esame deve essere ripetuto. Quindi nuovo appuntamento al 30 giugno prossimo. Ancora un mese e mezzo di attesa, ma ripeto, per mia colpa”.

“Arriviamo a domenica 25 maggio, pochi giorni fa. Facendo la doccia scopro un gonfiore vistoso nella parte alta dell’inguine che il giorno prima non avevo. Lunedi 26 maggio sono dal mio medico di base che diagnostica un’ernia inguinale destra (che causa il gonfiore) e una inguinale in via di sviluppo a sinistra. Ricetta per visita chirurgica: telefono per fissare un appuntamento e quando l’operatrice mi dice che il primo posto disponibile è a gennaio 2015 sospiro e dico: grazie lo stesso, ma non posso aspettare cosi tanto. Morale: venerdì prossimo, 30 maggio, andrò in privato a fare questa visita chirurgica perché proprio non posso aspettare sette/otto mesi con un’ernia gonfia e un’altra in via di sviluppo. Devo lavorare per vivere, come tutti. E se l’ernia peggiora cosa mangiamo a casa mia? Per la colonscopia invece andrò in privato mercoledì 4 giugno perché ammetto di essere psicologicamente stressato e preoccupato di non sapere da mesi di cosa soffro. E saperlo 26 giorni prima c’è differenza, almeno per me”.

La conclusione del nostro lettore è amara: “Io in qualche modo, anche se economicamente in questi periodi di crisi la situazione è difficile (faccio l’artigiano, da sempre), riesco a pagarmi le visite in privato e ad accelerare i tempi. Ma se succedesse ad altre persone che non hanno la mia fortuna di lavorare cosa potrebbe succedere? Penso che se il male progredisse sarebbero costretti ad andare al pronto soccorso dove a fronte di evidenti urgenze si riceve l’assistenza immediata. Ma a volte anche queste situazioni di urgenza si potrebbero evitare”.

di redazione Thiene on line

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