“Su 10mila lavoratori irregolari nel settore agricolo e della cura della persona in Veneto, 500 sono in provincia di Vicenza”. L’allarme è lanciato da Flai Cgil Veneto e Vicenza, che cita il decreto 34/2020 per la regolarizzazione di persone che “vengono sfruttate e lasciate senza diritti e senza dignità”.
La situazione, di cui si parla da mesi a livello nazionale, è emersa prepotentemente durnte il periodo di lockdown dovuto all’emergenza covid e a prendere parola ora sono Andrea Gambillara, segretario generale Flai Cgil Veneto, e Giosuè Mattei, segretario generale Flai Cgil Vicenza, che spiegano: “Con l’art.103 del D.L. 34/2020, il Governo ha varato un dispositivo normativo di emersione dal lavoro irregolare, in conseguenza della situazione sociale emersa in ragione dell’emergenza sanitaria da COVID-19. Si tratta essenzialmente dei settori agro-alimentare e dell’assistenza e cura alla persona. Il Veneto ha bisogno di questo strumento, non solo per la condizione di colf e badanti, ma per molte realtà del lavoro, a partire dall’agricoltura. Il settore agricolo veneto è stata oggetto di approfondite analisi e studi scientifici effettuati da centri di ricerca indipendenti, che raccolgono dati inconfutabili. Le banche dati di Istat, Inps, Inea e Veneto lavoro – sottolineano i segretari FLAI – definiscono, tra gli altri parametri, la quantità e la composizione dell’occupazione veneta in questo settore, dimostrando come l’irregolarità contrattuale nell’agricoltura veneta si attesti da un minimo del 16% fino a valori maggiori in alcune province inseguendo la media nazionale, purtroppo ancora più alta. Stiamo perciò parlando di una platea veneta di circa 10mila lavoratori irregolari per la sola agricoltura – denunciano i sindacalisti – presenza di irregolarità confermata anche dai rapporti annuali sull’attività di vigilanza elaborati dagli Ispettorati Territoriali del Lavoro. Un’agricoltura responsabile che guarda al futuro non può considerare positiva e perpetuabile questa condizione. La possibilità della presentazione delle istanze per la regolarizzazione e per l’emersione è attiva dal 1° giugno – continuano – e, ad oggi, ancora manca il decreto attuativo necessario a completare le tre possibilità previste dal testo di Legge”.
Gambillara e Mattei si appellano al mondo politico nazionale: “E’ importante che il decreto attuativo sia approvato al più presto e sia le organizzazioni sindacali che datoriali devono fare pressione affinché ciò avvenga – ma sottolineano – Vi sono anche aspetti del decreto che sono già attuabili, in particolare per i migranti richiedenti asilo, e che vanno fatti conoscere ai datori di lavoro: il cosiddetto comma 1. Nella realtà agricola veneta e vicentina la presenza di richiedenti asilo è rilevante. La loro condizione di regolarità (legale permanenza nel territorio e contratto di lavoro) non offre però certezze nel tempo più lungo, con potenziali ricadute negative sia sugli stessi soggetti, sia verso le aziende che attualmente li impiegano e che vorrebbero poter continuare nel rapporto per la migliore programmazione delle attività e anche in ragione della professionalità acquisita. In questo caso il Decreto offre la concreta possibilità di superare questa incertezza con la semplice presentazione dell’istanza di regolarizzazione; a maggior ragione se hanno già un rapporto di lavoro sussistente, senza dover attendere le evoluzioni della richiesta di riconoscimento internazionale e senza altri costi oltre il contributo forfettario previsto dall’art.7 del Decreto (500 euro) – continuano – Poco pubblicizzata è anche la “convenienza” per i datori di lavoro che regolarizzano lavoratori anche privi di documenti di soggiorno: i costi contributivi e fiscali scattano solo dall’avvenuto perfezionamento del rapporto di lavoro oggetto dell’emersione”.
“Nel vicentino purtroppo stiamo assistendo ad un fenomeno incontrollato nel quale molti lavoratori stranieri, soprattutto del centro Africa, con un permesso di soggiorno per motivi umanitari o richiedenti asilo per lo più in scadenza, vengono “offerti” ad imprese agricole le quali li utilizzano fuori da ogni ambito contrattuale e con orari di lavoro anche oltre le 10 ore al giorno, con un compenso forfettario che può variare dai 400 euro ai 600 euro al mese” – aggiunge Giosuè Mattei segretario generale della Flai di Vicenza e provincia – Questi lavoratori restano nel limbo perché non si tratta di un vero rapporto di lavoro regolare che può consentire ai soggetti di poter accedere a una regolarizzazione con un permesso di soggiorno per lavoro e di integrarsi nel nostro tessuto sociale”.
“Infine – aggiungono Gambillara e Mattei – Preme evidenziare un ultimo aspetto molto importante: il rischio che tale normativa possa essere strumentalizzata dagli stessi caporali ed intermediari malintenzionati. Su questo non possiamo dimenticare come al raddoppio delle sanzioni già previsto nel decreto rispetto ai percorsi avviati e non completati, ma anche nei confronti delle istanze che risultassero “truffaldine”, si affianca e si affiancherà in misura maggiore l’attività degli organi ispettivi e, in sinergia, l’attività sindacale nel territorio”.
I sindacalisti del Veneto e di Vicenza concludono: “Noi come Flai Cgil stiamo facendo la nostra parte anche nel vicentino, vigilando sui casi sospetti e mettendo a disposizione uno sportello provinciale. Infatti è possibile presentare la domanda di emersione contattandoci al numero mobile 348 7806271 oppure via mail all’indirizzo emersione@cgilvicenza.it. Abbiamo perciò tutti l’opportunità di allineare la condizione e la dignità dei lavoratori con le esigenze e l’evoluzione delle aziende, di ridurre lo spazio a chi sfrutta il dumping, scorretto ed illegale, tra le aziende e tra i lavoratori”.