RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Sabato 4 novembre, verso mezzanotte, ho assistito a un episodio che mi ha scosso particolarmente. Avevo cenato in centro a Padova con amici, stavo tornando alla mia auto. C’erano due poliziotti nelle vicinanze, chiamati per alcune auto in divieto di sosta.

Passeggiavo su Ponte San Leonardo, una ragazza era appoggiata sul cornicione. Dondolava e diceva “Mi butto, mi butto!”. Non a voce alta, l’abbiamo potuta sentire solo perché eravamo lì a due passi. Il poliziotto più vicino è corso a placarla, ha chiamato anche la collega che è arrivata in soccorso; sono intervenuto anch’io, perché la ragazza si divincolava con forza.

È stata trascinata pochi metri più in là, in un posto più sicuro, sotto a un portico. Non rispondeva alle domande, cercava di liberarsi e ripeteva solo “voglio farla finita”. I due poliziotti (un uomo e una donna, entrambi sui 40-45 anni) hanno dovuto usare tutto il tatto possibile, fino all’arrivo dell’ambulanza della Croce Rossa. È sceso un infermiere, che a quanto pare l’aveva già soccorsa nei giorni precedenti, perché si è presentato a lei dicendole “Sono Francesco, ti ricordi di me?”

Nei minuti più critici – tra il salvataggio e l’arrivo dell’ambulanza – non sapevo cosa dirle, al di là di aiutare gli agenti, che hanno usato tutta la delicatezza possibile: quando la ragazza si lamentava di non volere le mani addosso di un uomo, è intervenuta la collega poliziotta; usavano parole gentili e una professionalità incredibile, ed erano impeccabili nel tenerla ferma, senza farle del male.

Ci tenevo a raccontare questo episodio per diverse ragioni:

  1. Il nostro mondo è pieno di umanità e azioni positive: vorrei tornare indietro e abbracciare i due agenti che l’hanno soccorsa. Vorrei che dessimo sempre il giusto merito alle Forze dell’Ordine e a tutte le persone che fanno il loro dovere in silenzio, senza vantarsene e senza chiedere alcuna ricompensa;

  2. Proprio nella precedente cena con amici, avevamo parlato di malattie mentali. Più di metà di noi era stato dallo psicologo: qualcuno in passato, qualcuno ci va tuttora. È importante ricordarci che curare la mente è importante tanto quanto la cura del corpo;

  3. Alcune persone ancora tendono a commentare i comportamenti ritenuti “strani” delle persone sconosciute. Al tavolo vicino al nostro, c’erano ragazzi vistiti con abiti da ragazza; a un altro tavolo, una persona cenava da sola. Forse, smettendo di commentare e giudicare le esperienze personalissime delle altre persone – ho detto forse, ma direi molto probabilmente – impareremo a accettare noi stessi nei nostri comportamenti, debolezze, volontà: che dopotutto, quando non intaccano gli altri, sono cose umane, legittime e spesso necessarie per sentirci BENE

  4. Ormai l’argomento è sdoganato – per fortuna – dobbiamo continuare e ampliare il dibattito sulle malattie mentali. Perché tante persone non stanno bene, e non si possono più rinviare misure come lo psicologo di base

  5. @Direttore al posto mio, in quel momento, cos’avrebbe fatto oltre alla presenza fisica? Mi dispiace essere rimasto lì solo a “controllare”, finché la ragazza ha avuto il supporto di una decina tra agenti e infermieri.

In quei minuti, ero tentato di dirle che un mio parente stretto si è tolto davvero la vita pochi anni fa; e quando ci penso, ancora vorrei tornare indietro e chiedergli cosa non andava, dirgli che gli voglio un bene dell’anima. Perché non aveva dato alcun segnale premonitore.

Ma forse in quei momenti, con la ragazza, non era bene condividere cose negative. Ho taciuto. Grazie al cielo, questa ragazza si è aperta con qualcuno, e forse ora sta parlando con chi la può aiutare. Perché la vita è stupenda, e purtroppo alcune azioni sono irreversibili. Le vorrei dire che ha avuto la fortuna che qualcuno ha chiamato la Polizia Locale per delle multe, ma poi aiutandola, gli agenti hanno raggiunto un fine molto più alto di dare qualche contravvenzione alle auto.

Enrico Fiorentin

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