La violenza ha tanti volti. Tanti modi per piegare le vittime. Fa male, uccide, domina, abusa. Da sempre insegnano che al minino segnale si denuncia. Sempre. Perché le vittime devono essere libere e chi fa del male deve essere fermato. Da sempre insegnano ad avere fiducia nelle istituzioni. Ma poi capita che qualcosa vada storto. Come ad una bambina dell’Alto Vicentino che viene molestata. Non arriva la macchina dei carabinieri e in Procura a Vicenza viene depositata una denuncia per procurato allarme contro ignoti: l’ha fatta il sindaco del paese in cui vive la bambina. Ha letto l’articolo che racconta la vicenda e ritiene sia tutto falso. Una denuncia che alla violenza aggiunge altra violenza.

Cosa è successo. La bambina la chiameremo Roberta: nome di fantasia per tutelarne l’identità. Sempre per proteggere la bambina non diremo in quale Comune dell’Alto Vicentino è accaduto il fatto. Vedremo come i ‘basta alla violenza’ e i ‘denunciate sempre’, a volte, vengano calpestati dal mancato intervento dei carabinieri  e da un sindaco che denuncia per procurato allarme perché per lui tutto sarebbe stato inventato dalla giornalista e dal giornale. Una denuncia che, paradossalmente, potrebbe colpire anche la mamma di Roberta che ad una nostra giornalista racconta di come sua figlia, una bambina, sia stata molestata da alcuni uomini. Di come abbia cercato subito aiuto, chiamando i carabinieri. Una, due telefonate. Alla prima cade la linea, la seconda dura 2 minuti e 58 secondi e si chiude con la rassicurazione che mandano una pattuglia. Ma la gazzella dei carabinieri non si vede e gli uomini che avevano importunato Roberta diventano uccel di bosco. Un episodio grave che sarebbe passato sottotraccia se questa madre avesse lasciato perdere. Invece no. Si rivolge quindi alla polizia e anche al nostro giornale perché, come ha spiegato alla nostra giornalista, voleva lanciare un messaggio alle altre mamme della zona, affinché quello che era accaduto a sua figlia non capitasse a altre.

Questo l’intento del nostro articolo. Non per graffiare la patina di tranquillità del paese che verosimilmente per questo sindaco sembrerebbe essere più sacra della sicurezza di una bambina, ma per raccogliere il grido d’allarme di una madre: “fate attenzione ai vostri figli”. Nulla di più e nulla di meno.
Eppure questo sindaco, a due ore dalla pubblicazione dell’articolo, non avrebbe avuto alcun dubbio: tutto falso, rivolgendosi alla Procura berica con una denuncia di procurato allarme. Ma non solo. Avrebbe, e chi anche per lui, gettato fango sulla giornalista e sul giornale cercando di stroncare la notizia con un ‘si è inventata tutto, è tutto falso’. Questo sindaco non avrebbe cercato alcuna verità. Non chiama la nostra redazione per capire cosa fosse successo. Chiama la caserma dei carabinieri: vuole sapere se la notizia è vera oppure no. Domanda alla quale il carabiniere che si trova dall’altro capo della linea non può rispondere. C’è imbarazzo perché il collega, che aveva raccolto la segnalazione della madre, non aveva registrato la chiamata e, cosa ancor più preoccupante, non aveva inviato la pattuglia a supporto della bambina. Telefonata che poi salterà fuori, finendo in un verbale. Ma a lui, il sindaco, questo non verrebbe detto e così il mancato intervento dei carabinieri passa in cavalleria, gli uomini che hanno molestato la bambina sono liberissimi di girare per il paese e l’unica cosa che fa è la denuncia. Come a voler punire verosimilmente chi si sarebbe azzardato ad ‘offendere l’onore’ del suo paese, ma non di una sua concittadina. Non si è premurato di consolare questa bambina, rassicurandola e confermandole che aveva fatto bene a confidarsi con la mamma avvertendo le forze dell’ordine.

Un sindaco che non coglie l’allarme e un mancato intervento delle forze dell’ordine sono passi pesanti che calpestano il ‘non una di meno’ e l’invito a denunciare sempre e comunque. Fanno diventare doppia la violenza che una vittima subisce, facendo passare il concetto che se sei bersaglio di atteggiamenti svalutanti, è meglio che ti stai zitta. Corri il serio rischio di non essere creduta, di passare per ‘quella sbagliata’ o per ‘quella che si inventa tutto’.

Fatti simili fanno male al lutto che si indossa all’ennesima che ‘cade’. Sono la matrice di un sistema culturale che non cambia e che invece serve modificare per combattere la violenza. Rendono orfane le vittime di quella maggiore sensibilità e ascolto che a loro serve per trovare il coraggio di denunciare. Sono posizioni, gesti, ai quali non seguono mai scuse e contro i quali si è quasi obbligati a ricorrere alla magistratura per difendersi da una calunnia che, come nel nostro caso, è anche capace di condizionarci nel raccontare altri fatti di cronaca.

Paola Viero
Natalia Bandiera

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