La Casa di Schio perde l’appalto de Il Cardo e San Michele di Montecchio Precalcino, i trentotto pazienti disabili gravissimi e i novantacinque psichiatrici, da oltre 20 anni abituati alla gestione dell’Ipab scledense, dovranno abituarsi a personale nuovo, visto che gli ottanta che sono assunti a La Casa non sembrano voler aderire al contratto di lavoro in capo ad una cooperativa. Ma soprattutto, emerge la preoccupazione evidenziata dal sindaco di Schio Valter Orsi: “Con la volontà di trasferire i servizi alle cooperative è chiaro che c’è l’intenzione di far fuori tutte le strutture pubbliche dai servizi”.

Ad aggiudicarsi l’appalto della Ulss7 Pedemontana, che fa discutere da oltre un anno, due cooperative: la Promozione e Lavoro di Veronella (Verona) per il lotto 1 che vede accorpare il servizio a oggi suddiviso nel Cardo e al San Michele, e il lotto 2 al Consorzio Prisma per il nuovo centro psichiatrico che sarà costituito con questo nuovo progetto.

“Una conclusione che non ci saremmo aspettati perché eravamo convinti che la Ulss tenesse in considerazione anche l’esperienza”, ha commentato amareggiato Giuseppe Sola, presidente dell’Ipab La Casa, che da quando ha saputo del nuovo bando ha fatto di tutto per aggiudicarselo, non solo per dare continuità nel rapporto con pazienti che vivono in una condizione delicatissima, ma anche per garantire il posto di lavoro, a pari condizioni, a quegli ottanta operatori dei quali, ad oggi, non si conoscere ancora con certezza il futuro.

La ‘clausola sociale’ che avrebbe previsto il passaggio da La Casa ad un nuovo gestore a parità di condizioni non vale più e, come c’era da aspettarselo, quasi tutti gli operatori hanno fatto capire che non sono disposti a trasferire la loro pressione da un contratto pubblico ad uno privato, “dove tra l’altro guadagnerebbero 300 euro in meno al mese con più ore settimanali”.

Per Sola è una sconfitta amara. “Ero convinto che avremmo vinto almeno il lotto 1, che la Ulss tenesse in considerazione l’esperienza – ha sottolineato Sola – Quello che mi dispiace è che ci sono anche genitori di ospiti che sono molto preoccupati per il cambio”.

Il passaggio di consegne avverrà il 1 luglio 2021 e fino ad allora La Casa potrà cercare di ‘piazzare’ i suoi dipendenti in esubero, cercando di trovare loro collocazione adeguata e di integrare tutti coloro che possono essere integrati.

La gestione dell’intero servizio ad oggi in essere a Montecchio Precalcino da 24 anni era gestito da La Casa grazie ad una convenzione a suo tempo stipulata con l’Ulss4.

“Pur coscienti che la nostra partecipazione alla gara non sarebbe stata semplice, soprattutto sul fronte ‘punteggio economico’ legato al contratto di lavoro delle cooperative su cui è stata impostata la gara, ci siamo mossi in raggruppamento temporaneo d’impresa con una cooperativa locale per essere in grado di competere con altri concorrenti – ha spiegato Giuseppe Sole – Questo, forti della nostra esperienza ventennale e di una gestione da tutti riconosci euro uta “positiva” dal punto di vista della qualità. Non è andata come speravamo. Il problema che La Casa si trova oggi ad affrontare riguarda il personale distaccato presso la struttura di Montecchio, circa un’ottantina di figure, dove, venuta meno la clausola sociale a suo tempo inserita nel testo della convenzione, sembra non abbiano nessuna intenzione di passare da un contratto di lavoro pubblico a uno privato o di cooperativa. Da subito, sapendo i rischi di una gara dove noi come Ipab eravamo una mosca bianca, ci siamo mossi di concerto con le organizzazioni sindacali per prospettare una soluzione, sempre nell’ambito pubblico, a queste figure, cercando possibili collocazioni in altre strutture del territorio o nell’Ulss. Questo comportando senz’altro un gravoso impegno per la struttura de La Casa sia sotto l’aspetto organizzativo che economico. Da ultimo – ha concluso Sola – ritenendo di avere tutte le caratteristiche e l’esperienza per gestire al meglio una simile struttura, riteniamo doveroso un accesso agli atti per visionare il progetto tecnico del vincitore, magari per far tesoro di aspetti che andranno ad arricchire il nostro bagaglio di conoscenze nell’ottica di progetti futuri che metteremo in campo in favore degli anziani e delle persone fragili del territorio”.

Molto amareggiato anche il sindaco Valter Orsi, che pur non essendo stupito sottolinea di vedere un chiaro disegno da parte della Regione di ‘estromettere’ le strutture pubbliche dalla gestione dei servizi sanitari.

“Sono stupito ma non troppo di questo esito considerato il tenore del bando emesso dall’Ulss, il quale, nonostante le rassicurazioni che ricevemmo a Venezia, è stato impostato in modo chiuso e indirizzato esclusivamente alle cooperative, riducendo quindi il budget per il costo del personale che in queste realtà risulta essere più basso rispetto al costo del dipendente pubblico come quello di una Ipab. Sono preoccupato di questa evoluzione nella gestione di servizi mirati a persone fragili e ritengo che la volontà regionale e dell’Ulss di ridurre i costi di gestione non vada nella direzione idonea per un miglioramento del servizio stesso. Ritengo infatti che riducendo il costo del personale, di certo non si arriverà a un miglioramento. Spero solo a questo punto che i vincitori possano garantire gli standard qualitativi che il personale de La Casa aveva raggiunto e offerto a questi utenti. Ringrazio la struttura dell’Ipab per tutto il lavoro svolto sino ad ora – ha concluso Orsi – e colgo l’occasione per manifestare la mia vicinanza e massima collaborazione per affrontare questo periodo che ci aspetta”.

“Agli operatori solo 870 euro di stipendio”

Preoccupati e scontenti anche i consiglieri scledensi di Coalizione Civica Carlo Cunegato e Giorgio De Zen, che da tempo invocano “basta esternalizzazioni e privatizzazioni nella Sanità”.

“Eravamo scesi in piazza lo scorso anno per denunciare la decisione dela ’Ulss di non rinnovare la convenzione con La Casa, mettendo a bando la gestione delle due RSA di Montecchio Precalcino che ospitano 140 persone con problematiche psichiatriche e grave disabilità. Gli 88 operatori attualmente in carico a La Casa perderanno il loro posto di lavoro dal 30 Giugno. Probabilmente non accetteranno di lavorare per la cooperativa, visto che ora guadagnano 1200 euro contro gli 870 previsti dal nuovo contratto: una vergogna. Come si fa nel 2021 a vivere con uno stipendio così? Una Paese dove non si tutela a dovere chi lavora, ha una società incivile. Se non verranno assunti da altre case di riposo del territorio, magari in comando, finiranno in mobilità. La mobilità dovrà essere pagata da La Casa e questo potrebbe aprirebbe un grosso problema nel bilancio. La privatizzazione rischia sempre di creare un abbassamento del servizio. Chi lavora con paghe da fame e, magari, con contratti molto precari, può affrontare nel migliore dei modi un lavoro di cura così delicato? Spesso, appena possono, gli operatori se ne vanno verso posti di lavoro più remunerativi. Così viene minato il principio della continuità della cura, che è la precondizione della qualità del servizio. Stiamo parlando di persone, non di pezzi di legno. La privatizzazione della sanità veneta e dei servizi alla persona è inaccettabile”.

A.B.

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