“Dopo anni di silenzio ora i sindaci si prendono il merito”.
Una settimana, quella scorsa, che ha segnato una svolta storica nella battaglia contro l’inquinamento da pfas, culminata con tre eventi ritenuti fondamentali dai movimenti ambientalisti: la bocciatura definitiva del progetto ENI Rewind per l’incenerimento dei fanghi a Marghera, la sentenza del processo Miteni con condanne ai responsabili dell’inquinamento e, infine, lo stralcio del codice CER 190805 dalla lista dei materiali inceneribili a Schio.
Il comitato “Non bruciamoci il Futuro” rivendica con decisione i risultati ottenuti, sottolineando come questi siano «il frutto del lungo e impegnativo lavoro di attiviste e attivisti», e che tutto ciò «si è potuto realizzare solo grazie alla mobilitazione di cittadini e cittadine, associazioni, comitati, coordinamenti», i quali si sono sostituiti «ad istituzioni latitanti, sonnolente e talora conniventi».
Non mancano le critiche agli amministratori locali, colpevoli – secondo il comitato – di essersi mossi solo dopo il cambiamento del vento politico e giudiziario. “Ora, dopo una solerte sequenza, nelle testate online locali, di autocelebrativi articoli traboccanti rassicurazioni e buoni propositi di Sindaci e amministratori, è giunto per noi il momento di sederci ad osservare le mirabolanti imprese delle istituzioni e dei politici, impegnati nello sport in cui brillano incontrastati: il salto sul carro dei vincitori”.
In particolare, viene contestato il comportamento dei sindaci soci di Ava (Alto Vicentino Ambiente), che hanno definito lo stralcio dei fanghi come «un segnale chiaro e concreto del nostro costante impegno per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica». Il comitato replica: «Ricordiamo che il merito di questo risultato lo si deve all’azione di ISDE, alla proposta di iniziativa popolare presentata in consiglio comunale di Schio da una cittadina e alla mobilitazione dei comitati e, in particolare, del nostro coordinamento».
Un passaggio particolarmente duro è riservato al comportamento passato di alcuni sindaci: «Noi non dimentichiamo che, all’epoca, la risposta dei sindaci alla nostra preoccupazione fu la strabiliante affermazione che “i fanghi di Schio non contengono pfas”, mentre qualcuno di loro parlò addirittura di “procurato allarme”».
Il comunicato punta anche l’attenzione sul futuro dell’impianto di incenerimento, in particolare sulla necessità di garantire che resti sotto controllo pubblico. «Il futuro del nostro territorio dipende dalle scelte di oggi, fusioni societarie comprese: un passaggio delicatissimo che richiede uno scorporo del servizio di smaltimento da quello di raccolta, affinché il controllo dell’impianto di incenerimento rimanga in mano ai 31 comuni soci».
L’affondo più netto arriva nei confronti del consiglio comunale di Marano Vicentino, reo – secondo il comitato – di aver bocciato una mozione dell’opposizione che chiedeva un biomonitoraggio prima dell’eventuale ampliamento dell’impianto. «Il salto più rovinoso viene spiccato nell’ultimo consiglio comunale di Marano Vicentino», si legge, «dove la maggioranza, guidata da uno di quei sindaci che hanno dimostrato il “costante impegno per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica”, boccia una mozione […] Le motivazioni addotte a sostegno della bocciatura sono pretestuose e dimostrano la mancata conoscenza del tema».
Nel merito, il comitato precisa: «Definiscono il biomonitoraggio una pratica che richiede “lunghe valutazioni su lunghe esposizioni”, ignorando di fatto che è biomonitoraggio anche la velocissima analisi delle matrici alimentari, come le uova, o l’analisi delle unghie dei bambini, soggetti ad alto rischio nonostante la breve esposizione».
E ancora, si contesta l’uso della futura direttiva europea sul suolo per giustificare la bocciatura: «Viene poi tirata in ballo, a sproposito, l’imminente approvazione della direttiva europea sul suolo, che nulla ha a che vedere con procedure di biomonitoraggio e che certo non le esclude».
Il comitato pone quindi una domanda chiave agli amministratori: «È lecito procedere ad un ampliamento senza prima di aver verificato lo stato di salute del territorio?»
Concludendo, l’appello è chiaro e diretto: «Non solo l’incenerimento dei fanghi, ma quello dei rifiuti in generale, è una delle sorgenti riconosciute di contaminazione ambientale da PFAS, oltre che da altre sostanze pericolose, come diossine, metalli pesanti e gas climalteranti. Chi ha sottoscritto lo stralcio dei fanghi dall’impianto non può consentire che venga bruciato nell’inceneritore neppure un grammo di rifiuti in più del necessario e non ha altra scelta che respingere al mittente qualsiasi proposta di ampliamento».
Infine, il monito finale, che è anche il titolo del comunicato: «No all’ampliamento dell’inceneritore. Non brucerete il nostro futuro».
