Gli occhi del mondo interno sono puntati a Vicenza. Al Tribunale. Dove giovedì 26 giugno verrà pronunciata la sentenza che sancirà il destino di uno dei processi più importanti in fatto di inquinamento ambientale. Ma prima, venerdì 20 giugno alle 21, una fiaccolata illuminerà il palazzo di giustizia vicentino. Organizzata da ‘Mamme No Pfas – genitori attivi – area contaminata’,“per chiedere giustizia”, vuole essere un segno di speranza e di battaglia di molte famiglie e cittadini, alla ricerca di un passo avanti concreto verso la responsabilità e il risarcimento dei danni subiti.
Il ‘processo Miteni-Pfas’ è un caso che ha fatto molto parlare, che porta con sé un grave carico di accuse e responsabilità, scoppiato nella sua complessità 12 anni fa. Ma le problematiche c’erano da prima, ancora nel 1997 quando dai rubinetti di casa, nella zona di Trissino, sgorgava acqua sporca. Gialla. Sono le prime avvisaglie di quello che sarebbe stato il più importante caso di inquinamento ambientale. Una vicenda che quattro anni fa sfociò in un’aula di tribunale ma che ancora prima determinò un scontro politico. I Pfas prodotti da Miteni erano presenti nella falda acquifera che veniva usata per attingere l’acqua da almeno tre gestori che poi la arrivava come potabile nelle case vicentine, veronesi e padovane. La contaminazione da Pfas – sostanze perfluoroalchiliche utilizzate nel settore industriale e che si sono rivelate altamente dannose – ha coinvolto vaste aree del Veneto e non solo, lasciando dietro di sé un’eredità di danni e dubbi sulla tutela della salute pubblica.
Sul fronte giudiziario sono 15 gli imputati chiamati a rispondere di disastro innominato, inquinamento delle acque, inquinamento ambientale, bancarotta. Per sei di loro i pubblici ministeri hanno chiesto l’assoluzione, per gli altri nove nel complesso 121 anni e 6 mesi di reclusione. Tra di loro, ci sono giapponesi, tedeschi, olandesi: ex vertici delle ultime proprietà di Miteni, Mitsubishi e Icig. Società che – in caso di condanna -dovranno anche risarcire i danni che verranno quantificati.
La sentenza che giovedì 26 giugno la Corte d’Assise di Vicenza pronuncerà viene già vista come un vero e proprio banco di prova per la giustizia italiana. Sara Bogialli, docente di Chimica analitica all’Università di Padova, afferma che “questo maxi processo farà scuola”. Potrà insegnare – dice – come comportarsi di fronte alle sostanze chimiche potenzialmente pericolose e come adottare misure di prevenzione efficaci. Una speranza, questa, che possa tradursi in un esempio concreto di responsabilità e trasparenza. Il conto alla rovescia è iniziato. La storia si sta scrivendo, e il mondo intero osserva.
di Redazione AltovicentinOnline
