I poveri che vanno a curarsi dal pastore della chiesa evangelica, l’azzurro mare carioca diventato inavvicinabile per le restrizioni imposte dal coronavirus, la precarietà della struttura sociale.
Non è facile il racconto di Evaristo Finozzi, thienese che risiede in Brasile dal 2006. Vive in una bella casa di riposo immersa nel verde nello stato di São Paulo, un’oasi felice in un contesto instabile. Finozzi non vede l’ora di tornare nella sua Thiene e descrive con obiettività quello che si vive in Brasile ai tempi del covid-19.
Evaristo, ci può raccontare com’è la situazione in Brasile?
Qui i problemi sono di vario tipo, istintivamente inizierei dalle responsabilità politiche, cominciando da un Presidente della Repubblica (federale) totalmente incapace e irresponsabile, che al momento non ha preso alcuna iniziativa per impedire il diffondersi del virus. Meno male che i Governatori di alcuni stati (unità federali) hanno preso iniziative autonome, fra cui lo stato di São Paulo dove vivo io.
Siete in quarantena anche voi?
Da circa un mese la capitale São Paulo è in quarantena ma, penso che su una popolazione urbana di 22 milioni di abitanti qualche decina di migliaia di infetti, anche asintomatici, possano circolare normalmente. Solo la metropolitana trasporta ogni giorno 5 milioni di persone, che nelle ore di sono stipate come sardine.
Come sta reagendo la popolazione?
Le maggiori preoccupazioni sono da individuare nelle sacche di povertà, sia economica che culturale, costituite dalle favelas, dove attuare politiche di contenimento è impossibile. In certe aree manca l’acqua e molte persone con problemi di salute non si rivolgono ad un presidio medico ma al pastore della comunità evangelica. Consideri, che nella sola San Paolo ci sono una cinquantina di favelas, 2 delle quali superano i 100mila abitanti.
La situazione che descrive è veramente preoccupante. A quali conseguenze potrebbe portare?
Quello che temo di più non è la pandemia, ma lo scenario che potrebbe prospettarsi se collassa la struttura sociale. Non oso pensare a cosa potrebbe succedere quando una popolazione disperata rimane senza reddito, senza lavoro e senza ammortizzatori. A differenza degli U.S.A., qui non c’è bisogno di fare la fila davanti i negozi di armi, la maggior parte delle persone già possiede un’arma e gli altri la possono facilmente trovare nel mercato clandestino per poco denaro.
Lei, Evaristo, come sta?
Io sono un soggetto ad alto rischio di contagio per l’età e per le patologie di cui soffro, ma nonostante questo mi sento un privilegiato perché vivo in una casa di riposo, un’oasi di verde in mezzo ad un grande parco che mi permette un discreto isolamento senza sentirmi in gabbia.
Pensa di restare ancora in Brasile?
No. Spero alla fine di questa pandemia di tornare definitivamente in Italia, nella mia Thiene se sarà possibile. Non vedo l’ora di trovarmi in piazza per un aperitivo, con gli amici che mi sono stati vicini nonostante le migliaia di chilometri che ci separano.
M.D.S.