Spazio alla voce dei giovani, investimenti sulle energie rinnovabili, un’Europa clima-neutrale e federale e un Veneto autonomo su sette materie. È il quadro tracciato da Rachele Scarpa, che con i suoi 25 anni è la più giovane candidata capolista del Partito democratico, che corre nel collegio Veneto 1 (Venezia, Treviso, Belluno), in un’intervista alla ‘Dire’.

In quanto candidata più giovane del Partito democratico rappresenta il futuro dei progressisti in Italia, qual è la sua idea di Italia del futuro?

“Penso che l’Italia sia ad un bivio: da una parte ci siamo noi democratici e progressisti che vogliamo costruire un futuro che metta al centro la giustizia sociale, la lotta ai cambiamenti climatici, l’unità tra diritti sociali e diritti civili, e dall’altra c’è una destra che alimenta paura e chiusure, facendo gli interessi di pochi. In questo periodo di crisi complesse non è un caso che siano i giovani ad avere le idee più avanzate e a chiedere risposte sistemiche: la loro voce non può restare inascoltata”.

Chi vincerà le elezioni si troverà ad affrontare immediatamente diverse gravi problematiche, su tutte quella del costo dell’energia. Qual è la vostra proposta per risolvere il problema nell’immediato e nel lungo periodo?

“Proprio perché la situazione è grave sarebbe servita l’autorevolezza del premier Draghi per raggiungere l’obiettivo di un tetto europeo al prezzo del gas, mentre adesso Meloni e Salvini chiedono con ipocrisia soluzioni al Governo in carica. Bisogna innanzitutto bloccare la speculazione a cui stiamo assistendo e sostenere le imprese che stanno affrontando spese energetiche eccessive tramite il raddoppio del credito di imposta, da finanziare con il contributo straordinario dagli extra profitti delle aziende energetiche. Nel programma del Pd ci sono anche la proposta di un ‘contratto luce sociale’ a prezzi molto bassi e fissi per 10 anni, destinato a chi è più in difficoltà, e quella di un tetto nazionale al costo dell’elettricità. Nel lungo periodo restano cruciali gli investimenti sulle fonti rinnovabili, che rappresentano la strada maestra per una completa conversione ecologica”.

I cambiamenti climatici sono una enorme sfida per tutto il mondo, quali passi ritiene l’Italia dovrebbe affrontare prioritariamente? Quali nel lungo periodo? L’Europa sta facendo abbastanza? Le posizioni dei vostri avversari sul tema sono molto distanti dalle vostre. Ritiene che un eventuale vittoria del centrodestra potrebbe rallentare la lotta ai cambiamenti climatici?

“In tutto il mondo le destre negano ancora che il cambiamento climatico sia reale: già questo rallenta e compromette drammaticamente la lotta ai cambiamenti climatici. Il primo passo è riconoscere l’emergenza, invertire le politiche incoerenti con l’obiettivo e lavorare al fianco dei media per creare una coscienza collettiva sul tema. Sarebbe drammatico se il risultato delle elezioni del 25 settembre rappresentasse una battuta di arresto per questo percorso in Italia. L’Europa sta infatti prendendo decisioni importanti anche grazie al lavoro dei Socialisti e Democratici, di cui il Pd fa parte, come la stesura della Legge europea sul clima per fare dell’Europa il primo continente clima-neutrale, ma è evidente che si devono favorire maggiori sforzi per una risposta globale”.

Questa campagna elettorale ha visto un ritorno della proposta di istituire una patrimoniale, avanzata proprio dal suo partito. Al netto di questa possibilità, quali cambiamenti ritiene indispensabili in una riforma del fisco?

“Progressività, progressività, progressività. Sta scritto nella nostra Costituzione che chi ha di più deve dare di più e il Pd vuole far pagare meno tasse a chi ha di meno. Negli ultimi decenni le diseguaglianze sono esplose in tutto il mondo occidentale e la destra italiana propone una misura come la flat tax che le aumenterebbe ancora di più! Serve invece una politica fiscale che ponga al centro una forte redistribuzione della ricchezza, alleggerendo ad esempio la pressione fiscale sul costo del lavoro, ma anche tassando chi si è arricchito enormemente con speculazioni immorali”.

Ritiene che l’Europa abbia individuato una formula adatta a gestire il fenomeno migratorio o è necessario un nuovo impegno? Cosa si dovrebbe fare a livello europeo? E a livello nazionale?

“È da quando sono bambina che sento parlare di emergenza sui flussi migratori: evidentemente non è un’emergenza, ma un processo umano che va gestito. Io credo che dovremmo puntare su forme di microaccoglienza diffusa a livello europeo: non più grandi centri, ma piccoli nuclei di persone, proporzionati al numero di abitanti della comunità accogliente, da integrare a pieno sin da subito nel tessuto sociale. Serve in questo un processo di accompagnamento della persona in tutte le fasi: dall’alloggio, alla conoscenza della comunità, dall’inserimento professionale, all’istruzione, al supporto psicologico. Investire in questo può creare grande beneficio alle nostre comunità e anche interessanti percorsi lavorativi in cui sono sicura che moltissimi giovani vorrebbero spendersi. Esistono già molti progetti europei che vanno in questa direzione, ma vanno messi a sistema. Urge poi rivedere gli accordi di Dublino e avere una politica comune europea sulla gestione dei flussi: ad un fenomeno di queste dimensioni e complessità la risposta non può che essere europea e solidale”.

Il numero di nuovi nati in Italia è in continuo calo, come si dovrebbe intervenire per rendere fare un figlio una scelta sostenibile per le giovani coppie?

“Il problema è la stabilità, che è una condizione senza la quale non si può costruire serenamente una famiglia. Dobbiamo creare stabilità partendo dalla casa, dal lavoro sicuro, da pari diritti e doveri. Il Pd propone ad esempio un contributo di 2000 euro annui per gli affitti dei giovani under 35 e 500.000 nuovi alloggi a canone concordato in 10 anni. È innegabile che anche sulle condizioni della genitorialità siamo indietro: noi proponiamo di rendere obbligatorio e gratuito l’accesso alla scuola dell’infanzia e approvare una legge sulla co-genitorialità, per la parità nei congedi di maternità e paternità”.

Venendo al Veneto, questo è un territorio dove storicamente prevale la destra e alle ultime regionali la Lega di Zaia ha fatto segnare un record di consenso. Quali aspetti della vostra proposta pensa possano convincere gli elettori veneti a votarvi?

“Il Veneto è stato per troppo tempo considerato ‘il confine dell’impero’ per i progressisti, un territorio perso in partenza. Zaia ha costruito negli anni un grande consenso personale, ma la straordinaria vittoria a Verona e la netta riconferma a Padova ci dicono un’altra cosa: con le proposte e le persone giuste anche qui il centrosinistra può vincere. Tutela dell’ambiente, qualità, accessibilità e prossimità della sanità pubblica, sostegno alle imprese nella riconversione ecologica, dignità nel lavoro. I Veneti sono persone concrete, e queste cose le hanno a cuore”.

Autonomia, deve essere una priorità del nuovo Governo? Pensa che le 23 materie chieste da Zaia siano un obiettivo realistico?

“Prima di tutto penso che l’autonomia sia una cosa seria, non un’arma ideologica da usare per alimentare vecchi pregiudizi. L’atteggiamento oltranzista di Zaia non ha però portato a grandi risultati e anzi è lecito credere che per lui sia più un feticcio da agitare per mantenere viva l’anima nordista della Lega. Il Pd ha proposto un percorso chiaro ed equilibrato, che prevede una legge quadro nazionale sull’autonomia con sette materie funzionali alle esigenze dei Veneti”.

Il futuro dell’Italia è federale?

“Il futuro federale di cui abbiamo più bisogno è quello dell’Europa”.

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