La crisi della Sanità pubblica in Alto Vicentino sta raggiungendo livelli preoccupanti e se da un lato molti utenti ci tengono a sottolineare che quel poco che funziona, funziona grazie all’impegno del personale, tra gli addetti ai lavori salgono le preoccupazioni. Perché non si capisce come mai il governatore Zaia e l’assessore Lanzarin sostengano di non avere problemi di soldi, ma la tempo stesso i tagli e la rincorsa ad una sanità più economica siano sempre più evidenti.

Il medico Giorgio Dalle Molle, che alle scorse amministrative di Schio era sceso in campo con Coalizione Civica in appoggio del candidato del Pd Leonardo Dalla Vecchia, ha preso carta e penna e indirizzato una lettera a Zaia, allegandola alle oltre 4mila firme raccolte dal Partito Democratico per spingere all’unione della Ulss 7 Pedemontana con la 8 Berica.

“Il degrado della sanità pubblica con grave pericolo per la salute dei cittadini sta raggiungendo livelli drammatici – scrive Dalle Molle a Zaia – La crisi sembra quasi pilotata da una formula ben architettata e geniale:, sottrarre risorse, impoverire il sistema dal punto di vista umano e materiale indurre così interminabili tempi di attesa, comprimere il tempo da dedicare ad ogni singola prestazione a livelli intollerabili sia essa visita o esame, per aumentarne il numero, nel vano tentativo di abbattere i tempi di attesa ma con l’unica certezza di offrire prestazioni di qualità scadente che indurranno la richiesta di ulteriori prestazioni con ticket che talvolta sono più costosi delle prestazioni private.
Il risultato finale è la migrazione di utenti dal servizio pubblico al privato con grande gioia di chi sta investendo nei centri privati ma con l’effetto collaterale di costringere le fasce più deboli a rinunciare alle prestazioni o ad indebitarsi. ll presupposto su cui si basa è svilire il SSN ad un mero erogatore di prestazioni di scarsa qualità con tempi incerti e molto lunghi in modo di consegnare sempre più fette di clienti al mercato. L’Alto Vicentino, un tempo Ulss 4, era un’ eccellenza con scelte innovative e lungimiranti, presa a modello da altre Ulss e altre regioni, ora l’Alto Vicentino, distretto 2 dell’Ulss 7 Pedemontana, sta diventando un’eccellenza nella progressiva e rapida dismissione della sanità pubblica, sta pagando piu’ di altri territori scelte a dir poco stravaganti per non dire scellerate che hanno portato l’appalto a privati di interi servizi non solo amministrativi e logistici ma anche clinici, perfino nel delicato settore dell’urgenza ed emergenza dove improvvisazione, impreparazione e inadeguatezza possono sfociare in drammi per il cittadino-cliente, costretto, volente o nolente, a riappropriarsi dell’esercizio di quella virtu’ desueta chiamata pazienza e ritornare ad essere paziente pagando di persona errori ed orrori perpetrati. Il discredito – continua il medico – raggiunge la massima espressione quando assume i contorni della beffa quando la colpa di tutto viene abilmente scaricata sugli operatori in prima linea che ci mettono la faccia, le competenze, le mani e il cuore nel prendersi cura delle persone a loro affidate. La presa in carico del malato, punto di forza dell’organizzazione dell’ospedale per intensità di cura con una visione olistica e non più incentrata sulla malattia ma sul paziente, viene costantemente e ampiamente disattesa, anzi si assiste ad una gestione ancora più frammentata e zoppicante, aggravata dall’impoverimento di un territorio che si sta sempre più indebolendo e non riesce a supportare un ospedale con un numero molto ridotto di posti letto. Il disagio nella popolazione è evidente e palpabile con una perdita di fiducia nelle strutture sanitarie che sfociano sempre di più in situazioni conflittuali tra operatori ed utenti aprendo ferite difficilmente sanabili. A tutto questo si aggiunge l’ostinata negazione che un grave problema esista, che tutto il sistema ospedaliero e territoriale è molto malato, non riconoscere la malattia porta ovviamente a tentativi goffi e inadeguati di cura, la carenza di personale è un problema comune a tutto il territorio nazionale ma alla periferia della periferia quale è diventato il distretto 2 dell’Ulss 7 con un ospedale sempre più in affanno il problema si fa ancora più sentire. Perché – conclude Dalle Molle – non tentare di valorizzare le poche risorse umane rimaste invece di mortificarle sistematicamente in un contesto lavorativo che diventa ogni giorno più penalizzante per la crescita professionale, stressante per carichi di lavoro e contenziosi medico-legali invece di richiamare medici in pensione stanchi e demotivati, perché non tentare di realizzare un contesto lavorativo attrattivo e gratificante anche per neolaureati e neospecializzati? E’ veramente impossibile pensare a scelte alternative o manca la volontà?”

A.B.

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