“Con la sentenza nr. 36 del 2022, la Corte Costituzionale ha sancito la giustezza delle scelte compiute dal Veneto, primo in Italia a farlo, in materia di assunzione di medici per fronteggiare l’emergenza Covid, laddove prevedemmo la possibilità di inserire in ospedale giovani medici laureati e abilitati ma non ancora specializzati, e specializzandi al penultimo e ultimo anno di specializzazione. Siamo soddisfatti e grati per l’equilibrio con cui la Consulta si è approcciata a questo tema fondamentale in una fase storica che ha visto assommarsi la carenza di professionisti all’emergenza Covid”.
Lo dice il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, commentando la sentenza della Corte Costituzionale in materia di assunzione di medici in un quadro emergenziale legato alla Pandemia.
“Quando assumemmo queste decisioni – fa notare Zaia – apriti cielo, con polemiche, ricorsi, critiche pesantissime. Convinti della giustezza della nostra impostazione non ci siamo arresi ribattendo colpo su colpo sul piano giuridico, fino a questa sentenza storica della Consulta, che apre nuovi orizzonti anche per tutte le altre Regioni italiane, e non solo in relazione al Covid, ma anche ad altre eventuali situazioni emergenziali. Non dimentichiamoci, peraltro, che la difficoltà di reperimento di medici l’avevamo denunciata e affrontata anche prima del Covid, e che la situazione attuale, a prescindere dalla pandemia, fa ipotizzare ancora un paio d’anni di difficoltà”.
“Ora – aggiunge Zaia – forse sarebbe il caso di rivedere le norme nazionali, alla luce di questa sentenza, in modo di snellire il più possibile le procedure riguardanti i giovani medici e gli specializzandi. La scuola di specialità – precisa- è e resta fondamentale, ma non si può nemmeno non tenere conto che i medici laureati dopo sei anni di studi e abilitati alla professione non sono medici di serie B. Si è visto durante il Covid come sia possibile trovare soluzioni che da un lato garantiscono la professionalità, dopo adeguati corsi di formazione e con l’assistenza dei colleghi strutturati, e dall’altro evitino eccessive complicazioni normative”.
Nella sua sentenza, la Corte costituzionale scrive, tra l’altro, che: “non è stato considerato (dai ricorrenti ndr) l’art. 2-bis del d.l. n. 18 del 2020 che, pur riguardando la specifica emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede che, per far fronte alle relative esigenze straordinarie ed urgenti, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, fino al perdurare dello stato di emergenza, possono procedere al reclutamento di medici specializzandi, iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, anche ove non collocati nelle graduatorie di cui all’art. 1, comma 547, della legge n. 145 del 2018, conferendo incarichi di lavoro autonomo, in deroga all’art. 7 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché di laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali”…
E che: “l’adozione della legge regionale censurata è stata determinata dalla carenza del personale specializzato particolarmente avvertito nel settore della medicina d’urgenza (come indicato nella delibera della Giunta regionale del 12 luglio 2019, n. 1035, recante «Approvazione delle disposizioni operative per l’efficientamento del modello organizzativo di Pronto Soccorso ed individuazione delle azioni per il governo del personale di Pronto Soccorso»; e nella delibera della Giunta regionale del 26 luglio 2016, n. 1224, recante «Organizzazione amministrativa della Giunta regionale: modifiche all’assetto organizzativo. Legge Regionale n. 54 del 31.12.2012, come modificata dalla legge regionale 17 maggio 2016, n. 14»). La circostanza si evince, non solo dai lavori preparatori della suddetta legge regionale censurata, ma dalle stesse previsioni del PSSR 2019-2023 che, infatti, autorizza la stipula dei contratti di lavoro autonomo con medici laureati e abilitati solo dopo che l’Azienda abbia «a) accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno anche in relazione al ricorso a tutti gli istituti previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente; b) accertato l’assenza di valide graduatorie di concorso pubblico o avviso pubblico, cui attingere per eventuali assunzioni a tempo indeterminato o a tempo determinato; c) accertato, pur in presenza di graduatorie di cui alla precedente lettera b), il rifiuto del personale utilmente collocato nelle stesse graduatorie all’assunzione; d) detto, nell’ipotesi di assenza di graduatorie, procedure per assunzioni di personale a tempo indeterminato o determinato, in rapporto alla natura permanente o temporanea delle funzioni che deve garantire […]”.