Non è la prima volta che l’intera famiglia Helt si ritrova al centro di fatti di cronaca, ma stavolta le accuse nei confronti di Lucia, Davide, Fulvio e Paradise Kari sono pesantissime. Omicidio e tentato omicidio nei confronti di Davide Kari, che è deceduto subito dopo essere stato scaraventato davanti al pronto soccorso dell’ospedale di Santorso e del fratello della vittima Vianello di 43 anni, ricoverato in Rianimazione.

Helt1Quello che non convince i carabinieri, che hanno eseguito gli arresti, subito dopo la sparatoria in via Liguria al confine tra Thiene e Zanè, è il movente. Secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma e riferito ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta al Comando Provinciale di Vicenza, ci sarebbe uno ‘sgarro’ alla base del rancore tra le famiglie Helt e Kari. Forse una parola di troppo, che non sarebbe passata sotto il naso degli Helt, che avrebbero deciso di dare una lezione ai Kari, con cui sono mezzi imparentati.

Helt2Ieri, il regolamento di conti con le due famiglie che si affrontano verso le 16,30 in quell’accampamento ora al centro delle polemiche dei thienesi scossi per l’omicidio. Dalle parole si passa ai fatti e gli Helt tirano fuori una pistola calibro 9, finita sotto sequestro e risultata rubata nel 2009. Ad avere la peggio Davide e Vianello Kari, che si accasciano per terra e che poi, vengono trasportati all’ospedale, dove Davide morirà qualche minuto dopo.Inizia la caccia ai killer che vengono intercettati ed arrestati a Sandrigo in serata stessa.

Per gli investigatori dei Carabinieri edella Polizia Locale non ci sarebbero dubbi: sono gli Helt i killer, ma nonostante l’interrogatorio-fiume non confessano. E’ il loro stile.

Le reazioni della Politica

Mauro TessaroA Schio intanto, monta la polemica sulla presenza di quella famiglia di rom che proprio non ne vuole sapere di integrarsi e che addirittura gode di un privilegio che stride con il tenore di vita dei componenti di quel nucleo, che sembra vivere alla luce dell’illegalità. Gente che viaggia su Bmw, Merceds e Suv ma che ha a disposizione un appartamento con tre stanze concesso dall’Ater. Ad insorgere per primo è stato Alex Cioni. Subito dopo, è stato il consigliere del Gruppo Misto Mauro Tessaro a chiedere la revoca di quell’appartamento, che sembra una beffa nei confronti di famiglie italiane senza un tetto.’Appoggio pienamente il sollecito avanzato dal comitato Prima Noi perchè il sindaco interceda con l’Ater per revocare il contratto che fa avere una casa alla famiglia Helt – si legge nel comunicato di Tessaro, che ha seguito attentamente la vicenda da ieri – . Questa famiglia ha tradito abbondantemente la fiducia degli scledensi che li hanno assistiti, che hanno costruito per loro un progetto d’integrazione, che gli hanno dato persino un bene pubblico, che sarebbe prezioso per qualche famiglia italiana in difficoltà economica’.

Le dichiarazioni del sindaco Valter Orsi

Valter Orsi“Non ho mai condiviso la politica di inserimento di questa famiglia rom nel comune di Schio – ha commentato il sindaco Valter Orsi – Un progetto iniziato dalla precedente amministrazione comunale, che ha destinato una casa Ater agli Helt per inserirli nel contesto sociale cittadino”.

Orsi, che in campagna elettorale aveva promesso di tenere il pugno di ferro contro i rom che non si adattano alle regole civili, è sceso in campo per manifestare il suo disappunto nei confronti di chi sembra voler ‘combattere contro i mulini a vento’ pur di dimostrare che questo tipo di integrazione può funzionare. “Grazie al lavoro della Polizia Locale – ha spiegato – alcuni mesi fa, abbiamo colto in flagranza di reato una di queste persone, che guarda caso è stata inserita in un alloggio di proprietà Ater. Ho chiesto ufficialmente all’Ater di rivedere i criteri di assegnazione e togliere l’affidamento dell’appartamento. Ora confido che le indagini delle forze dell’ordine facciano chiarezza sulle responsabilità di questo atto. I nostri territori – non meritano queste violenze. Il posto giusto per i protagonisti di questa vicenda – ha concluso – è la prigione”.

Natalia Bandiera

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