Viviamo “un momento nel quale c’è l’ossessione sociale per cui si deve per forza essere di successo per potere esistere. Questa storia tra le varie vene ha anche quella di mostrare che si può stare al mondo anche se non vinci, se non sei per forza il numero uno”. Lo dice Pierfrancesco Favino parlando de Il maestro, dramedy fra sport, spunti autobiografici e vita, di Andrea Di Stefano con Tiziano Menichelli, Giovanni Ludeno, Dora Romano e Valentina Bellè, e Edwige Fenech, presentata fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e in sala dal 13 novembre con Vision Distribution.

Il film (prodotto da Indiana Production, Indigo Film e Vision Distribution, in collaborazione con Memo Films, Sky e Playtime) è ambientato alla fine degli anni ’80: Favino è Raul Gatti, ex tennista di qualche successo (con tanto di ottavi agli Internazionali di Roma), che non ha retto alla pressione. Dopo una profonda crisi, si ricicla come maestro di tennis e si trova ad allenare una promessa della racchetta, il tredicenne Felice (Menichelli), fino ad allora guidato con regole ferree dal padre ingegnere alla Sip (Ludeno), pronto a sacrificare tutto per lui. Tra Raul, fragile (anche mentalmente) e stropicciato dalla vita, ma pronto a godersene i piaceri, e Felice, fin troppo rigido per la sua età, l’incontro non è facile, ma attraverso le crisi reciproche creano un legame sempre più profondo.

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