“Ho amato tantissimo le mie capre, ma non si può dare la colpa al lupo per averle sbranate”.
E’ una lezione di vita e di biologia quella di Mario Martinelli, scrittore di montagna che vive in Vallarsa, uno dei 5 comuni del Pasubio. Ha appena perso le sue adorate caprette, predate dal lupo che sta ripopolando la zona, ma rimane lucido davanti al modus operandi di madre natura.
Come riporta ‘Il Dolomiti’, mentre in Alto Adige si avvia la raccolta firme per una petizione contro il lupo, per chiedere all’Europa il ‘via libera’ per l’uccisione, da Obra di Vallarsa arriva un monito che mira a rispettare il lupo e il suo comportamento: “Bisognerà abituarsi a proteggere i nostri animali con gli strumenti più adatti – ha spiegato Martinelli – Il recinto delle mie capre infatti, era troppo basso. Non c’è da avere paura, è necessario prendere i provvedimenti adeguati”.
Lo scrittore parla con lucidità, anche se per lui le sue capre erano molto più che animali da cortile. “Le ho amate tantissimo – ha confessato – Vida mi è stata vicina mentre attraversavo due trapianti di fegato e, senza vergognarmi, posso dire di averla amata e usavo ripetere che non ero un alpinista ma un montanaro, e che mi piaceva arrampicarmi sulla montagna solo fin dove arrivavano le mie capre. Ma ciononostante non voglio assolutamente prendere posizione contro la presenza del lupo nelle nostre valli. Anzi, non dobbiamo averne paura”.
Torna anche questa settimana la ‘questione lupo’, ancora per fare notizia, perché di fatto, in Veneto, al lupo non ci si è ancora abituati. La presenza del predatore infatti, si è fatta notare con prepotenza nell’ultimo anno e divide nettamente chi vorrebbe rimedi per tutelare gli animali da montagna e le malghe e chi invece vorrebbe che il lupo fosse lasciato in pace nel suo ‘nuovo territorio’.
Le regole della buona convivenza, impongono ai malgari e a chi vive in zone a contatto con il lupo, strumenti adeguati per la protezione dei pascoli e del bestiame, come appositi recinti, stalle e cani da pastore con il carattere adeguato.
A questo si riferisce anche lo scrittore Mario Martinelli, nella lettera che ha inviato a ‘Il Dolomiti’, che pubblichiamo:
“Ero molto affezionato alle due capre che si sono portate via i lupi; in particolar modo a Vida, la camosciata che mi ha fatto compagnia per tanti anni, e che è finita, inevitabilmente, in molti dei miei libri. Quando mi chiedevano come avrei potuto definire il mio rapporto con la montagna, usavo ripetere che non ero un alpinista ma un montanaro, e che mi piaceva arrampicarmi sulla montagna solo fin dove arrivavano le mie capre. Ciononostante non voglio assolutamente prendere posizione contro la presenza del lupo nelle nostre valli. Anzi, dal mio punto di vista vivo questa esperienza come una manifestazione potente, direi quasi violenta, della forza della natura che ritorna a prendere il dominio sulle nostre montagne. Credo che in futuro dovremo adattarci sempre più alle manifestazioni di questa natura violenta: nella nostra infanzia non eravamo abituati a saper che fiere feroci popolavano i boschi, anche perché i boschi erano molto meno estesi, e la montagna molto più popolata dall’uomo. Ora invece l’abbandono della montagna ha permesso al bosco di riguadagnare gran parte delle terre che venivano coltivate dai nostri nonni. In queste condizioni è naturale che tornino i grandi carnivori. Credo comunque che non ci sia da farsi prendere dal panico: non sono mai stati segnalati casi di aggressione all’uomo da parte dei lupi anche nelle zone dove il ripopolamento è molto denso, come per esempio in Abruzzo. Bisognerà abituarsi a proteggere i nostri animali con gli strumenti più adatti, come i recinti elettrificati o i cani da gregge, valutando l’opportunità di chiuderli al sicuro durante la notte”.
A.B.