L’ultimo spot pubblicitario di Amica Chips ha scatenato un’ondata di polemiche tra i telespettatori cattolici. L’associazione Aiart, che rappresenta questa comunità, ha richiesto la sospensione immediata della trasmissione dello spot, accusando la campagna di offendere la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti. La controversia ruota attorno a una pubblicità, creata dall’agenzia Lorenzo Marini Group, che mette in scena alcune suore e un sacerdote in una chiesa, dove le ostie vengono sostituite da patatine in un contesto che simula la sacra comunione.

Giovanni Baggio, presidente dell’Aiart, ha descritto lo spot come “oltraggioso” per il suo tentativo di paragonare le patatine alla particola consacrata, sminuendo un sacramento fondamentale per la fede cattolica. L’accusa mossa contro l’azienda di patatine è quella di aver tentato di guadagnare attenzione attraverso la blasfemia, un approccio considerato da Baggio privo di rispetto e creatività.La reazione dell’Aiart non si è limitata alla sola denuncia pubblica; l’associazione ha segnalato lo spot all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, invocando il rispetto del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, che promuove la lealtà comunicativa e la protezione delle convinzioni morali, civili, religiose, nonché della dignità della persona.La critica mossa da Baggio va oltre il singolo episodio pubblicitario, sollevando questioni più ampie riguardanti la sensibilità sociale e l’etica nella pubblicità. L’uso di simboli religiosi in contesti non appropriati è visto come un segnale di mancanza di rispetto non solo verso gli utenti e la loro identità culturale e morale, ma anche come un’indicazione di una più generale indifferenza etica nell’industria pubblicitaria.

In un’epoca in cui si fa largo uso del politically correct e della cancel culture, l’azione di Aiart evidenzia un’apparente doppia misura nel trattamento delle tematiche religiose, in particolare quelle cristiane, spesso soggette a rappresentazioni che possono essere percepite come offensivo.Con queste azioni, Aiart non soltanto contesta una specifica campagna pubblicitaria ma invita a una riflessione più ampia sul ruolo della pubblicità nella società e sulla responsabilità degli inserzionisti nel trattare con rispetto le credenze e i valori degli individui. La controversia attorno allo spot di Amica Chips diventa così un caso studio sul confine tra creatività pubblicitaria e rispetto dei valori e delle convinzioni altrui, sollecitando un dibattito che va ben oltre il settore della pubblicità.

V.R.

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