Angelo Lavarra ha chiesto scusa, lo ha fatto nell’aula di tribunale di Vicenza dove è iniziata l’udienza preliminare  nell’ambito del procedimento giudiziario scaturito dal femminicidio di Anna Filomena Barretta. La cassiera 41enne del Carrefour  uccisa nell’abitazione di Marano il 20 novembre scorso e che ha lasciato orfane quelle due bambine che amava .

Angelo Lavarra aveva simulato il suicidio. Aveva raccontato ai carabinieri di aver udito uno sparo e di averla trovata accasciata a terra.

Invece l’aveva ammazzata lui, per poi nasconderla sotto il letto. Dopo mesi dello stesso racconto, nonostante l’arresto e le prove del Ris che sono state schiaccianti e non lasciavano dubbi, lui ha confessato. Ha raccontato di aver ucciso la madre delle sue figlie. La coppia si era da poco separata, ma lui la voleva ancora e non accettava la fine del loro matrimonio. L’ha uccisa al culmine dell’ennesimo litigio, sperava che lei ritornasse a casa. Ieri mattina, davanti al gup ha deposto a lungo Lavarra. Ha chiesto scusa.

Il Comune di Marano Vicentino, così come la famiglia di Filomena Barretta si sono costituiti parte civile. L’udienza è stata aggiornata a gennaio 2020. L’udienza è stata rinviata a gennaio dell’anno prossimo.

di Redazione AltovicentinOnline

I numeri dell’Istat

Sono 43.467 le donne (15,5 ogni 10mila donne) che nel 2017 si sono rivolte ai Centri antiviolenza. Di queste, 29.227(il 67,2%) ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza (10,7 ogni 10mila), il 63,7% ha figli, minorenni nel 72,8% dei casi.
Mediamente sono 172 le donne accolte in ogni Centro (il 25,7% dei Centri ha avuto un’utenza inferiore a 40 donne, il 6,7% superiore a 500), 115 in media quante hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Ma la variabilità territoriale è elevatissima: il tasso di accoglienza è di 22,5 per 10mila le donne accolte dai Centri del Nord-Est e di 18,8 per 10mila nel Centro Italia.

I tassi più elevati si riscontrano in Emilia Romagna, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Bolzano, Abruzzo, Toscana e Umbria. Anche per le donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza, il Nord-est presenta tassi più elevati (16,6 contro 10,7 per 10mila donne della media nazionale). Le donne straniere costituiscono il 27% delle utenti prese in carico dai Centri ma la quota sale nella Provincia autonoma di Bolzano, in Toscana e Liguria. Quelle che hanno figli minori sono mediamente il 46,4% e le percentuali più elevate si registrano nelle Isole (54,8%) e nel Centro (51,3%) e, a livello regionale, in Campania (66%) e Sardegna (60%).

È questa la fotografia scattata dalla prima indagine sui Centri antiviolenza in Italia condotta dall’Istat in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità, il Cnr e le Regioni. Sotto la lente l’attività svolta nel 2017 da 281 Centri antiviolenza (Cav) a sostegno delle donne maltrattate e dei loro figli

Ancora insufficiente l’offerta dei Centri antiviolenza. La legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, la n. 77 del 2013, individua come obiettivo quello di avere un Centro antiviolenza ogni diecimila abitanti. Al 31 dicembre 2017 erano attivi nel nostro Paese 281 Centri antiviolenza, che rispondevano ai requisiti dell’Intesa del 2014, pari a 0,05 centri per 10mila abitanti. Quelli che hanno partecipato alla rilevazione sono 253, i restanti28 non hanno risposto all’indagine. Ci sono inoltre 106 Centri e servizi antiviolenza che non aderiscono all’Intesa Stato-Regioni.

Considerando invece il dato calcolato sulle vittime che hanno subito violenza fisica o sessuale negli ultimi 5 anni, l’indicatore di copertura dei Centri su 10mila vittime è pari a 1,0, con un minimo nel Lazio (0,2) e un massimo in Valle d’Aosta (2,3).

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