RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO DAL CONSIGLIERE DI MAGGIORANZA DI THIENE  Alaeddine Kaabouri

Come consigliere, mi sento in dovere di commentare questo risultato e perché per oltre un mese e mezzo ho girato tutti i comuni dell’Alto Vicentino, ogni sabato e ogni domenica, mattina e pomeriggio per informare la cittadinanza sul significato profondo di questo referendum.
Sono stato nelle piazze, ho parlato con le persone, ho distribuito materiali, ho ascoltato le domande e le paure. L’ho fatto perché il governo ha scelto come strategia il silenzio: non informare, non spiegare, non coinvolgere. Io, insieme ad altre persone del territorio, come Carlo Cunegato, i ragazzi della Cigl e molti altri  bbiamo detto no a questa logica.

Abbiamo detto no all’indifferenza. Abbiamo scelto di esserci, perché crediamo che la cittadinanza sia una cosa seria, e che la democrazia viva solo se le persone sono messe nella condizione di scegliere davvero, con consapevolezza.

Il referendum sulla cittadinanza è passato, e oggi è il momento di guardare con lucidità a quello che è successo. Lo si può fare guardando, come spesso si dice, al bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. E credo sia giusto guardare entrambi i lati, senza nascondere le delusioni ma nemmeno ignorare le possibilità.

Il bicchiere mezzo vuoto ci parla di una sconfitta morale. In un Paese come l’Italia, nel 2025, è doloroso constatare che esiste ancora una forte paura del diverso, una resistenza profonda a riconoscere che chi è nato e cresciuto qui, chi parla questa lingua, chi ha studiato nelle scuole italiane, chi vive ogni giorno dentro questa società, è italiano. Eppure, per le istituzioni, non lo è ancora.
Questo referendum ha messo a nudo una verità che molti di noi conoscono bene, ma che fa ancora male leggere nero su bianco: essere italiani non basta, se non hai i documenti per dimostrarlo. E questi documenti, spesso, vengono negati per ragioni che hanno più a che fare con la paura e il pregiudizio che con la realtà.

Ma c’è anche il bicchiere mezzo pieno. Più di 15 milioni di persone sono andate a votare. E tra queste, ben 13 milioni hanno votato SÌ.
È un segnale forte, chiaro, che dimostra come una parte significativa del Paese creda nei valori del lavoro, della dignità e di una cittadinanza più inclusiva, più giusta, più aderente alla realtà delle nostre comunità. Sono più voti di quelli ottenuti dalla presidente del Consiglio alle ultime elezioni politiche. E questo non è un dettaglio: è un dato politico e sociale che merita attenzione e rispetto.

Eppure, se c’è un dato su cui io sento il dovere di fermarmi, riflettere e ripartire, è un altro: nel nostro comune, su 17.880 cittadini aventi diritto, solo il 26,4% ha votato. In numeri, vuol dire che solo 4.724 persone hanno espresso la loro opinione, mentre 13.156 non l’hanno fatto.

Questa non è solo disaffezione: è disconnessione. È mancanza di fiducia, di informazione, di coinvolgimento. È l’effetto di anni in cui si è parlato alla cittadinanza, ma troppo poco con la cittadinanza.

Ed è da qui che io voglio ripartire.

Per me, la cittadinanza non è solo una questione di diritto: è una relazione, è partecipazione attiva, è sentirsi parte di una comunità che decide insieme. È andare a votare per un referendum, ma anche per le amministrative per quelle regionali…È parlare con i vicini di casa, confrontarsi con chi la pensa diversamente, partecipare ai momenti pubblici.

Se 13 mila persone non sono andate a votare, non possiamo solo giudicarle. Dobbiamo chiederci perché. Dobbiamo andare ad ascoltarle, capire cosa le ha tenute lontane, quali sono le paure, le incertezze, le delusioni. Dobbiamo ricostruire legami, e farlo dal basso.

Io ci sarò. Io da oggi ricomincio. Insieme a tutte e tutti quelli che credono che la cittadinanza sia un ponte e non un muro.

Insieme a chi ha detto sì e anche a chi ha detto no, perché la democrazia è confronto. Ma soprattutto, insieme a chi non ha votato: perché è lì che oggi si gioca la vera sfida.

Non possiamo cambiare il risultato di ieri, ma possiamo cambiare il domani. A partire da ora.
È arrivata l’ora di rimboccarsi le maniche, per l’ennesima volta, con la testa alta.

Alaeddine Kaabouri
Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia