E’ il momento di sospendere il giudizio e di cedere il posto al pensiero. Dopo gli sceriffi, a prendere la parola sul caso writer e taglia sono due giovani psicologhe thienesi, che in seguito al clamore mediatico sul giovanissimo scrittore dei muri di Thiene e del suo denunciante, che per accaparrarsi la ‘taglia’ di mille euro ha fatto nome e cognome dell’amico che aveva riconosciuto sui fotogrammi diffusi dalla stampa, chiedono che si spengano i riflettori. Soprattutto il giudizio affrettato. “Il comportamento problema è un messaggio – esordisce Marta Rigo, psicologa – Se non impariamo a gestire i problemi controllando gli antecedenti, ed agiamo solo sulle conseguenze rischiamo di aumentarli . Questo vale in educazione dalla disabilitĂ grave ai problemi di comportamento. Collegato a questo diventa fondamentale lavorare per la promozione del senso civico e per la promozione della partecipazione sociale. Chi si sente di appartenere ad un luogo non ha piĂ¹ bisogno di “rovinarlo” . Ecco che lavorando sull’educazione alla bellezza e sulla valorizzazione del senso di appartenenza si possono creare i presupposti per evitare episodi di vandalismo.
Nello specifico – continua Marta Rigo – la questione del writing è comunque una modalitĂ di comunicazione, emerge il bisogno e la voglia di comunicare che parte dal basso e dalla strada . Una amministrazione lungimirante puĂ² leggere questo bisogno e dare spazio all’espressione della creativitĂ fornendo spazi adeguati in un contesto che faccia da guida. Quando si parla di writer non si puĂ² parlare di atti vandalici – puntualizza – si tratta di modalitĂ alternative di comunicazione. Quando lavoro con i ragazzi con un disturbo del comportamento mi rendo conto che sono soggetti che non si sentono compresi, soprattutto ascoltati.
Infine sulla questione della taglia , oltre a definirlo uno strumento sbagliato e diseducativo, bisogna lavorare con ben altri modelli fondano le proprie radici sui valori della legalitĂ , della solidarietĂ del valore della vita umana, e non su quello immediato, superficiale e volatile del denaro e del “tutto ha un prezzo “. Questo commercializzare tutto incanala i giovani su strade sbagliate e in questo senso- conclude Marta Rigo – anche il ragazzo che ha denunciato il compagno dietro ricompensa è una vittima di questa storia, dove gli adulti lo hanno indotto a far prendere il sopravvento ai soldi rispetto al valore dell’amicizia. Soffermiamoci sul pensiero, prendiamoci del tempo per riflettere e sospendiamo il giudizio’.
‘Se mettiamo una taglia per un graffito, cosa faremo per un vero reato?’
Sulla stessa lunghezza d’onda la psicologa Eleonora Frassoni che si dice basita per le reazioni eccessive alla storia della taglia: ‘In questi giorni si è parlato molto di taglie, di lealtĂ e di senso civico, ma a mio parere, dietro a scelte politiche educativamente discutibili e lotte contro l’omertĂ ci si è dimenticati di considerare il soggetto della questione: la persona – sottolinea la Frassoni – E’ necessario innanzitutto chiedersi chi sia questo “writer”, questo ragazzo, e quale sia il significato che lui attribuisce a quei segni in quei particolari muri. E’ è necessario capire chi è quella persona che per denaro denuncia un amico e cosa lo abbia portato ad agire così, e soprattutto è necessario inserire questi ragazzi all’interno di un contesto socio-culturale di appartenenza. Leggendo i commenti sui social network sull’argomento sono rimasta basita dal fatto che moltissime persone abbiano letteralmente sparato a zero su due ragazzi e sui loro genitori, senza chiedersi quale sia il razionale che ha portato questi ragazzi a comportarsi così. Ciascuno di noi vede il mondo e si muove in esso con cognizione di causa, e questa cognizione è presente anche in ragazzi di 15 anni. Non è pensabile un sistema educativo che non considera gli adolescenti come esseri pensanti in grado di fare le proprie scelte – conclude la psicologa – Tutto questo non per giustificare un comportamento a favore di un altro, ma per porre l’attenzione sul modo con il quale guardiamo alle persone che ci stanno accanto e di come ci occupiamo di loro. Combattere l’omertà è una cosa, scegliere delle vittime sacrificali che facciano “da esempio” è un’altra.
A questo punto io mi chiedo: se ad un graffito su un muro diamo il valore di mille euro, che valore diamo ad un illecito mafioso? E ad un omicidio? Non sempre il fine giustifica i mezzi ‘.
N.B.