Quarantamila famiglie venete convivono con l’autismo ed escono dal silenzio grazie al Consiglio Regionale. E’ stata la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Erika Baldin a portare il tema autismo sugli scranni di Palazzo Balbi, dove come raramente accade in politica, un dramma così grande e spesso silenzioso ha unito tutti i colori politici. Tutti d’accordo, dai partiti di destra e sinistra, ad occuparsi di chi vive le conseguenze di una diagnosi che rappresenta la disabilità più complicata che una famiglia possa vivere, perché a volte spingere un figlio in carrozzina è meno doloroso che vederlo annaspare nei suoi disturbi mentali, con comportamenti problematici e spesso auto lesionisti. Comportamenti quotidiani che si trasformano in gesti di violenza contro oggetti e contro il prossimo, quando subentra la frustrazione del non saper comunicare.
Il mostro autismo mina proprio questo, la capacità di relazione della persona che, se non seguita adeguatamente in età precoce, non riesce nemmeno a sviluppare un minimo di comunicazione.
Si può solo provare ad immaginare il dramma di una famiglia che per una vita intera deve lottare convivendo con questi gravi disturbi del figlio.
Erika Baldin, in Consiglio Regionale, ha portato questo tema e non solo quello dell’autismo, ma anche di tutti quei disturbi mentali a volte dovuti a malattie rare.
E se il Veneto è avanti nella diagnosi precoce, con il centro di fama europea di Verona diretto dal professor Leonardo Zoccante, c’è ancora un percorso lunghissimo da fare su come dare aiuto riabilitativo e non solo a queste persone, alle loro famiglie, troppo spesso costrette a stare chiuse in casa perché la società non è adeguata ai loro problemi.
“Durante la campagna elettorale per le regionali siamo stati contattati da diverse associazioni di genitori di autistici – ha esordito la consigliera Erika Baldin – Nessuno di noi si è tirato indietro nel sottoscrivere un impegno formale che adesso dobbiamo mantenere. Quarantamila famiglie hanno bisogno d’aiuto, ce l’hanno detto e non possiamo tirarci indietro. Vivere con soggetti affetti da disturbi mentali è una vita d’inferno, ma per fortuna la scienza, la ricerca e le leggi attuali consentono a chi convive con la disabilità di essere sostenuti ed alleviare ‘pesi’ che durano una vita”.
Dopo l’esponente pentastellata hanno preso la parola altri consiglieri: l’europeista Cristina Guarda, il capo dell’opposizione Arturo Lorenzoni, ma anche Fratelli d’Italia, Forza Italia ed altri rappresentanti del centro destra. Tutti unanimi nel volere che la Regione Veneto si occupi concretamente di queste famiglie, che spesso sono così sofferenti che non hanno nemmeno la forza di denunciare il loro disagio. Ma qualcosa sta cambiando ed il documento fatto sottoscrivere durante la campagna elettorale rappresenta quella voglia, che a volte deriva dallo sfinimento fisico e psicologico, di uscire allo scoperto. Di non lasciare che la parola disabilità sia solo un insieme di sillabe con cui riempirsi la bocca per fare breccia sull’elettorato. Da qui la presa di posizione illustrata all’assessore alla Sanità e al Sociale Manuela Lanzarin, a cui noi di Altovicentinonline ci appelliamo affinchè il Veneto non sia solo un fiore all’occhiello nel diagnosticare i disturbi generalizzati dello sviluppo, ma che lo sia anche per la presa in carico di chi ne è affetto e delle famiglie che non possono vivere emarginate.
L’assessore Lanzarin, dopo le richieste dei consiglieri che si sono concluse con un applauso per quell’unanimità di intenti che ha commosso l’aula intera, ha parlato dei centri di Verona e di Treviso, che rappresentano due punti di riferimento importanti per la diagnosi. Non basta, non è possibile che ci si fermi alla diagnosi, i genitori vogliono dei percorsi di riabilitazione reali, quelli messi nero su bianco dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), ma che in troppe Ulss rimangono lettera morta dinanzi alla carenza di organico e alla non preparazione del personale non adeguatamente formato.
Serve più ascolto di assegni di cura più sostanziosi per le famiglie che per farsi carico di logopedia e terapie comportamentali devono ricorrere al privato.
Pochissime Ulss seguono gli autistici in età adolescenziale e li accompagnano al ‘dopo di noi’ nonostante la legge parli chiaro.
Quello che chiedono madri e padri è di essere presi per mano in una vita difficile, con la realizzazione di centri diurni dove non si può attendere che muoia un disabile per far entrare il proprio figlio. Centri dove i loro figli, quando loro saranno vecchi o non ci saranno più, potranno essere accolti dignitosamente senza dover finire sedati in un letto della psichiatria.
In provincia di Vicenza queste strutture mancano.
Natalia Bandiera