Il pm chiede 30 anni di galera per  Angelo Lavarra, la guardia giurata che ha confessato di aver ucciso l’ex moglie Anna Filomena Barretta, 42, nascondendo il cadavere sotto il letto di casa a Marano Vicentino, per dare l’allarme solo il giorno seguente. Era  il 20 novembre 2018 e chiamando i carabinieri, raccontò loro che la moglie, da cui si era separato,  impiegata del Carrefour e madre delle sue due bambine si era suicidata: che aveva afferrato la sua pistola e si era sparata .

Lavarra, nell’udienza scorsa, davanti al giudice per le udienze preliminari aveva chiesto scusa a tutti, ma quello che ha fatto ha segnato per sempre la vita di quelle due piccoline rimaste orfane di una madre che le adorava, che le allevava con devozione. Il femminicidio di Anna Filomena Barretta ha segnato profondamente anche l’Alto Vicentino, facendo nascere, grazie alle colleghe della vittima, con cui divideva le sue ore di lavoro al Carrefour un’associazione, che ha venduto magliette il cui ricavato è servito per aiutare le bambine, ora affidate alla zia materna che vive in Emilia Romagna.

‘Le amiche di Anna’ ed il Comune di Marano, che ha dimostrato una sensibilità straordinaria per questo caso, dando vita ad un centro antiviolenze in paese intitolato proprio a lei,  hanno seguito per mesi le sorti di quelle che potevano essere le figlie di ogni donna. Vittime innocenti anche loro, come la madre, che ha pagato con la vita il suo volersi separare da un marito che non amava più. La sentenza è prevista per la settimana prossima quando il gup dovrà sentenziare sulla richiesta del pubblico ministero. I legali delle figlie, dei familiari della donna (mamma e fratelli), ma anche il Comune di Marano Vicentino hanno chiesto di potersi costituire parte civile.

Come si ricorderà, Angelo Lavarra simulò il suicidio con  grossolanità per convincere  i carabinieri, che eseguirono il primo sopralluogo. Ma i militari dell’Arma, direttamente coordinati dal Colonnello Alberto Santini, allora comandante provinciale di Vicenza, decisero di andare in fondo, facendo arrivare a Marano gli scienziati del Ris di Parma.

Fu così che vennero raccolti gli indizi di colpevolezza che portarono all’arresto del metronotte, accusato di aver ucciso Anna Filomena Baretta  con un solo colpo di calibro 9×21. Amici e colleghi del metronotte stentarono a credere che la guardia giurata della Civis,  dietro a quell’aspetto e a quel fare da uomo mite, attentissimo alla moglie che dichiarava di amare, nascondesse  violenza.

Una violenza, che aveva già accennato in due occasioni, durante i dieci anni di matrimonio. Anna era finita al pronto soccorso nel 2009 e tre anni fa. Scavando nella vita della coppia trapiantata nel Nord Est d’Italia per motivi di lavoro, i militari dell’Arma trovarono i certificati  rilasciati dopo le medicazioni al volto di Anna Baretta, l’ultimo al naso per un pugno sferratole dal consorte che diceva di adorarla. In quelle occasioni, lei aveva minimizzato e non aveva denunciato il padre dei suoi figli.

C’è attesa adesso per la sentenza prevista per il mese prossimo.

 

Paola Viero

 

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia