“Siamo transitati nell’emergenza Covid lasciando sul campo più di 300 colleghi. Abbiamo sopportato attacchi mediatici, politici e, da parte dei pazienti, perfino fisici”, ora “stiamo tenendo duro esercitando la nostra professione al meglio di quel che è possibile, con i mezzi che abbiamo”, ma, avverte Liliana Lora confermata segretaria regionale dello Smi del Veneto all’hotel Viest di Vicenza, serve “una soluzione rapida delle carenze dei medici”. Che non è “l’uso della continuità assistenziale che si vorrebbe posizionare ovunque tranne che nella sua sede naturale come previsto dai Lea e dalle delibere regionali”. Lora ne parla a seguito del congresso regionale del Sindacato medici italiani dicendo che la sua sigla è per “l’innalzamento del numero assistiti per i medici in formazione del primo anno che ottengono incarico temporaneo (studiando i modi di inserimento e di tutoraggio e chiedendo che venga loro riconosciuta l’attività come tirocinio formativo). Avevamo proposto che volontariamente si possa innalzare il massimale ma con personale ed adeguato riconoscimento economico per chi da tale disponibilità. Abbiamo, inoltre, chiesto personale per ogni medico indipendentemente dal numero di assistiti”.

E ora, le prossime mosse dello Smi saranno mirate a “stimolare la parte pubblica affinché nel prossimo inquadramento contrattuale siano previste delle tutele per la nostra categoria: per la malattia, l’infortunio, la maternità, l’accudimento. Portare a casa l’apertura verso i giovani, rendendo appetibile l’inserimento nella medicina generale pubblica e prevenendo la fuga verso i contratti libero professionali con enti privati, poi accreditati”. Bisogna anche, continua, “liberare il lavoro dalle spese di gestione che depauperano i nostri emolumenti. Creare via di accesso per chi intende svolgere questa professione e riportare i numeri della dipendenza a livelli di reali necessità dell’utenza, che ha diritto ad avere medici specialisti che operano in serenità e con criterio di presa in carico senza sovraccarichi di turni e monte ore”. In Veneto poi si propone di creare “un gruppo di giovani che si formano anche tenendo e conto delle prospettive più recenti della visione sulla professione, aumentando la qualità dell’assistenza, che rappresenta la soddisfazione del professionista”.

Qualche numero

“Tutte le aree professionali mediche nel Veneto – ha snocciolato i dati la sindacalista –  hanno subito in questi anni la politica di “saccheggio” del numero di posti di lavoro: posti letto al minimo rispetto alle altre regioni (3.4 per 1000 abitanti), massimale per l’AP già a 1500 anziché i 1200 da ottimale di ACN, rapporto CA/abitanti 1/6500 anziché 1/5000 come da ACN. Tutto questo per ottenere il ruolo di Regione benchmark per la sanità, al grido di massimo risparmio. Le condizioni di lavoro dei professionisti sono via via peggiorate: turni disumani, blocco dei turnover, scarsità di borse per la specialistica e per la scuola di formazione in medicina generale. Tutto ciò era stato denunciato ai tavoli regionali già da anni dallo SMI, e a volte come unica voce nel merito”.

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