La zona arancione e le norme anti covid non hanno fermato i frequentatori della montagna e nell’ultimo weekend le vette sono state prese d’assalto, non solo da alpinisti esperti con attrezzature adeguate, ma anche da semplici turisti, che partono per le escursioni senza avere idea di che cosa possono trovarsi ad affrontare. Tanto alla fine ci sono loro, gli uomini del Soccorso Alpino, angeli con ramponi e imbragatura e una sola missione: riportare i dispersi o i feriti a casa.

Solo nell’ultimo fine settimana, sono molteplici gli interventi che hanno chiamato in causa gli uomini del Soccorso Alpino Veneto: dal Novegno, al Pasubio fino alla discesa da Campogrosso, per dare risposta ad una serie di allarmi che hanno tenuto impegnati i volontari su più fronti.

Un lavoro non facile quello del Cnsas Veneto, fatto di grande disponibilità e di una certa dose di rischio nonostante il sempre più performante livello di preparazione. Quest’anno tra l’altro, complice un inverno particolarmente nevoso e la drastica riduzione della mobilità dovuta alle misure di contenimento pandemico, l’impegno dei soccorritori si è ulteriormente intensificato.

Giovanni Busato, lei è vicepresidente del CNSAS Veneto per la terza volta e di inverni ne ha visti molti. Questo che inverno è? Ci faccia un quadro della situazione sulle nostre montagne.

“Effettivamente non nevicava così da molto. In questi giorni, dopo le abbondanti precipitazioni delle ultime settimane, con 250 centimetri a Campomolon per fare un esempio,  il vento sta erodendo e trasportando la neve creando degli accumuli anche di grandi dimensioni nelle zone sottovento. Questi accumuli da vento aggiungono instabilità ad un manto nevoso già in situazione critica dovuta allo spessore importante e alla stratificazione di diversi eventi nevosi che non sono ben assestati e ben saldati tra loro, anche perché le ultime notti serene e con basse temperature hanno favorito la formazione di cristalli angolari anche negli strati interni che non favoriscono l’assestamento ma che, per contro, provocano lo scorrimento di uno strato sull’altro. Il pericolo di valanghe è indicato in “3-marcato” per la possibilità di valanghe spontanee e di distacchi provocati di valanghe a lastroni già con debole sovraccarico, quindi anche una sola persona”.

Quindi nei prossimi giorni cosa si attende? Ora siamo in zona gialla e la mobilità riprenderà con un certo vigore…

“Nel breve periodo non si prevede un miglioramento della situazione che rimane di grado 3-marcato, quindi con la possibilità di valanghe spontanee o provocate già con debole sovraccarico (singolo sciatore-ciaspolatore) quindi la valutazione degli itinerari deve essere estremamente accurata per evitare e aggirare in sicurezza gli accumuli da vento la cui rottura potrebbe innescare valanghe a lastroni. Occorre valutare attentamente il terreno su cui ci si muove (pendenza, esposizione, accumuli) e il terreno circostante soprattutto i pendii sovrastanti il nostro percorso. I percorsi più impegnativi e complessi vanno affrontati  con persone esperte o professionisti della montagna altrimenti rinviate a tempi più sicuri. E’ comprovato che la chiusura degli impianti sciistici e più in generale le limitazioni alla circolazione imposte dalla pandemia hanno portato ad un aumento esponenziale della frequentazione delle aree montane e pedemontane collinari”.

Questa riscoperta della montagna a volte da’ l’impressione di essere un po’ maldestra: non tutti possono fare tutto e soprattutto per certe attività occorre esperienza e senso della misura. Lei come la vede?

La riscoperta di un approccio più naturale e meno da “parco giochi” con l’ambiente alpino non può che far piacere anche in prospettiva di un diverso utilizzo della montagna ma, contemporaneamente preoccupa la mancanza di preparazione e di conoscenza di questo ambiente e dei rischi che comporta da parte di molti nuovi frequentatori. Il soccorso alpino invita tutti, al fine di godersi le splendide giornate sulle nostre montagne adesso innevate ad osservare alcune semplici regole prima tra tutte: non andare da soli e lasciare sempre un riferimento del luogo di escursione.

A questo proposito, ci vuole fare un breve decalogo del comportamento da tenere in generale per muoversi in sicurezza?

“Certamente, riassumerei così i punti salienti: se si è alle prime esperienze , affidarsi a persone esperte o professionisti per le prime escursioni in modo da prendere corretta confidenza con l’ambiente, i materiali, le attrezzature le modalità di approccio alle diverse situazioni. Valutare attentamente il percorso a tavolino per avere contezza della lunghezza, del dislivello, dell’esposizione del grado di rischio valanghe, delle attrezzature necessarie; attenzione alle informazioni raccolte in rete, non sempre sono attendibili. Valutare attentamente i componenti del gruppo, cioè in quanti si parte, le capacità tecniche di ciascuno, i singoli problemi e le singole necessità. Valutare e confrontare lungo il percorso le condizioni reali rispetto alle aspettative. Preparare lo zaino con almeno un ricambio; su terreno innevato piccozza e ramponi non devono mai uscire dallo zaino. Sci-alpinisti, ciaspolatori e, in generale, chi si avventura in ambienti innevati non controllati, deve essere dotato del kit artva-pala-sonda, e ovviamente deve saperli usare. In caso di incidente avvisare il 118: vale anche nel caso di smarrimento o del sopraggiungere dell’oscurità; la chiamata permette alle squadre del soccorso alpino di valutare la situazione e magari di dare delle indicazioni per evitare che la situazione possa diventare a rischio di incidente. In caso di valanga che coinvolga i propri compagni occorre attivare la procedura di ricerca con lo strumento artva e contemporaneamente chiamare il 118 per allertare il soccorso alpino. Il corretto uso dell’artva nei primi minuti del seppellimento può fare la differenza tra la sopravvivenza o meno dei nostri compagni travolti, da qui, l’importanza della formazione personale riguardo all’autosoccorso in caso di valanga”.

Ripensando a ciò che affermava prima sulla riscoperta dell’ambiente montano, tra le righe lascia intendere che nonostante un notevole carico di lavoro in più, siete entusiasti per la vostra missione…

“E’ innegabile il considerevole numero di “nuovi” frequentatori della montagna, ovvero sciatori da pista o semplicemente persone che prima passavano i fine settimana nei centri commerciali o in altre strutture ora chiuse. Tutta gente che, come dicono i titolari di negozi di articoli sportivi, hanno assaltato gli stessi esaurendo in breve tutte le scorte di ciaspole e lo stesso si è verificato per l’attrezzatura da sci alpinismo. L’impressione è che queste persone, non essendo appassionati di vecchia data e quindi non frequentatori di associazioni quali Cai o Gam, non abbiano proprio idea di cosa vanno ad affrontare e quindi non trovino accesso a tutte quelle informazioni e raccomandazioni alle quali possono invece arrivare i tradizionali frequentatori, salvo volerne fare tesoro naturalmente. Ci voglio mettere però anche una responsabilità del mondo della montagna, per dirla usando un plurale generico nel quale ci siamo dentro anche noi: non sempre questo mondo è adeguatamente presente nel veicolare informazione e formazione assolutamente preziosa. Per il resto non posso che osservare con piacere che un certo pubblico abbia scoperto il valore della montagna benchè in questa configurazione “slow”, senza impianti e senza infrastrutture. Bellissima, ma da frequentare con la testa prima che con le gambe”.

Marco Zorzi

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