“Una legge per ridurre le liste d’attesa, che in Veneto sono tutt’altro che azzerate come vorrebbe raccontarci qualcuno”. Questa l’iniziativa legislativa presentata dalla consigliera del Movimento 5 Stelle, Erika Baldin, che ha iniziato l’iter di esame nella commissione Sanità del Consiglio veneto stampa di Palazzo Ferro Fini.
“Chi non riceve nel pubblico la prestazione a cui avrebbe diritto entro i termini stabiliti dal medico di base – ha spiegato la consigliera pentastellata – può ottenerla in regime di libera professione intramuraria pagando lo stesso identico ticket: la proposta di legge che ho presentato prevede che sia scritto nella ricetta medica per informare i cittadini e i Cup di questo diritto”.
L’anno scorso – ha evidenziato Baldin – i veneti hanno speso 113 milioni di euro per visite a pagamento in libera professione intramoenia, soldi sborsati dai cittadini che invece avrebbero diritto alle stesse prestazioni solamente pagando il ticket. Siamo di fronte a un’evidente ingiustizia: così la Regione scarica sui cittadini i costi dei ritardi della sanità pubblica. Ad oggi, risultano 150 mila cittadini in ‘galleggiamento’, cioè in attesa di ricevere la chiamata dal Cup per ottenere una prenotazione.
“Manca inoltre il dato relativo ai cittadini che si sono rivolti al Cup ma ai quali è stato detto di richiamare in un secondo momento – aggiunge la prima firmataria del pdl n. 184 – Di fatto, la Regione non ha idea di quanti siano i veneti in attesa di una prestazione da parte del Sistema sanitario regionale. Siamo di fronte a un quadro preoccupante, ben noto ai cittadini che si rivolgono alla Sanità e più volte denunciato da associazioni, comitati e dagli stessi sanitari tramite le organizzazioni sindacali”.
“Il cittadino ha diritto di ricevere la prestazione sanitaria nei tempi stabiliti dal suo medico di base. Il mio progetto di legge stabilisce – ha spiegato la consigliera in commissione – che all’interno della ricetta medica siano specificate le tempistiche corrispondenti alla classe di priorità di prenotazione e che debba essere scritto a chiare lettere che, in caso del mancato rispetto dei tempi da parte del servizio pubblico, è possibile richiedere l’erogazione della prestazione nell’ambito della libera professione intramoenia senza maggiori costi a carico del cittadino: la differenza d’importo spetta all’Azienda Ulss”.
“Il secondo articolo della proposta di legge – ha aggiunto – introduce nella normativa regionale una previsione già contenuta nel Piano nazionale per la gestione delle liste d’attesa e nel Piano sociosanitario regionale, che consiste nello stop all’erogazione delle prestazioni in regime libero-professionale all’interno delle strutture dove le liste d’attesa nel pubblico sono troppo lunghe. Il principio è che prima vanno rispettati i tempi d’attesa nel pubblico, senza utilizzare il trucco del ‘galleggiamento’, e poi può essere svolta l’attività libero-professionale intramuraria che dev’essere sempre considerata un’offerta aggiuntiva, e mai sostitutiva per i pazienti. Questo meccanismo costituisce un’ulteriore tutela per i cittadini, perché garantisce la priorità al regime pubblico ed evita abusi nella libera professione intramoenia: in altre regioni che l’hanno introdotta, come l’Emilia Romagna, questa norma ha generato un circolo virtuoso”.