di Silvia Mari

“Ha pagato il non allineamento politico, lo scotto della superficialità partitocratica che non riesce ad elevarsi al livello che è necessario. È stato un Edipo re della Repubblica italiana, un intellettuale scomodo e bandito, un capro espiatorio che ha rappresentato la verità e l’ha trovata tragicamente in se stesso. Pasolini ha reinterpretato questo personaggio non solo al cinema, ma in tutta la sua opera ed esistenza. Dal rapporto con la madre Susanna, a quello con il potere eppure questo non gli ha impedito di rappresentare un ‘essere per l’amore’, anche carnale; anche con quel senso di fertilità qual era il suo modo di intendere l’educazione dei giovani”. È il ritratto che Franco Ricordi, saggista di teatro, attore e scrittore ha ripercorso con l’agenzia Dire per il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini che ricorre domani, portando allo scoperto un’interpretazione filosofica dello scrittore oggi meno in ombra che in passato, con il rischio di farne quasi, come ha ammesso, un’icona di consumo tipo “t-shirt alla Che Guevara”. Un tradimento che Pasolini non perdonerebbe mai.

 

‘IL CEDIMENTO DELL’ESSERE E L’APOLOGIA DELL’APPARIRE’

Ricordi ha messo in luce alcuni elementi cruciali della poetica e del teatro pasoliniano riprendendo il suo libro del 2013 ‘Pasolini filosofo della libertà. Il cedimento dell’essere e l’apologia dell’apparire’ (Mimesis) che analizza proprio l’innovazione portata nel panorama culturale italiano dal poeta e scrittore di Casarsa, sia nel solco della grande poesia civile italiana sia al cospetto di filosofi come Heidegger o Anders che forse Pasolini nemmeno conosceva bene, ma che ha di fatto ‘cantato’ in versi facendo sua la denuncia e il dolore per ‘l’oblio dell’essere’ della società del suo tempo che per il poeta e scrittore voleva dire aver dimenticato e tradito i valori della terra, la comunità, il senso del sacro, la vita stessa, la difesa degli oppressi, la bellezza ricercata in tutte le forme, dalla natura all’architettura. Fino al proprio corpo, armonioso, sportivo, atletico esposto con orgoglio in nudità estreme e malinconiche, come quelle immortalate dal fotografo Dino Pedriali alla vigilia della tragica morte ed esposte di recente alla Torre di Chia, dimora amata dallo scrittore ed oggi venduta a privati.

 

PASOLINI INTELLETTUALE BANDITO DALL’ITALIA

Pasolini fa parte di quegli intellettuali che l’Italia ha bandito. Non ha dubbi Ricordi: “Come Dante, Foscolo, Leopardi che in un modo o in un altro erano portatori di una verità problematica. Un fatto inquietante per il nostro Paese- ha ammesso Ricordi- che ritorna sul senso della verità implicito alla grande poesia che è in antitesi al potere. Questo ci ribadisce che c’è un’onda più lunga che sta al di sopra dei partiti e forse bisognerebbe cercarla”. Gli intellettuali troppo silenziosi? “Anche rispetto alla pandemia- ha risposto Ricordi- non mi pare che alcuno abbia parlato molto delle problematiche che si sono esasperate in questi due anni legate alla ‘virtualità’, anche se nei social era tutto pronto da decenni. Nella videocrazia, e oggi nel mondo socialvirtuale, se ne va la democrazia, il totalitarismo spettacolare è stato accentuato”. Oggi Pasolini lo denuncerebbe?   Ma lo farebbe a modo suo, senza farsi strumentalizzare da correnti e leader, come al tempo quando pur comunista era indigesto al partito e si espresse contro il Teatro politico di Brecht. O come quando su Valle Giulia disse che i figli dei poveri erano i poliziotti.

“Non so- ha detto Ricordi- quanto gli abbia giovato avere queste posizioni. Era portatore di un nuovo senso greco della democrazia che si contrapponeva al teatro politico della sinistra: “Ogni leadership è fascista. Anche Gandhi, quando fu presidente dell’India, fu fascista” (Calderon in Teatro) riporta nel suo testo Ricordi a proposito di Pasolini.

“Non era individualista, non aveva ambizioni da superuomo- ha sottolineato lo studioso- ma certamente l’ambizione di andare oltre gli allineamenti”. Come Dante aveva intravisto limiti e corruzione della partitocrazia e come lui, se pur in altre forma, ha lasciato un’ontologia dell’amore, ma carnale, terrena, classica. 

 

LA VERITÀ

Sarà proprio in questa cornice di continuità che quest’estate Franco Ricordi proporrà delle letture di Pasolini “ultimo erede di Dante”. Ma non mancheranno i versi più intimi, come “Il Recit, nel Corpus delle Ceneri” in cui viene fuori lui come animale ferito e stanato, la dolcezza e grandezza di questo mondo, quel fiume di terrazze  e il marcio frutteto”.

 

Pasolini, come la cronaca ha mostrato, è stato disposto ad assumere su se stesso il peso delle idee invocate. Un coraggio puro che era tutt’uno con quella libertà, quasi bestiale, spinta fin nelle carni e fatta martirio nell’inferno dell’Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 75, a soli 53 anni. E che finì in tv, come tutto il resto, confezionato in una verità. Non importa quale. Ma profetico aveva scritto in una celebre poesia: “Solo l’amare, solo il conoscere conta”.

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