Nel silenzio totale della conferenza dei sindaci della Ulss 7 Pedemontana, è Carlo Cunegato, consigliere comunale di Schio e candidato alle elezioni regionali a fianco di Arturo Lorenzoni con ‘Il Veneto che vogliamo’, a tornare sul tema Sanità e ospedale Alto Vicentino. Lo fa con la consapevolezza e la preparazione che anni di opposizione e duro lavoro gli hanno permesso di costruire e consapevole di essere uno dei pochi di avere davvero ‘mosso le acque’ nell’Alto Vicentino, per portare agli occhi di tutti alcuni problemi che piano piano, con la riforma sanitaria, sono venuti a crearsi nel territorio. E ancora una volta denuncia tagli, chiusure, problemi veri, di quelli che dovrebbero provocare una levata di scudi.
“C’è una storia dietro a questa situazione – ha spiegato Cunegato, citando in primis le lunghe liste d’attesa nel reparto di Ortopedia e la ‘sparizione’ improvvisa di in intero reparto nel 2018 – Un lungo percorso, voluto e intrapreso ad arte da chi governa. Ho iniziato nel gennaio del 2016 ad occuparmi della sanità e lo dimostra il fatto che avevo denunciato subito il fatto che il primario Balsano se ne andasse e la ‘sparizione’ di tutto il reparto. Le risposte erano che strumentalizzavo sempre, invece i fatti mi hanno dato ragione. Liste di attesa di un anno e mezzo dicono che il servizio pubblico di fatto non c’è più. La Giunta regionale avrebbe dovuto reagire alla denuncia e invece c’è stato un silenzio tombale. Mi sembra ci sia un atteggiamento quasi provvidenziale, come se le cose non si possano cambiare, se fosse il destino e non la volontà umana a procurare i cambiamenti. Poi ho denunciato la crisi della Neurologia ed il rischio della chiusura di una stroke unit. Ancora silenzio, nessun intervento”.
La crisi della Neurologia e la denuncia di Cunegato
“La storia del declino della sanità nell’Alto Vicentino sembra non finire mai. Ora è il reparto di Neurologia a vivere una crisi devastante. Già prima del Covid a Santorso c’erano solo 4 specialisti neurologi sugli 8 previsti. Adesso 2 medici stanno andando via, di conseguenza ci troveremo con un quarto dei necessari. Poiché anche Bassano è in difficoltà, dal 1 Luglio spesso c’è, dalle 16 alle 20, un solo neurologo in servizio per un territorio di 370mila abitanti. Mentre di notte i pazienti con problemi neurologici vanno a Vicenza, perché non c’è un neurologo né reperibile né di guardia né a Santorso, né a Bassano. E’ inaccettabile. Siamo fortemente preoccupati, poichè temiamo che la crisi del personale possa determinare la chiusura della Stroke Unit di Santorso. Questa preoccupazione ci impone di intervenire prima che sia troppo tardi. Si tratta di un servizio che effettua interventi di urgenza per l’ictus. Così come l’emodinamica è essenziale per l’infarto cardiaco, così la Stroke Unit è indispensabile per questa patologia. Insieme, queste due tipologie di malattie, dette del sistema cardiocircolatorio, rappresentano la più diffusa causa di morte nella popolazione. L’ictus è la maggiore causa di disabilità permanente, anche grave, nella popolazione adulta. Quando si verifica un ictus, quel che conta è la rapidità di intervento. “Time is life”, si dice, ed è proprio così. Si deve intervenire entro pochissime ore con interventi specifici farmacologici e di chirurgia endovascolare, da effettuarsi in centri specializzati, con personale adeguatamente formato. La conseguenza diretta della possibile mancanza di una Stroke Unit in un territorio come l’Alto Vicentino, molto ampio geograficamente e con 180mila abitanti, sarà che chi subirà un ictus dovrà essere portato in altri ospedali più lontani. Questo allungamento dei tempi di trasporto per qualcuno si tramuterà in perdita di funzioni cerebrali e motorie fondamentali, per qualcuno significherà la privazione della stessa vita. Non si può rimanere indifferenti di fronte a rischi così gravi per una intera Comunità. L’Alto Vicentino vuole dalla Regione risposte chiare ed immediate, pretende interventi celeri perché la neurologia sia rafforzata e la Stroke Unit non venga chiusa”.
In Veneto avremo una Sanità di ‘classe’
“Il mantra degli ultimi 30 anni è noto: meno Stato e più mercato. Questo significa che i diritti universali naufragano. Negli Usa l’università privata costa mediamente 42mila dollari l’anno. Se sei povero sono dolori. Anche da noi il diritto alla cura non è più scontato. La Lega liberista e dorotea sta realizzando, imitando gli amici Lombardi, un processo di privatizzazione della sanità. Come si fa? Nessuno vi verrà a dire “io sono per la privatizzazione della sanità”, ma le strategie sono note. Lo ha spiegato l’intellettuale americano Naom Chomsky: “questa è la tecnica standard per le privatizzazioni: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente e lo consegnerai al capitale privato”. La settimana scorsa abbiamo raccontato che, per alcune operazioni ortopediche, a Santorso si aspetta un anno e mezzo. Poi sul Mattino di Padova abbiamo letto di una attesa di 20 mesi per una visita oculistica. Se hai i soldi vai nel privato, altrimenti non ti curi. Per questo motivo, drammaticamente, il Censis ci ha raccontato che 800mila veneti hanno rinunciato alla cura. Altro che eccellenza. Una volta si chiamava sanità di classe. Il tradimento dell’art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. E’ stata una politica veneta, Tina Anselmi, ad istituire nel 1978 il Servizio sanitario nazionale, la sanità pubblica. Di fronte a questi polituncoli, di fronte a Zaia and friends, che stanno demolendo ciò che lei è riuscita a costruire, si starà sicuramente rivoltando nella tomba”.
Anna Bianchini