«Non mi sono mai visto seduto». È questo il pensiero che scatta nella mente di Michel Roccati, atleta e imprenditore italo-tedesco, dopo l’incidente in moto che nel 2017 gli provoca una lesione midollare completa. I medici sono chiari: non tornerà più in piedi. Una diagnosi netta, apparentemente definitiva. Ma per Roccati quella frase non diventa una fine. Diventa un punto di partenza. Qualcosa si accende subito nella sua testa, una determinazione fuori dal comune che lo spinge a non accettare l’idea di una vita immobile. Quella stessa determinazione lo porterà, contro ogni previsione clinica, a rialzarsi e a camminare, diventando il primo paziente al mondo a riuscirci con una condizione medica così grave. E oggi lo spinge ancora oltre: la prossima, ma non ultima, sfida è scendere sulla neve, in piedi. Il progetto ha un nome preciso, Beyond Human Potential, e accanto a Michel c’è Tommaso Balasso, ex guida paralimpica plurimedagliata, maestro di sci di Schio, fondatore della scuola di sport adattati Scie di Passione e della palestra Hopen Space, dedicata allo sport e all’inclusione, soprattutto – ma non solo – per persone affette da malattie degenerative. Insieme hanno deciso di spostare il confine tra ciò che è considerato possibile e ciò che, semplicemente, non era mai stato tentato. Il percorso di Michel passa dalla scienza più avanzata. Nel suo corpo è stato impiantato un sistema di stimolazione elettrica epidurale: una linguetta elastica con micro-elettrodi inserita tra le vertebre, collegata a un pacemaker sottocutaneo nell’addome.

Il dispositivo comunica via Bluetooth con un tablet su cui sono caricati diversi programmi che permettono di camminare, salire le scale, modulare l’attivazione dei gruppi muscolari coinvolti. «È come una centralina di un’auto», spiega Roccati. «Posso regolare la potenza. Per questo mi sento un cyborg: mi accendo, mi spengo, mi metto sotto carica». A dicembre il giovane si sottoporrà a un nuovo intervento per inserire un pacemaker più performante, che dovrebbe aumentare ulteriormente sensibilità e fluidità del movimento. Ma ridurre tutto alla tecnologia sarebbe fuorviante. Michel si allena ogni giorno, anche due volte al giorno, studia il funzionamento del cervello, lavora sulla fisioterapia e sulla visualizzazione mentale per non dimenticare come si cammina. «La tecnologia da sola non basta», sottolinea. «È un’interazione al 50 per cento: senza l’uomo non funziona». Il terzo pilastro del progetto è la macchina. Un sistema customizzato che utilizza biomeccanica, intelligenza artificiale e controllo neuro-muscolare per accompagnare il corpo nella postura verticale e favorire il movimento sulla neve in sicurezza. «È un attrezzo speciale – racconta Balasso – che stiamo tagliando, saldando, modificando, ristrutturando. Facciamo di tutto per portarlo a essere davvero performante». Una delle caratteristiche più paradossali e affascinanti di Beyond Human Potential è proprio questa: un’idea estremamente innovativa che prende forma anche attraverso un lavoro artigianale, fatto di prove, aggiustamenti e soluzioni costruite sul campo. Il progetto apre inevitabilmente a una riflessione più ampia, che tocca filosofia ed etica, fino al tema del transumanesimo. «Ci stiamo affacciando a un’era in cui uomo e macchina si stanno fondendo, ed è già scritto», afferma Balasso. «Oggi Michel fa le scale. Tra cinque anni correrà. È solo questione di tempo». Uno scenario che apre prospettive impensabili ma solleva anche interrogativi su disuguaglianze, identità umana e controllo tecnologico. «Il punto non è fermare il progresso», aggiunge Balasso, «ma dare un’etica all’utilizzo di queste tecnologie».

Per Michel il progetto è transumanista, ma con un dettaglio fondamentale: «È un’interazione dinamica. La tecnologia mi permette di alzarmi in piedi, ma io ho imparato a governarla. Così la senti più naturale, la accetti davvero». Beyond Human Potential non è quindi una corsa al limite fine a se stessa, ma un laboratorio umano e scientifico che guarda al futuro con consapevolezza. La partenza ufficiale del progetto è stata il 19 ottobre al Milano Mountain Show. Nordica Ski ha fornito sci e scarponi modificati ad hoc secondo le indicazioni di Balasso. L’obiettivo è arrivare a fine febbraio, nel periodo olimpico e soprattutto paralimpico, per tentare la prima discesa in autonomia. La location è già definita: Folgaria, sull’Alpe Cimbra, su una pista semplice. La parte più complessa sarà riuscire a impostare le curve, perché oggi Michel non riesce ancora a innestare un’azione rotatoria autonoma. Servirà trovare nuove soluzioni, definire programmi sempre più precisi sul tablet, lavorare sull’integrazione tra sci e stimolazione.

Accanto alle difficoltà tecniche, c’è però un entusiasmo contagioso. Professionisti che si mettono a disposizione volontariamente, tempo e competenze offerte senza tornaconto. «Ho trovato un’energia incredibile», racconta Balasso. Per Michel, invece, la parte più semplice è stata l’incontro umano: «Accettare la sfida è stato naturale. Siamo due teste matte abbastanza». Due teste matte che stanno portando avanti un progetto innovativo ma estremamente concreto, allo stesso tempo umano e futuristico, raccontato anche in un docufilm in uscita a fine febbraio. Beyond Human Potential non è una storia di miracoli, ma di futuro che ha già iniziato a camminare. E questa volta la scienza non guarda avanti: ci è già dentro.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia